Sorpresa Modolo, Boonen è lì - Garzelli gran lavoro, Boasson invisibile
Óscar Freire - 10
Doveva vincere (o meglio, voleva), ha vinto. Anche se il suo mestiere non è entusiasmare la gente, né sferrare attacchi midiciali, ma è starsene bello quieto fin quando serve, gli va riconosciuta una capacità di preparare i grandi appuntamenti (3 Mondiali, 3 Sanremo) come nessuno nell'era moderna. Raggiunge Coppi nel numero di Classicissime vinte. Una volata imperiosa, vinta quasi per distacco su Boonen e Petacchi.
Tom Boonen - 7,5
Il primo dei battuti non ha niente da rimproverarsi. Ha rischiato di perdere Barredo, e un Devolder in più (soprattutto quello visto alla Tirreno) non avrebbe spostato poi molto. Ha mosso bene Chavanel, e forse gli sono mancati Tosatto e Velo (due che fecero la differenza quando Petacchi vinse nel 2005) negli ultimi chilometri. In ogni caso, il suo appuntamento con questa corsa sembra solo rimandato.
Alessandro Petacchi - 7,5
Senza treno non imposta una gran volata e rischia anche di perdere il podio. Un 3° posto comunque meritato, vista la gamba mostrata in salita (tra i primissimi a scollinare sul Poggio) e vista la sfortuna di questi ultimi tempi.
Sacha Modolo - 8,5
Ha Freire come idolo e come lo spagnolo si nasconde fino all'ultimo chilometro. Parte da una posizione troppo arretrata, ma con una rimonta strepitosa acciuffa il 4° posto al debutto da pro'. Un grande risultato anche perché giunto al termine di una delle Milano-Sanremo più dure degli ultimi anni.
Filippo Pozzato - 7
Fino a 1.5 km dall'arrivo è da 9. Corre da padrone, in maniera eccellente, spendendo benissimo i vari Vorganov, Mazzanti, Kolobnev e Ivanov tra Turchino, Mànie e i vari Capi. Bravo a seguire Gilbert sul Poggio, ma sempre un po' troppo timido su quello strappo che andrebbe affrontato come lo affrontò Ballan nel 2006 (quando poi vinse proprio Pozzato). Poi Nibali (5,5 per il siciliano, che sbaglia sempre i tempi e questa sta diventando una brutta abitudine) gli dà l'idea ai meno 2 km dall'arrivo, ma quel lampo di gran classe e potenza dura soltanto 700 metri. In ogni caso, meglio così che anonimo.
Stefano Garzelli - 7,5
Aveva promesso totale abnegazione per la causa di Luca Paolini (5, ha subìto troppo la corsa invece di aggredirla) e così è stato. Il suo lavoro sulla Cipressa e sul Poggio è stato encomiabile.
Francesco Ginanni - 8
È letteralmente indiavolato negli ultimi chilometri: ci prova prima ai meno 20 sulla discesa della Cipressa, portando via il gruppetto con Chavanel, Bernucci, Pellizotti e Paolini con delle curve rischiosissime, poi di nuovo sulla discesa del Poggio, in cui però si fa un po' rubare i tempi da Nibali. Nel finale è forse stanco e - nonostante la buona posizione - in volata è "solo" settimo.
Philippe Gilbert - 5,5
Ci ha provato - troppo timidamente - sul Poggio. Ci aspettavamo un'altra condotta di gara da lui e da chi - come Gasparotto - aveva dimostrato di avere una buona condizione.
Thor Hushovd - 6,5
Non era il Thor del 2009 e lo si era chiaramente visto alla Sanremo. Non aveva accanto a sé il "diversivo" Haussler, e lo si è notato. Però la Cervélo gli ha dato fiducia, approcciando sia la Cipressa che il Poggio in prima posizione nel gruppo buono. Addirittura il norvegese si lancia all'attacco in discesa dal Poggio con Nibali, Gilbert, Ginanni e Breschel, sapendo di averne meno di altri allo sprint. E, anche lì, comunque il sesto posto lo porta a casa.
Daniel Oss - 7,5
Altro '87 che fa leccare i baffi all'Italia. Sul Poggio era uno dei più freschi, poi nel finale dà una trenata di un chilometro per Bennati che, fosse stata concretizzata dall'aretino, probabilmente sarebbe valsa al trentino l'Oscar come "miglior ciclista non protagonista". Sarà interessante vederlo all'opera nell'Inferno del Nord.
Yoann Offredo - 7
Non solo Italia nelle giovani leve. Anche questo giovanotto della Française des Jeux si mette in mostra con un attacco ai meno 16 che è stato forse sottovalutato, ma che ha messo alla prova alcune squadre. Il suo tentativo è durato 8 km, stoppato dal Poggio, ma questo francesino dell'86 ha poi chiuso nel gruppetto dei migliori al 16esimo posto.
Dmytro Grabovskyy - 6,5
Ha uno stile di pedalata splendido, e fa bene vederlo di nuovo nel posto che gli compete: davanti al gruppo a spingere rapporti duri. I suoi tentativi non sono clamorosi come quando era dilettante, ma non importa. Bentornato, Grabo.
Caccia, Piemontesi, Ratti - 6
Scattano al km 1 ed arrivano a guadagnare oltre 22 minuti sul gruppo. Poi quando dietro iniziano a fare sul serio si sfaldano, ma dopo Le Mànie hanno la forza per dare una mano ai loro capitani. Eccezionali, così come bravi Bouet, Sentjens, Hoj e Beuret: anche loro ci hanno provato.
Damiano Cunego - 5
Da lui non ci si aspettava certamente il risultato, ma neanche una corsa continuamente a rincorrere, sin dal Turchino. Si vede davanti solo sulla Cipressa, quando chiude - con Pozzato a ruota - un attacco di Kolobnev, Pellizotti e Garzelli. Poi niente più.
Mark Cavendish - 4,5
Non stava bene e si sapeva. Il vincitore uscente della Sanremo non l'ha mai negato, anche se inconsciamente sperava di sorprendere di nuovo come fece un anno fa. Il Team HTC comunque deve interrogarsi sulla mancata convocazione di Greipel, visto che anche Eisel e Velits si staccano e si mettono in mostra solo con tentativi un po' velleitari di Monfort e Rogers (5 per la squadra nel complesso).
Edvald Boasson Hagen - 4
Alla luce delle quotazioni del mattino, è la sorpresa più negativa di questa Milano-Sanremo. Era dato come uno dei grandi favoriti (anche da noi), se non il favorito principale, e invece s'è liquefatto sùbito, finendo poi a più di sei minuti dai primi. È un '87, ed anche se è un corridore di livello assoluto questo ha la sua importanza: il prossimo anno, quando avrà imparato a gestire la pressione di correre la Sanremo da capitano - e da favorito - se ne riparlerà in altri toni.
Daniele Bennati - 3
Alla luce di come si era messa la corsa, è la sorpresa più negativa del finale di questa Milano-Sanremo. Eccezionale fino al Poggio, momento in cui forse il profumo del traguardo gli ha fatto perdere un po' di brillantezza. La squadra - con Agnoli sul Capo Berta, Kreuziger sulla Cipressa e poi Pellizotti e Nibali - si è mossa benone. L'unica pecca è stato lasciare troppo solo Oss - che è sì forte, ma non è Mandrake - nel finale. Ma se l'aretino avesse avuto ancora energie, avrebbe lanciato un altro tipo di volata.