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Giro d'Italia 2010: Questo Giro al contrario - Uno sprint coi capoccia

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Evans e Vinokourov sono nel cuore dello sprint - Foto BettiniPotremmo semplificare il tutto descrivendo quel finale che tirava all'insù e che inevitabilmente poteva stuzzicare la fantasia di chi velocista puro non è. Potremmo continuare con la litania di un Giro più internazionale che mai, in cui ogni giorno che passa la raccolta-briciole si fa intravedere come uno spettro. Potremmo continuare con l'"aussie-show" che sta portando alla ribalta quei talenti che non stupiscono l'osservatorio attento. Potremmo tutto questo ma a pensarci sarebbe quasi un banalizzare troppo una tappa che, sulla carta, banale nel suo canovaccio sembrava apparirlo. Neppure l'ombra di un gran premio della montagna, corridori fiaccati da un week end intenso e pieno d'insidie e classica fuga da lontano destinata a vincere la noia. Ma... questo è il Giro d'Italia 2010 e le parole "scontato" e "ovvio" sembrano sparite dal vocabolario.
Prendiamo il tempo ad esempio: soprattutto i novizi stranieri erano probabilmente abituati a veder l'Italia come il Paese del sole (soprattutto quando le tappe volgono decisamente a sud), quello in cui le temperature erano gradevoli e magari potevano scendere decisamente in qualche giornata storta sulle Alpi. E invece dopo acqua e vento in Olanda, acqua a volontà nella nostra Italia, tanto che per alcuni istanti, quando il gruppo si stava lasciando alle spalle Caserta e la sua splendida reggia, si temeva di poter rivivere una giornata da tinte drammaticamente romanzesche come quella di Maddaloni 2000, con quelle enorme pozze d'acqua che ricordano più gli attraversamenti in guado di un Camel Trophy che dei semplici rivoli d'acqua. O come nella frazione di Montevergine 2007, quando bastarono pochi schizzi d'acqua a produrre uno strike generale. E via quindi con ulteriore stress, con quel "stiamo in campana onde evitare brutte sorprese" e pazienza se il vantaggio della fuga odierna (con protagonisti Stamsnijder, Ignatiev,Cheula e Barry) tornerà a crescere.
Ma in questo Giro matto scordiamoci anche di pensare che possano essere esclusivamente le salite a creare scompiglio tra gli uomini di classifica, perchè il correre davanti per scampar pericoli nascondi ad ogni angolo può non essere funzionale a sè stesso ed in giornate come queste può spingere i duri a cominciare a giocare quando meno gli altri se lo aspettano. Sono passate 24 ore dal verdetto di un Terminillo che sostanzialmente non ha smosso un bel nulla nelle alte vette della generale che subito ti trovi a ringraziare di nuovo Alexandre Vinokourov, uno che non ha smesso e non smetterà di far parlare di sè e dividere la gente (tanto più ora che veste le insegne del primato) ma a cui non ha mai fatto difetto la fantasia, l'inventiva. È bastato trovare qualche curva nell'insidioso attraversamento di Sarno, lì dove la pioggia diventò tragicamente assassina oltre due lustri fa, che un piccolo buco creatosi oltre la quindicesima-ventesima posizione ha smosso subito le antenne del kazako. Un attimo e ai Reynes, Albasini, Hansen che già cominciavano a lavorare in prospettiva volata finale si sono sostituiti i Gasparotto, i Grivko, gli Stangelj, gli Iglinsky, l'armata kazaka insomma, col chiaro intento di far danni con menate da fabbri. Qualcuno come Nibali, Cunego o lo stesso Pozzato che a questa tappa ci tiene eccome non si fa sorprendere e tiene duro. Altri come Basso, Garzelli, Scarponi ed Evans si trovano ad inseguire e a sudare le proverbiali sette camicie per evitare di trovarsi a passare qualche altro quarto d'ora memorabile, in senso negativo. Proprio il campione del mondo ha poi fatto quasi tenerezza nel momento in cui ha cercato di colmare il gap da solo ma sulla scarsa consistenza della propria formazione già abbastanza abbiamo detto. Fortuna che con Basso invece c'era un Agnoli (che tra l'altro quest'oggi è partito quasi da casa) che si è messo subito ad inseguire quei forsennati e a riportar sotto la seconda parte del gruppo (si erano da poco superati i -15 all'arrivo) mentre nelle retrovie si consumava l'ennesima giornata di passione per Sastre, costretto a fare i conti con una foratura proprio nel momento topico della gara, che l'ha relegato a viaggiar tra le ammiraglie per poi andare a concludere la tappa con altri 1'49" sul groppone. Lo spagnolo era già uscito provato a livello di stress di gara nell'ultimo Tour de France ma se oltre alla condizione non ottimale (anche a causa delle cadute dei primi giorni) ci si mette anche una sfiga in grado di vederci sempre benissimo il rischio di saltar completamente di testa è timore fondato, anche se-lo ribadiamo-la volontà di non spendere qualche sforzo in più in testa al gruppo proprio per evitare situazioni spiacevoli è una scelta che non sempre paga.
Ma dicevamo di Vinokourov: pensare che la voglia di far casino fosse limitata a quanto descritto poco fa è un altro errore di valutazione che gli ultimi mille metri hanno materializzato in maniera evidente: con la Sky a lavorare in testa al gruppo tornato inevitabilmente compatto (a nulla è valsa la consueta abnegazione di Ignatiev negli ultimi dieci chilometri, dove pure ha sperato che la compagnia di Barry potesse essere vitale per la buona riuscita del tentativo), lo scatto di Bertogliati ad anticipare l'ormai imminente volata è stata la scintilla che ci voleva. Perchè chi ti esce dal gruppo a cercar di chiudere? Proprio Vinokourov e la sua voglia di regalare l'ennesimo gesto spettacolare più che la volontà di iniziare a cannibaleggiare. Ma come? Non era arrivo per velocisti questo? Si, per i più resistenti senz'altro, ma se ti parte un Vinokourov vuoi che qualcun altro stia fermo senza far nulla? Ed invece no e quel qualcuno non poteva che essere Cadel Evans, perchè ormai la guerra è aperta, qualunque occasione è quella buona. Il campione del mondo ha prodotto una sparata favolosa che stava per avere tutti i contorni della sverniciata e che ha costretto il kazako ad un repentino sforzo per scongiurare di arrivare in debito d'ossigeno ma soprattutto un'altra bella mazzata psicologica.
In tutto questo non restava che vedere in scena chi in scena ci doveva entrare e così, dopo un Farrar portatosi a ruota di Vino una volta capito che la tirata di Millar rischiava di farlo rimbalzare in dietro più che verso il traguardo; dopo un Pozzato che si apprestava ad uscire con fierezza a centro strada, pregustando di essere proprio lui, il campione d'Italia, ad interrompere il digiuno di vittorie nostrane, ecco che sulla sinistra una scheggia HTC usciva prepotentemente, decisa, inarrivabile. Si è materializzata così la prima vittoria al Giro di Matthew Goss, che già lo scorso anno tracce buone ne aveva lasciate vestendo la maglia della Saxo Bank e che dopo il suo successo al Liberazione nel 2006 qualcosa d veramente importante doveva pur iniziare a raccogliere. Un Goss a cui Piva e compagni probabilmente devono un bel grazie, perchè altrimenti anche quest'oggi la figuraccia sarebbe stata solenne, con quelle locomotive a tirar a più non posso fino ai -3 all'arrivo prima che, uno dopo l'altro, i vagoni si sfaldassero.
Ed un grazie perchè, con questa condizione, appare sempre meno facile considerarlo l'apripista di un Greipel ancora incapace di mostrarsi convincente, dato che nei mesi scorsi fu capace di vincere su arrivi ben più arcigni di quello odierno e che quindi poteva andar ben oltre un anonimo diciannovesimo posto.
Le occasioni diventano sempre meno, lo zero non si schioda dalla casella (mentre Cavendish in California se la ride col terzo successo stagionale) ma intanto la HTC prende e porta a casa, anche se è apparso evidente come l'organizzazione negli ultimi chilometri necessiti di meccanismi ben diversi.
Con Petacchi ritirato non può essere ormai la Lampre a salvare capre e cavoli e i segnali in questa direzione sembrano poter venire da Sky e Garmin, le uniche altre formazioni in grado di abbozzare un treno degno di chiamarsi tale nei finali di gara.
Il Giro intanto va, l'Italia rincorre ancora il suo primo successo (da segnalare almeno il quinto posto di Canuti quest'oggi, a parte il podio di Pozzato) lì dove gli anni scorsi si scatenava a tutto spiano. Ma questo, come abbiamo detto, è il Giro 2010 e le certezze, nella maggior parte dei casi, vanno a farsi benedire.

Vivian Ghianni

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