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Giro d'Italia 2010: Quei due team svaniti nel nulla - Tragicomica storia notturna | Cicloweb

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Giro d'Italia 2010: Quei due team svaniti nel nulla - Tragicomica storia notturna

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Questa è una delle tante piccole, piccolissime storie che animano un Giro d'Italia e che sono poi destinate a restare nei racconti parasportivi, ovvero in quella sterminata, divertente aneddotica che fiancheggia il racconto principale del ciclismo: perché accanto alle corse e alle imprese in bici, ci sono milioni di episodi che spesso rimangono circoscritti al campo della memoria "di chi c'era", senza vedere mai la luce di una pubblicazione sugli organi di informazione, e a volte assumono addirittura un'aura di leggenda.

Non è sicuramente questo il caso, visto che di leggendario in questa storia non è che si riesca a vedere più di tanto...

La nostra vicenda si svolge nella Provincia Granda, in un paesello minuscolo in cui c'è un albergo che ospita un paio di squadre che, di ritorno dalla tre giorni olandese, saranno presto impegnate nella cronosquadre di Cuneo. Una di queste squadre è la Saxo Bank di Riis, l'altra la Colnago dei Reverberi.

L'antefatto è rappresentato dalla nube di cenere espulsa dal vulcano islandese, la quale ha ancora una volta condizionato i voli di tutta Europa: dopo ore di terrore (da parte di Zomegnan e soci) provocato dal rischio che l'intero gruppo potesse essere rispedito in Italia in pullman (con inevitabile codazzo di polemiche), finalmente la notizia che un po' tutti attendevano è arrivata lunedì mattina alle 10: si può volare, i ciclisti godranno di un viaggio non massacrante, al contrario di chi dovrà invece riportare i mezzi della carovana nel nostro paese. Nella fattispecie, un po' tutti gli staff dei team (meccanici, massaggiatori e via dicendo).

Chi scrive trova un passaggio in una delle ammiraglie Colnago-CSF, in compagnia del medico sociale della squadra (il dottor Benini) e dell'addetto stampa (Mario Casaldi, vecchia conoscenza di Cicloweb...), e si sciroppa le 12 e passa ore che separano la ridente e ventosa Middelburg dall'approdo in Piemonte. Olanda, Belgio, Lussemburgo, Francia, passano più o meno rapidamente dai finestrini dell'automezzo, e quando si arriva in Italia non manca poi molto all'alba. Il leit-motiv del viaggio, cantato all'unisono via radio insieme alle altre due ammiraglie della squadra (che procedono in colonna e in cui ci sono altri uomini dello staff, a partire dal direttore sportivo Giuseppe Lanzoni), è sempre quello: gli altri in aereo, noi in macchina, così va la vita, che ci vuoi fare, viva la foca che dio la benedoca, e via così con rime da pelle d'oca.

Si arriva a destinazione che son le 5 di martedì mattina, con un unico pensiero in testa: posare le stanche membra su di un letto. Un gentile e solerte portiere accoglie la minicarovana e indirizza i mezzi al loro parcheggio, sul retro dell'hotel. Si scende dalle macchine, ci si sgranchisce, ci si stiracchia, si dà un'occhiata ai camion e ai bus di Saxo e Colnago già giunti qualche ora prima, si fa qualche battuta della buonanotte, si ridacchia e si commenta a voce alta sotto le finestre dell'albergo, finché un coscienzioso meccanico consiglia di non far chiasso per non dar fastidio ai ragazzi che dormono.

«Ragazzi? Ma veramente qui non è arrivato ancora nessuno»: la patata è troppo bollente perché il portiere non ce ne renda partecipi. «È tutta la notte che li aspetto, ma qui ancora non s'è vista traccia di ciclisti». Panico. La mente di tutti si volge verso l'unica direzione che l'istinto fa parere plausibile, anche se nessuno ha il coraggio di dire a voce alta quello che pensa. Ma indubbiamente, malgrado le risatine isteriche ed esorcizzatrici, il pensiero è tutto per quel simpaticone d'un vulcano islandese. Si prova a razionalizzare. C'è chi lo fa guardando il generale («magari non saranno partiti... l'aereo sarà stato fatto atterrare altrove... l'aereo sarà stato dirottato verso qualche stato canaglia... l'avranno perso... saranno fuggiti tutti dalle grinfie di Zomegnan e verso un futuro migliore...»); c'è chi preferisce coniugare la vicenda guardando alla propria personalissima situazione: «Che culo che ho avuto, ragazzi... a non prendere quel volo!» (Lanzoni, ispirato dalla propria saggezza emiliana, dixit).

Un po' di sana preoccupazione finalmente ci prende. Proviamo a chiamare all'aeroporto di Cuneo, e riceviamo conferma che due voli charter provenienti dall'Olanda con i corridori del Giro d'Italia sono effettivamente atterrati. Alle 23: 6 ore fa.

Il buon Casaldi s'illumina: «Ah, ma c'era una festa organizzata da Rcs per/con i ciclisti, si saranno attardati lì». Certo: 6 ore (notturne) di party, chi non le vorrebbe fare, nel bel mezzo di un Giro d'Italia? No, evidentemente qualcosa non torna. Sono le 5 e mezza e brancoliamo nel buio, anche se all'orizzonte si intravede qualche vaga idea di alba (o di Alba, visto che siamo qui vicino...). I foschi pensieri tornano a farsi strada: «Ma non è che il pullman che doveva portarli in hotel è finito in qualche fossato?». La preoccupazione è a livelli di guardia, non resta che provare a chiamare qualcuno. Il solito addetto stampa fa il numero di Reverberi jr: staccato. Non si dà per vinto, chiama Pozzovivo: staccato. Non può essere, chiama Frapporti: squilla! Ma Marco non risponde.

Pirazzi, allora. Chiama Pirazzi. «Sìh...?». La bocca impastata dal sonno, le parole biascicate a fatica, il colpo per essere stato svegliato all'improvviso dal telefonino: «Ma sì che siamo arrivati, siamo qui dall'1, siamo andati dritti in camera, stiamo tutti dormendo!».

Occhi sul solerte portiere. Che arrossisce, parendogli il meno che si possa fare a quel punto: «Ehm... ehm... veramente...»... Non sarà che s'è perso l'arrivo di 30 persone nel suo hotel? «Dev'essere stato quando sono andato un attimo sul retro a controllare i camion delle squadre...». Ben lungo, per essere stato un attimo! Anche la nottata è stata lunga. Sono praticamente le 6 del mattino, e il colpo migliore è stato il tentativo di svegliare in tutti i modi mezza Colnago-CSF nella notte, allo scopo di verificare la falsità di una notizia. Falsa, per l'appunto e per fortuna. Si può dormire, finalmente, mentre decisamente albeggia. E si può ridere in maniera liberatoria e quasi sguaiata: in fondo, come si può fare il portiere senza incappare mai in una papera?

Marco Grassi

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