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Giro d'Italia 2010: Tatticismi estremi e scarso coraggio - E arrivò ancora la fuga

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Oggi la montagna era un Olimpo avvolto da nubi, e come da copione celava il suo volto. Gli eroi però questa volta non hanno ripercorso le vie del mito. Anche la strada ha celato molto: era una strada larga e diritta, una strada dove non puoi mentire. Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdita del coraggio, recita la Bibbia dello scalatore. Non è terreno per improvvisazioni, non puoi fare lo scattino così, dove sparisci subito alle viste e puoi gestirti rifiatando un pochino. Qui anche con un minuto sei sempre lì davanti, sotto gli sguardi, te li senti sulle spalle e sai che appena ti pianti un pochino, dietro, lo sanno subito. Se te ne vai devi avere la forza di fare una differenza importante. A Vazia si cominciano a sentire i morsi della pendenza, eppure la strada è tanto larga e dritta che non pare nemmeno di averla iniziata. Un'autostrada per scalatori, gli scriccioli da Zoncolan se li inghiotte in un sol boccone. Ci vogliono le cilindrate maggiori. L'attaccante, come il rivoluzionario, ha bisogno di nascondersi, dove è tutto sotto gli sguardi il suo istinto lo frena. Ma Fratel Michele, con quell'aria perennemente sdrammatizzante da francescano rubacuori, la affronta a testa alta, infuso di coraggio dall'impresa di ieri. Oggi ha in cuore di dare una bella benedizione ai rivali e prova il primo allungo. Toh, risponde Basso, pedalando seduto incollato alla ruota, solo qualche fotogramma, ma di una pellicola d'annata, pare. Il fango di ieri e le pendenze di oggi però non sono il preludio giusto per iniziare l'opera. Allora per capirci qualcosa bisogna fare caso ai particolari. Cunego ad esempio ogni tanto guarda in alto su per il bosco. Buon segnale: scalatore che guarda in su è scalatore che sta bene, quello cotto se potesse metterebbe anche il paraocchi. Inquadrano a lungo Evans che sbuffa. Forse segnale non buono: l'uomo di classifica sa che non deve mai dare alcun segno di fatica, se lo dà o è un bluff (Armstrong docet) o non può proprio evitarlo. La tv sull'ammiraglia la vedono anche i ds e infatti ci sono un paio di chilometri di scattini d'assaggio. Finché lo stesso Evans non ne chiude uno e lì torna la calma. Nibali delega il fido Kiserlovski ad operare qualche allungo. In teoria segnale non buono: pare un via libera. Vino maglia rosa non risponde mai agli scatti in prima persona. Segnale dubbio: o di ottime sensazioni, nel senso che sente di poter lasciare tranquillamente anche dello spazio agli avversari (e qui Indurain docet), oppure di pessime sensazioni. Pozzovivo arriva solo 16 secondi dopo l'aristocrazia. Può darsi che abbia celebrato ieri l'ultima stazione della sua personale quadripartita via crucis composta di vento, cadute, cronometro e fango e attenda di intonare il suo temuto Preconio pasquale.

In ogni caso questi fotogrammi, passati e ripassati, giocoforza saranno ruminati a lungo nei prossimi giorni, alla ricerca di dettagli rivelatori. Là, davanti al gruppo, orecchie ben tese a captare il minimo affanno nel respiro, o il rumore della cambiata inopportuna, o il sussurro lamentoso alla radiolina. Ma guai a fidarsi perchè una settimana di gara in genere cambia molte cose e possono avvenire metamorfosi.

Ancora una volta il gruppo ha dato segnali comatosi. Ancora una volta, più che tatticismi esasperati, pare di aver assistito ad una certa malcelata incapacità a recuperare terreno sulle fughe. Da notare, non fughe di locomotive irresistibili. Una rondine non fa primavera ma tre sì. Di sicuro ormai gli spiriti ribelli ne hanno preso nota, ed infatti oggi all'attacco erano in tanti. In salita è bastato Serpa ad isolare quasi tutti i capitani. La Santa Barbara pare alquanto esposta, potrebbe non essere difficile calibrare il colpo che fa saltare la nave.

Elisa Rossi

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