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Capolavoro Cancellara - Fabian straccia Boonen e gli altri | Cicloweb

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Capolavoro Cancellara - Fabian straccia Boonen e gli altri

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C'è proprio una questione etimologica alla base della scelta di usare il termine "capolavoro" per definire il Giro delle Fiandre di Fabian Cancellara. Capolavoro nel senso di espressione più alta della creatività di un artista; o molto più prosaicamente, momento di massimo fulgore atletico di un ciclista. Il capolavoro è una vetta che si raggiunge poche volte in una carriera, forse proprio una sola volta. Possiamo noi oggi dire con nettezza che Cancellara non è mai stato così bello? E, in più, possiamo ipotecare il futuro e sostenere che (forse) non potrà mai essere più sublime di quanto non sia stato in questo Giro delle Fiandre? Bel rischio!
Eppure quali sarebbero i dati contrari a quest'assunto, in questa domenica baciata dal sole quando invece ci si aspettava pioggia e fango? Cancellara che vince nel giardino di casa del suo rivale principe, e lo fa con la lucidità spietata di un Terminator, schiaffeggiando proprio codesto rivale e dando l'impressione di poter indirizzare con la forza del suo pensiero le dinamiche del mondo.
Di sicuro, con la forza delle sue gambe Fabian ha indirizzato piuttosto decisamente le dinamiche del pomeriggio di Tom Boonen. Del povero Tom Boonen, stavamo per scrivere, ma respingiamo la tentazione e riconosciamo che, seppur malamente mazzolato sul Kapelmuur, il campione nazionale belga ha messo di suo una prova rimarchevole, tanto che a tratti (nonostante il traguardo ancora lontano) ha dimostrato di essere brillante come nei giorni più gloriosi, saltellando da una ruota all'altra a chiudere ogni ipotesi di buco e ad esercitare un ferreo controllo nella giurisdizione di ognuno dei muri di giornata. Amaro il risveglio dello sceriffo di questa contea, quando sul Grammont lo straniero venuto a sfidarlo ha dimostrato di avere in canna un colpo in più da sparare. Esatto, se state pensando alla teoria di Sergio Leone, ci stiamo intendendo: quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile eccetera eccetera. Semplicemente, Cancellara oggi era l'uomo col fucile.

La vista lunga dei Saxo
Che avessero il capitano più ganzo di tutti, i Saxo Bank hanno iniziato a darlo ad intendere abbastanza presto: del resto, se sull'Oude Kwaremont (83 km al traguardo) ci metti O'Grady a tirare a tutta, e di lì a poco, sul Paterberg (-79) ti giochi pure un pezzo di Breschel, un motivo ci sarà. Non certo limare il distacco da una fuga col destino segnato (col bravo Goesinnen, il più convincente del lotto, c'erano in avanscoperta Rousseau, García Acosta, Merlo, Ignatiev, Bonnaire, Boucher e Van Leijen: vantaggio massimo 13', ripresi - gli ultimi - a 60 dall'arrivo).
Lì, sul Paterberg, sembrava che le cose prendessero una piega clamorosa, con un gruppo di 10 big a compattarsi in testa dopo che Breschel, per l'appunto, aveva aperto le ostilità in salita, subito tampinato da Boonen. Ai due si sono accodati Cancellara e Flecha, Hincapie e Hushovd, Hoste e Guesdon, Chainel e Boom. Un drappello bellissimo, che avrebbe potuto trovare un'unità d'intenti intorno alla considerazione che Gilbert, preso da un attimo di distrazione, si era lasciato sfuggire il trenino; e che Devolder, bicampione uscente, si era staccato già sul Kwaremont.
Ma si sa che non è facile mettere d'accordo tante teste, sicché i dieci, dopo aver cincischiato per qualche chilometro, si sono rialzati rinviando la pugna all'avvenire.
Avvenire che però, nel caso, era l'immediato Koppenberg, su cui un Breschel sempre più convinto riproponeva lo stesso copione di pochi chilometri prima. E come in una coazione a ripetere, ancora Boonen ha seguito il danese, e stavolta i due se ne sono andati senza l'ingombro di altri compagni di viaggio. Solo che in due e con 73 chilometri ancora da coprire, l'impresa rischiava di trasformarsi in un massacro autoindotto, e quindi, per la seconda volta, il proporsi di Breschel si è evoluto in un rialzarsi rassegnato. Scoprimmo in seguito quanto l'impegno di seguire Matti pesò sulle gambe del padrone di casa.

Una corsa da fare e due bici da cambiare
Passato con discrete emozioni ma senza grosse defezioni il filotto Kwaremont-Paterberg-Koppenberg, la corsa era di fatto ancora tutta da fare. Senza grosse defezioni, abbiamo scritto, visto che anche Devolder (tenace come sempre), passata la buriana, è riuscito a rientrare sui migliori. Terminata sull'Eikenberg la fuga del mattino, la transizione fino al Molenberg ha visto alcuni tentativi estemporanei (Hayman da solo e poi con Oss, Eisel e Wynants), dopodiché i meccanici Saxo diventare protagonisti: problema meccanico per Cancellara e cambio di bici in corsa a 56 km dal traguardo: tra un'ammiraglia e una scia bonaria, Fabian ha recuperato rapidamente sul plotoncino di Boonen. Un simile problema ha interessato poco dopo Breschel, ma nel suo caso il pit stop è stato quasi ridicolo, col meccanico indeciso sulla bici da dare a Matti in sostituzione di quella con cui il danese aveva spianato Paterberg e Koppenberg: in effetti la responsabilità di provvedere al ciclista un mezzo all'altezza del precedente dev'essere stata decisiva. Di fatto l'ottimo campione di Danimarca ha visto il suo miglior Fiandre sfuggirgli irrimediabilmente via in quei pochi secondi persi. Né lui, infatti, né Hushovd (anch'egli attardatosi in quel frangente) hanno più potuto rientrare su un gruppo in accelerazione in vista del Molenberg, muro importante su cui infatti si è poi decisa di fatto la corsa.

La cavalcata dei due rivali
Senza Breschel, che non è riuscito a rientrare malgrado l'aiuto tentato da Larsson, Cancellara si è ritrovato di colpo solo. Tra il rischiare di impazzire appresso a tanti scatti, e l'ipotesi di decidere subito la partita, se non altro semplificandola al massimo, lo svizzero non ha avuto dubbi. Progressione secca e volo d'angelo maestoso, per sbarazzarsi di tutta la marmaglia. Boonen no, non ci poteva stare. Uno sforzo concentrato e Tom si è portato alla ruota di Fabian, ben sapendo che non era il caso di mollarla neanche per mezzo secondo. Che fare? Collaborare? All'inizio Boonen non ci ha pensato nemmeno, del resto era giusto che fosse Cancellara, più lento in volata, a preoccuparsi di distanziare il gruppetto.
Un gruppetto in cui non restavano che pochi superstiti, e da cui prima Gilbert (con Leukemans e Chainel), poi Millar (con Langeveld) provavano a evadere. Un gruppetto in cui i Flecha, gli Hincapie, i Devolder, gli Iglinskiy, gli Hoste, gli Hoogerland non riuscivano a ridurre il divario dalla coppia di testa, che fin qui era in vita solo grazie al lavoro di Cancellara. Ma evidentemente quando le forze in campo si sono delineate, e Boonen ha scoperto che aveva dietro, con Wynants, anche quel Devolder il quale, con giochi di squadra, per due volte gli ha fregato il Fiandre, ebbene, in quel momento Tom ha preferito dare una mano allo svizzero piuttosto che rischiare un ricongiungimento e un contropiede-ter del suo più fedele nemico.
Dal momento in cui il belga ha iniziato a dare cambi al bernese, il margine che prima non superava i 20" si è costantemente dilatato: 22", poi 27, poi 33. Inutili, se non a fini di piazzamenti, gli attacchi tardivi di Millar (dopo il Leberg) e, sul Berendries (a 33 km dal traguardo), di Gilbert con Leukemans. I tre (Millar, Gilbert e Leukemans), ricompattatisi prima del Tenbosse, hanno visto comunque crescere il distacco fin quasi a un minuto, e anche se sul muro caro a Museeuw qualcosa hanno limato, era ormai chiaro che solo un cataclisma avrebbe tolto la vittoria a uno dei due uomini all'attacco.

La perfezione di un progetto
Non era peregrino chiedersi se Cancellara si fosse fatto proprio bene tutti i conti. Portarsi a rimorchio Boonen, implicava che prima o poi lo svizzero prevedeva di staccare il capitano della Quick Step. Dove? Tom si sarebbe mai fatto staccare su un muro, o bisognava prenderlo di sorpresa su qualche curva in cui provare a guadagnare dieci metri?
Del resto un Boonen che aveva accettato di collaborare senza tirare indietro la gamba, non lanciava certo un segnale di debolezza (di regola, avrebbe infatti potuto trenare un po' meno, visto che era il più veloce della coppia). In più, mettiamoci il fatto che si correva, come detto, chez Tom, e che tutto il pubblico era pronto a celebrare il secondo successo del principe di casa. Ed ecco che si arriva alla conclusione che, per portare a termine un progetto come quello di Cancellara, considerando il valore del rivale e il fatto di concorrere in campo avverso, ci vuole una grande testa oltre che una gamba speciale. Un grande cervello per selezionare le emozioni e le informazioni, per tenere la concentrazione e il ritmo, e per prepararsi nelle migliori condizioni all'affondo finale.
Lo scenario, manco a dirlo, non poteva che essere il Muur. In fondo il grande attore dà il meglio di sé nei teatri più prestigiosi: allo stesso modo, Cancellara ha scelto di dare la mazzata proprio nel punto simbolo del Fiandre, il Grammont. Partendo per un'altra devastante progressione, da seduto, alle spalle di un Boonen che in quel momento faceva il suo ritmo, Fabian è entrato subito nella dimensione di chi stava andando a vincere la Ronde. Nei 150 metri che separavano il punto dell'allungo dalla vetta del muro, lo svizzero ha guadagnato già spazio sufficiente per pensare semplicemente a gestire la situazione negli ultimi 15 km.
Boonen, visto Fabian partirgli in quel modo, è scoppiato nel morale, e non ha dovuto aspettare troppo per capire che il ricongiungimento non ci sarebbe più stato. Ha provato la sensazione che fece provare a Pozzato alla scorsa Roubaix, e ha verificato quanta frustrazione si provi a inseguire una lepre irraggiungibile. Cancellara ha superato di slancio anche il Bosberg, poi ha guadagnato ancora tanto negli ultimi 10 km, e alla fine ha avuto pure il tempo di mostrare al pubblico una medaglietta celebrativa. Sereno enfasi di un dominatore.
Boonen, bravo comunque a reggere al ritorno di Gilbert e Leukemans (Millar si era staccato sul Muur), si accontenta di un altro secondo posto, dopo quello della Milano-Sanremo (il parametro sono ovviamente le classiche monumento). Il gruppo, regolato da un buon Farrar nella volata per il quinto posto (davanti a Hincapie, Hammond, Iglinskiy, Hondo e Bonnet), è giunto a 2'35" da Cancellara. Il primo italiano della compagnia, 28esimo, è Daniel Oss: vacche magre per i nostri, ma almeno la speranza in un nome che potrà renderci i prossimi anni più allegri.

Marco Grassi

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