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Cadel? Huy, c'est moi - Contador si pianta, vince Evans

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Le classiche delle côtes continuano all'insegna della spettacolarità, dell'incertezza e, curiosamente, dei successi di chi fino a quel momento aveva un bello zero nella casella delle vittorie. Se domenica all'Amstel era stato Gilbert a regalare la prima perla stagionale all'Omega Pharma, nella Freccia il campione del mondo Evans ha potuto dar lustro alla maglia iridata e al contempo far gioire la BMC, che finora aveva raccolto davvero pochino.
Comunque, se spesso non basta leggere l'ordine d'arrivo per capire lo svolgimento di una corsa, a volte nemmeno la cronaca può riuscire a rendere in pieno l'incertezza e la bellezza di una prova come la Freccia Vallona odierna. Il cambiamento del percorso annunciato dall'ASO, lieve in cartina ma significativo in gara, con gli spostamenti del secondo passaggio sul muro di Huy a 30 chilometri dal traguardo e della côte d'Ereffe a 12, serviva nelle intenzioni a evitare l'arrivo di un gruppo più o meno compatto all'ultimo decisivo chilometro, copione all'incirca immutato dal 2003 (anno in cui andò in porto l'ultima fuga, con vittoria di Astarloa) alla passata edizione. E, appunto a guardare l'ordine d'arrivo, non sembrerebbe poi mutato troppo, visto che sono stati circa ottanta i corridori giunti insieme ai piedi dell'ultimo Huy. Ma la corsa è stata in effetti più dura che in passato, tatticamente confusa, senza una squadra in grado di prendere in mano con forza le redini della gara, e nelle ultime centinaia di metri si è potuto assistere a un finale incerto che ha visto prevalere il campione del mondo. Proprio quel Cadel Evans che nelle ultime due edizioni era riuscito a cogliere bei piazzamenti attaccando ai piedi del muro, facendo però da punto di riferimento per gli avversari che puntualmente lo passavano nel finale. Stavolta l'australiano è stato perfetto dal punto di vista tattico, nascosto nel gruppo fino agli ultimi chilometri, e pronto a sfruttare l'azione anticipata di Contador sulle rampe di Huy.
Eh sì, perché proprio il campione spagnolo a un certo punto sembrava poter aggiungere la prima classica al suo già incredibile palmares. Del resto se uno come Contador si fa duemila chilometri in macchina (gli effetti del vulcano islandese ancora si sono fatti sentire sul plotone in questo inizio settimana) per partecipare alle due prove delle Ardenne, per quanto ai giornalisti dichiari di voler solo accumulare esperienza è chiaro che non ha voglia di fare lo spettatore. E se un indizio si è avuto sul secondo passaggio a Huy, quando il madrileno ha tenuto agevolmente le ruote di Gilbert e Andy Schleck che provavano il forcing, la certezza è arrivata nel momento in cui gli Astana si sono messi in testa al gruppo per cercare di chiudere sul successivo contrattacco di Frank Schleck e Kreuziger.
Fino a quel momento la corsa aveva vissuto sulla fuga da lontano di Palumbo, Loosli, Gourge, Champion e Augé, fuggitivi della prima ora che, dopo aver accumulato fino a 8'30" di vantaggio, venivano lentamente riassorbiti dal gruppo. Un plotone comunque piuttosto anarchico dove si susseguivano scatti senza fortuna e costrutto, e nel quale la sola Saxo Bank provava a organizzare qualcosa, principalmente forzando in vista delle varie côtes, in modo da rendere più dura la corsa. Molto pimpante anche la Lampre, sempre pronta a mettere un uomo in ogni azione, mentre i Caisse d'Epargne e Evans viaggiavano nella seconda parte del plotone e già ci si domandava se si trattasse di un bluff o di una giornata storta.
Ma è il passaggio sul muro di Huy a 30 chilometri dall'arrivo a far muovere i grossi nomi, col campione lussemburghese in testa seguito da vicino da Contador, come se stessimo sui Pirenei o sulle Alpi invece che in Vallonia, e Gilbert e Cunego a mostrarsi pimpanti alle loro spalle. E' nella discesa però che andava via l'azione che per alcuni chilometri sembrava poter essere decisiva. Allungavano infatti Frank Schleck e Kreuziger, raccogliendo lungo la via Tankink (avvantaggiatosi prima del muro) e l'encomiabile Loosli. Dietro non si assisteva a un vero e proprio inseguimento, ma solo ad allunghi vari che non portavano da nessuna parte, se non a far salire il vantaggio dei fuggitivi fino a 30". E' stato a quel punto che gli Astana, con un ottimo Iglinskiy, hanno provato a chiudere il gap, facendo capire chiaramente quali fossero i piani di Contador per questa Freccia.
Meno chiara, va detto, la tattica Katusha, pronta a lanciare all'attacco alternativamente Ivanov, Kolobnev e Vorganov, ma arrivata poi all'ultimo chilometro con un Joaquin Rodriguez senza più nessuno in grado di spalleggiarlo, per quanto lo spagnolo fosse reduce dai malanni patiti all'Amstel, e forse non dava totale garanzia alla squadra di Tchmil. Errori anche in casa Saxo Bank, dove il minore degli Schleck si sacrificava in un lavoro di copertura a favore del fratello in fuga, bruciando però preziose energie che gli sono certamente mancate nel finale.
Dopo la côte d'Ereffe i quattro avevano comunque ancora una ventina di secondi sul gruppo, dal quale uscivano Kolobnev, Vaugrenard e il ritrovato Igor Anton. Ai meno 5 dal traguardo c'era il ricongiungimento fra i due gruppetti, e subito Kolobnev provava l'attacco solitario, seguito da Loosli (davvero una grandissima giornata per l'atleta della Lampre). Ma il gruppo era lì, e così l'attacco del muro di Huy pareva identico a quello del Cauberg di domenica scorsa: Kolobnev davanti e a pochissimi secondi il gruppo in piena velocità. Il russo veniva riassorbito immediatamente e, dopo un velleitario allungo di Kloden, era ancora Igor Anton ad attaccare. Per alcuni attimi il piccolo basco dava l'impressione di averne più di tutti, e quasi si poteva immaginare una vittoria dello spagnolo meno atteso: grandissimo talento per la salita, reduce da un 2009 anonimo, la settimana scorsa Anton era tornato alla vittoria staccando Contador (dunque non certo una cosa di tutti i giorni) sull'Alto del Morredero alla Vuelta di Castilla y Leon. Ma il muro di Huy, per quanto di 1300 metri, è praticamente infinito, soprattutto per il corridore dell'Euskaltel che vedeva la sua azione appesantirsi pedalata dopo pedalata. A quel punto sembrava quasi che stesse lanciando la volata a Contador, pronto a prendere la sua ruota memore della sconfitta della passata settimana. Ma il campione di Tour, Giro e Vuelta pagava a sua volta qualcosa all'inesperienza nelle corse di un giorno, bruciando troppe energie per tenere il ritmo di Anton. Mai però quanto Nibali che, dopo aver cercato di restare attaccato al duo spagnolo, si piantava ai 400 metri (finendo poi solo tredicesimo). Dal resto del gruppo, lontani Andy Schleck e Valverde, un po' in affanno Gilbert e Cunego, allungavano Evans e Rodriguez, loro sì esperti di côtes e ben consapevoli su come dosare lo sforzo lungo il muro di Huy. Così quando ai 200 metri Anton si faceva in pratica da parte, Contador passava in testa, ma dalla smorfia sul suo viso si capiva come anche per lui le forze fossero ormai prosciugate o quasi. E ai 100 metri era allora Evans ad accelerare, o forse sarebbe più giusto dire a proseguire col proprio passo, superando chi ormai non ne aveva più.
Il campione del mondo vince così la prima gara in maglia iridata, regalando alla BMC il primo e tanto atteso successo stagionale. Secondo è Joaquin Rodriguez, terzo Contador, quarto Anton, quinto e primo degli italiani Damiano Cunego (cui probabilmente manca ancora qualcosina per essere al top della forma, ma per la Liegi potrebbe raggiungerla), in un ordine d'arrivo stellare che vede Gilbert, Horner, Valverde, Andy Schleck ed Hesjedal a completare la top ten. Le classiche continuano dunque a offrire grande spettacolo in questa stagione, e domenica tocca alla Doyenne.

Gianluca Colloca

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