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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Jure Kocjan | Cicloweb

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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Jure Kocjan

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«Non è il caso che gli parli in inglese, capisce benissimo l'italiano! Jure, tu mi capisci in corsa quando ti parlo alla radiolina, sì? Ecco, e allora parlagli in italiano! Se a lui parli in inglese, a me in che lingua parli? Dài, te lo lascio, così vi fate una chiacchierata». Tanto bizzarro quanto spassoso il modo in cui il vulcanico napoletano Raffaele Ferrara ci presenta il compagno di squadra Jure Kocjan. Due mondi differenti nella stessa squadra, la Carmiooro NGC, di cui il giovane sloveno vestirà quest'anno la casacca per la seconda stagione. Se Ferrara è cresciuto all'ombra del Vesuvio, Kocjan è nato il 18 ottobre 1984 nella fredda e barocca Lubiana, adagiata in una pianura alluvionale e stretta tra il Carso e le Prealpi slovene. Jure è timido, pare quasi sorpreso quando concordiamo con lui un'intervista. In pochi secondi però il suo sguardo sgomento, quasi incredulo, fa posto ad un bel sorriso. Jure si passa una mano tra i capelli castani, beve un ultimo sorso dalla borraccia, si appoggia ad un muretto ed è pronto a raccontarci molto di sé. E, con buona pace di Ferrara, lo fa in inglese, perché «capisco l'italiano, so dire qualche frase semplice, ma di più non riesco ancora a fare».
Jure, partiamo dai tuoi inizi. Cosa ti ha spinto a scegliere la bicicletta e come hai iniziato?
«Ho iniziato gareggiando in mountain bike perché mi divertivo. Mi piaceva molto correre fuoristrada e se posso lo faccio ancora adesso, magari nel periodo invernale. Ho scelto la bicicletta per puro piacere personale. Nella mia famiglia non c'era nessuno che avesse praticato questo sport in passato, così ho iniziato io, ma solo per divertirmi. A 15 anni è anche comprensibile. Nel 2000 e nel 2001 ho corso con la BTC Bauer, una squadra di Lubiana. Nel 2003, però, dalla mountain bike sono passato alla bici da corsa».
Una sfida nuova?
«No, semplicemente ho capito che se avessi voluto emergere veramente non lo avrei potuto fare correndo con la mountain bike. Così ho iniziato a gareggiare su strada e fino ad ora ho sempre ottenuto risultati soddisfacenti, diciamo che mi è andata bene. Ad ogni modo, nel 2002 ho corso tra gli Juniores, mentre nel 2003 e nel 2004 ho gareggiato tra gli Under 23, sempre con la Radenska. Si tratta di una squadra slovena molto importante, con un gran vivaio».
Passo dopo passo, nel 2005 diventi un ciclista professionista.
«Esatto. Nel 2005 corro per la maggior parte gare in Slovenia o in Croazia. Inizio a rendermi bene conto che in Slovenia c'è un senso della competizione molto elevato. Un po' come in Italia, ma questo l'avrei scoperto soltanto dopo. In Slovenia ogni gara è corsa con il coltello tra i denti, il livello è estremamente alto, non per nulla dalla nostra nazione negli ultimi anni sono arrivati fior di talenti che stanno emergendo o sono già emersi. Penso a Valjavec e Brajkovic, ma anche a Bole, Spilak, Koren e Svab, soltanto per citarne alcuni. Non è stato facile emergere correndo ogni domenica contro questi ragazzi, ecco, però pian piano ce la sto facendo».
Nel 2008 il salto di qualità, vieni ingaggiato dalla Perutnina Ptuj.
«Da quando ho iniziato a correre mi sono sempre prefissato l'obiettivo di crescere pian piano, di migliorare anno dopo anno, senza forzature. Nel 2008 la Perutnina mi ingaggia e mi fa disputare corse di cui non avevo nemmeno mai sentito parlare. Mi portano alla Vuelta a Cuba, dove vinco due tappe, quindi andiamo in Cina, al Tour of Qinghai Lake».
Queste spedizioni ti hanno dato modo di conoscere un ciclismo diverso e di arricchire il tuo palmarès.
«A dire il vero ho sempre vinto abbastanza, soltanto da quando sono professionista ho ottenuto 9 vittorie. Tutte mi hanno lasciato qualche ricordo particolare, ma la migliore per me resta quella al Tour of Qinghai Lake 2008».
Ce la potresti racccontare?
«Era l'ottava tappa, una delle più dure dell'intera corsa. C'era solo un'asperità, ma era molto impegnativa. Dopo lo scollinamento venivano 30 km di discesa ed un circuito finale. Io tenni in salita e nel circuito il mio compagno di squadra, Kristjan Fajt, attaccò, seguito a ruota da Zagorodnyy. Guadagnarono parecchi secondi, io alla fine disputai la volata e la vinsi davanti a Jackson Rodríguez. In realtà pensavo di essere arrivato terzo, mentre scoprii che la mia volata era stata quella per la vittoria di tappa. Infatti Fajt e Zagorodnyy avevano sbagliato strada, male indicati da un'auto dell'organizzazione. Ebbi un bel po' di fortuna, ma la frazione era dura, la concorrenza molto agguerrita, eppure fu uno sprint in cui prevalsi facilmente. Per questo ricordo quella vittoria con particolare gioia».
A fine 2008 però che cosa succede?
«Era novembre, stavo per partire per le vacanze quando mi avvisano che la Perutnina avrebbe perso alcuni dei suoi sponsor principali e chiuso i battenti di lì a poco. Io avevo ancora un contratto con loro, ma mi vidi costretto a cercare una nuova squadra. E trovarla a novembre, come saprete, non è una delle cose più semplici al mondo... Mandai oltre cinquanta curriculum ad altrettante squadre. La ricerca non fu facile, fortunatamente dopo pochi giorni Lorenzo Di Silvestro mi propose l'accordo con la Carmiooro-A-Style. Il suo progetto mi piacque e firmai al volo. Un sacco di amici mi dissero che forse stavo sbagliando ad andare in una squadra così piccola. Ricevetti anche alcune offerte da team sloveni, ma volevo fare dei progressi e sentivo che la Carmiooro me l'avrebbe permesso. A distanza di un anno posso dire di aver fatto la scelta giusta. Sono molto maturato ed anche il roster 2010 mi sembra molto più forte rispetto a quello del 2009. Senza contare che mi trovo molto bene con i ragazzi, sembra di essere in famiglia ed ho un ottimo feeling con tutto il team».
Che tipo di corridore ti ritieni?
«Tengo bene in salita, reggo le lunghe distanze e mi difendo più che egregiamente nelle volate, meglio se ristrette».
Doti da finisseur, insomma.
«Non credo di aver capito bene cosa significhi finisseur...».
Per esempio, Bettini è stato anche un grande finisseur.
«Ah... Allora sì, come tipo di corridore sono come lui. Oddio, non proprio come lui, nel senso che quello che ha vinto Bettini io ancora me lo sogno, però conto di raggiungere grandi traguardi un giorno».
E per il 2010 quali sono i tuoi obiettivi?
«Vincere. Non è importante dove, ma è importante che giungano i risultati. A inizio stagione sono stato male, ho avuto la febbre alta. Quest'inverno è stato davvero freddo, non ha dato tregua e il malanno era sempre dietro l'angolo. Ad ogni modo penso di aver ottenuto dei buoni piazzamenti finora. Settimo a Laigueglia, secondo per un soffio al GP Lugano, decimo al Giro del Friuli. E se proprio devo scegliere una gara dove vorrei ben figurare dico la Milano-Sanremo. Vincerla sarà difficilissimo, ma sognare non costa nulla, no? La distanza è pazzesca, gli avversari saranno come al solito agguerritissimi. Ma non vedo perché rinunciare in partenza, visto che la nostra squadra ha avuto la fortuna di ricevere un invito. Se faremo un bel risultato potremo anche sperare di essere invitati al Giro d'Italia, che quest'anno mi piace parecchio. Punto ad arrivare al picco di forma per quel periodo, per maggio, e dopo tireremo le prime conclusioni».
Raccontaci: quando sei giù dal sellino che tipo sei?
«Sono un tipo tranquillo, credo di essere un ragazzo serio. Quando non sono alle corse ho tre parole che rivelano i miei interessi: Internet, amici e la mia ragazza. Ovviamente in ordine inverso...».
Un bel ragazzo come te spezza subito i sogni delle sue ammiratrici...
«Eh già. Infatti sono felicemente fidanzato con Tina. Stiamo insieme dal 2006».
Quando torni a casa come ti piace svagarti?
«Niente di particolare. D'inverno ritorno nella mia Lubiana, esco con gli amici, spesso andiamo in qualche locale e chiacchieriamo, oppure ci vediamo a casa di qualcuno. Quando non ci sono corse andiamo anche in discoteca... E poi passo più tempo che posso con Tina. Amo viaggiare e mi piacciono molto i posti caldi. Quest'inverno io e Tina siamo stati in Egitto, un posto veramente stupendo ed un'esperienza unica».
Hai avuto un corridore a cui ispirarti, o per il quale facevi il tifo?
«Sicuro, eccolo là. Si tratta di Andrej Hauptman, uno dei più forti corridori sloveni di sempre. Ha vinto una medaglia di bronzo ai Mondiali di Lisbona, è stato un corridore fortissimo. Nel 2006 ho avuto la fortuna di correre con lui nella Radenska, di cui poi è diventato direttore sportivo. Lui per me è un vero amico, mi ha dato un sacco di consigli su come allenarmi e su come approcciare tatticamente e mentalmente la corsa. Se sono migliorato con il passare degli anni lo devo molto a lui. Sì, ecco, se c'è qualcuno a cui mi ispiro questi è Hauptman».
Se non avessi fatto il ciclista che carriera avresti intrapreso?
«Davvero non ne ho idea! È da quando avevo 10 anni che volevo diventare uno sportivo professionista. Direi che il mio sogno è diventato realtà».

Francesco Sulas

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