Giro d'Italia 2010: La crudele legge dei ventagli - Cadel limita i danni, Pozzo naufraga
La luce limpida del Mare del Nord oggi faceva risplendere la spiagge della Zeeland, la terra del mare, parola dal suono gentile che per un corridore significa soltanto vento e fatica. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va, sta scritto.
Parole ben scolpite oggi sul gruppo che a brandelli raggiunge il traguardo di Middelburg. Negli occhi di molti quel gruppo che inesorabilmente scompare in un orizzonte vasto, luminoso, ogni riferimento si perde e e riprendi a lottare da solo contro un muro invisibile: qualche moto là in fondo, segno ormai lontano del gruppo che poco fa era tutt' intorno, e ora è un miraggio.
Queste sono le giornate in cui la conoscenza dello sviluppo metrico dei rapporti perde il senso che normalmente ha: lo sviluppo lo decidono il vento e le svolte della strada. Nel dubbio, sempre sul duro, perchè il pericolo, come il vento, può venire da ogni direzione e quando un attimo prima veleggi coperto, l'attimo dopo puoi trovarti ad arrancare sul ciglio della strada. Evans ha pedalato tutto il giorno a prua del gruppo, annusando attento l'aria, gli avanbracci ancora più flessi rispetto alla sua già solita raccolta posizione. Guardingo, ha visto attardarsi Cunego, forare Petacchi, staccarsi inesorabilmente il temibile Pozzovivo. La sua pedalata piena a nostro avviso era tra le più luminose dell'ormai ridotto gruppetto dei battistrada, migliore di quella attenta, ma ancora un po' legnosa di Basso. Però era il sorvegliato speciale, seguito con un occhio da tutti, perché solo. Tutte le squadre pronte a passare dalla difesa - vale a dire stare intorno al capitano e coprirlo da ogni lato - all'attacco, nella fortunata occasioni in cui si scorge qualche avversario scoperto sul ciglio della carreggiata, dopo una curva o uno sbandamento improvviso.
È la crudele tecnica del ventaglio, in cui le squadre nordiche da decenni sono maestre, ma nella quale oggi la Liquigas ha dato l'esame di laurea, evidentemente ormai resa esperta dalle belle prove nelle classiche fiamminghe di marzo e aprile, affrontate in prima linea raccogliendo solo rabbia. Insieme a Basso e Nibali nei 29 rimasti all'avanguardia, c'erano anche Vanotti e Agnoli, 4 come gli HTC, uno in più degli Astana. Così, quando il giro degli eventi ha fermato due pesci grossi in un colpo solo, vale a dire la maglia rosa Evans e il potente Wiggins, rovinosamente caduto, la difesa attenta si è tramutata in attacco e il campione del mondo è caduto nella rete. Nelle situazioni di vento accade poi che il gruppo sembri lì davanti a portata di allungo, perchè lo vedi a 200 metri, ma è nient'altro che un ingannevole miraggio, perchè in mezzo c'è un muro d'aria. Così chi sente grande forza commette l'errore di mettersi subito avanti, ingannato dalla distanza, ma quando è la maglia rosa in testa al gruppo, poi accade facilmente che nessuno dia più il cambio. Purtroppo per Evans nel suo gruppetto non c'erano altri leader e così si è trovato a fare da locomotiva fino al traguardo, ritrovandosi 46 secondi di ritardo in classifica. Tutto sommato non una tragedia, vista la sua ottima condizione, ma naturalmente pesanti in vista della cronosquadre dove presumibilmente dovrà vedere gli avversari allontanarsi ulteriormente.
Dalla 67esima posizione in classifica in giù si contano ritardi dagli 8 minuti in su. È presto, a nostro avviso, per dire addio alla classifica generale, ma per chi non è avvezzo ai lunghi rapporti, questa tappa unita alla cronosquadre e agli sterrati ci sembra disegnata in maniera eccessivamente penalizzante. Sulla carta questo Giro è un crescendo: piattissimo, perfino sotto il livello del mare nei primi giorni, la cronosquadre quasi piatta, ma già in impercettibile salita, salite pedalabili a metà, salite durissime alla fine. Però in attesa di quel finale sarebbe meglio conservare i protagonisti.