La lunga caccia di Diana: 2a parte - La splendida carriera della lituana Ziliute: l'anno della Grande Boucle
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Nuovi obiettivi per il 1999 Ed è dunque con la maglia iridata addosso che Diana va in ritiro per la stagione 1999. In quella appena passata è stata la numero uno indiscussa delle corse in linea, dimostrando di saper vincere volate di gruppo, sprint ristretti e in solitaria, facendo suoi gli obiettivi prefissati ad inizio stagione. E allora perché non farsi intrigare da qualcos'altro, così, per rimettersi in discussione?
La ventitreenne Diana non ama adagiarsi sugli allori, ha bisogno, dopo una stagione così colma di successi, ma anche di stress, di cercare nuovi stimoli. Quel qualcosa di nuovo si chiama Tour de France, o meglio Grande Boucle, come è stata ribattezzata da un paio d'anni, teatro in passato di grandi duelli sulle salite leggendarie dell'omonima corsa maschile.
Grandi salite, appunto: ma Diana non era quella che le grandi salite le pativa più di qualunque altra cosa? Niente paura, su un giovane motore da fuoriclasse come il suo si può lavorare per esaltare certe caratteristiche piuttosto che altre. E allora, insieme ai tecnici, viene stilato un rigoroso programma d'allenamento che prevede tanta salita, ma così tanta che la tentazione di mollare tutto si è fatta viva in più di un'occasione. «Avrò perso 10 anni di vita in quei mesi - racconta tutt'ora - e non nascondo che più di qualche volta mi è capitato che mi mettessi a piangere per la fatica mentre affrontavo una salita».
Ci si mette di mezzo anche una broncopolmonite di inizio stagione che le permette di cominciare a correre solo ad aprile, alla Freccia Vallone. In maggio un paio di successi parziali al Giro del Trentino e, sempre da quelle parti, un mesetto dopo si aggiudica il Giro di Bolzano. I programmi non prevedono il Giro d'Italia ma piuttosto quel periodo viene dedicato a lunghi ritiri in altura per affinare la condizione.
Il sogno in giallo
A fine luglio c'è il classico appuntamento pre-Tour: il Giro di Turingia e in salita Diana dimostra già ottime cose, cedendo infine solo all'atleta di casa Kupfernagel, ma facendo suoi due traguardi parziali. Il grande momento è arrivato: l'otto agosto prende il via una Grande Boucle che una volta tanto pare sorridere più alle passiste scalatrici che alle grimpeuse pure, alla Luperini, per intendersi. È la pisana stessa, alla vigilia, a mettere le mani avanti, dopo un Giro che per la prima volta dal '95 non l'ha vista vittoriosa e per di più le ha lasciato in ricordo una bella botta sul costato: «Le salite diranno chi tra me, Cappellotto e Sundsted sarà la leader della Gas Sport, certo è che con questo percorso nemmeno se fossi al 1000% riuscirei a combinare granché. Il mio obiettivo primario è il Mondiale di Verona» ammetteva con la sua tipica vena polemica. Chi invece al Giro ha dominato in lungo e in largo, monopolizzando il podio finale, è stata l'Alfa Lum del trio Somarriba-Bubnenkova-Veronesi, mentre l'Acca Due O-Lorena diretta da Marino Amadori parte da Pornic con il dorsale numero uno di Edita Pucinskaite, trionfatrice 12 mesi prima e quarta al Giro. Diana sarà la seconda punta, con una certa libertà di agire se le cose avessero preso una determinata piega, con Bonanomi, Pregnolato, Urbonaite e l'americana Holden a fare da gregarie di lusso.
Si parte con tre tappe semplici, la prima e la terza firmate da Ina Teutenberg, mentre nella seconda solo una Greta Zocca in versione super nega il successo a Diana.
I Pirenei
Nella quarta frazione cominciano le difficoltà, c'è da affrontare il difficile Col de Marie Blanque posto a una ventina di chilometri dal traguardo. Chi fa il diavolo a quattro in salita è la sammarinese Veronesi che, tra le prime, manda gambe all'aria la sue compagna Somarriba. L'unica a resistere all'atleta Alfa Lum è la Pucinskaite, ma in discesa la coppia viene raggiunta da Diana in compagnia della russa Polkhanova e dell'altra lituana Rasa Polikeviciute. E sono appunto le tre lituane a giocarsi il podio di giornata con Diana che sfrutta il suo maggior spunto in volata (e la superiorità numerica dell'Acca Due O) e va a prendersi la sua prima tappa (con annessa maglia gialla) in questo Tour. «Mi dispiace solo di aver fatto la figura dell'egoista - racconterà effettivamente un po' contrariata - sul traguardo avrei dovuto lasciare passare Edita che ha fatto un lavoro meraviglioso per me. Mi sono girata troppo tardi, però, e a quel punto avremmo rischiato di farci rimontare. Ad ogni modo, sono felice per la squadra che ha controllato la tappa in modo esemplare. Il Tour, comunque, è ancora lungo e sono felice che ci sia Edita dietro di me: è una garanzia in più che la maglia oro resti in squadra». Chi ci rimette le penne è un'apatica Luperini (scivolerà ad oltre 4' nella generale) che già aveva perso qualche secondo qua e là nei giorni precendenti ma l'intera Gas Sport non figura bene al cospetto dei primi Pirenei. Della corazzata Alfa Lum, invece, la sola Veronesi dà ottimi segnali, mentre Bubnenkova paga 1' e Somarriba oltre 2'30": Tour fortemente compromesso anche per le prime due del Giro d'Italia.
Manco il tempo di rifiatare ed ecco il secondo tappone pirenaico. Questa volta a far da giudici negli ultimi 50 km saranno Aspin e Val Louron. Il gruppo, fortemente scremato dalla prima ascesa, esplode sulla seconda sotto le potenti progressioni della russa Polkhanova: solo Diana non molla di un metro la sua ruota e finisce per regalarle il successo di tappa, ma senza perdere alcun secondo, nonostante un dritto fuori programma in discesa. A mezzo minuto arriva la coppia Alfa-Lum Veronesi-Somarriba, a uno la Pucinskaite, a più di due tutte le altre, con la Luperini che naufraga a oltre dieci. La sensazione è che sarà proprio la potente russa, ora a soli 13", l'avversaria principale da cui difendersi.
La grande paura sul Ventoux Un paio di semitappe e poi è tempo di Mont Ventoux (l'arrivo non sarà in cima ma ai suoi piedi, a Valréas), un'occasione ghiottissima per le rivali per recuperare terreno, anche in vista delle crono che - ormai lo sanno pure le pietre - sono terreno su cui Diana verosimilmente bastonerà le avversarie.
Ma la storia comincia ad assumere contorni drammatici quando all'imbocco del monte calvo, un'auto dell'organizzazione inavvertitamente investe Diana. Attimi di panico: il dolore è fortissimo, ma in fin dei conti non sembra niente di grave. La bici, però, è da buttare e per fortuna Gabriella Pregnolato è lì e può passarle la sua. Ma è troppo grande, non va bene, bisogna mettere ancora piede a terra e aspettare l'ammiraglia che avrà quella di scorta.
Intanto la Polkhanova non sta a guardare e attacca a testa bassa, staccando tutte e riprendendo una per volta le 19 fuggitive di giornata, mentre Diana, trovata per strada Sant'Edita Pucinskaite, con lei raggiungeva un ottimo terzetto composto da Somarriba, Veronesi e Iolanta Polikeviciute, a cui si accodava poi anche la Bubnenkova.
Sul Ventoux il distacco è superiore al minuto e mezzo ma in sei contro una, e con le sei tutte interessate a collaborare, i 90" volano via in un attimo e, col beneplacito della maglia gialla, è la Bouba a far sua la tappa. Pericolo scampato!
La certezza del trionfo
A dare un po' di respiro alla leader della classifica ci pensa la cronometro: i 34 km, come da pronostico, non lasciano scampo alle avversarie. I distacchi si contano con la clessidra, Polkhanova limita i danni a 1'06", mentre per le altre è notte fonda. «Il Tour non è finito ma al contrario della Polkhanova io posso contare su una grande squadra» dichiara Diana, ma la sola salita di Vaujany è obiettivamente troppo corta per poter far pensare a sconvolgimenti in classifica, specie se si butta un occhio più in là, alla seconda crono che sposta in maniera netta l'ago della bilancia a favore della lituana. Ma la russa è un cagnaccio e il pensiero di portare Diana in carrozza a Parigi non la sfiora nemmeno per un attimo. Sulla salita alpina attacca a ripetizione e Diana deve cedere il passo, forse accusando anche più del dovuto il precedente giorno di riposo. Ma tutto sommato limita bene i danni e si ritrova, alla fine delle salite, a difendere ancora 47".
La crono di Châteaudun non offre sorprese e regala il terzo successo parziale a Diana che due giorni più tardi sfilerà a Parigi in maglia gialla, mentre Edita Pucinskaite salirà sul gradino più basso del podio.
Il bronzo mondiale Con in saccoccia la regina delle corse a tappe, la stagione della maglia iridata è già ampiamente positiva, ma c'è appunto il titolo mondiale da difendere a Verona, a quattro passi dalla residenza italiana di Cornuda.
La nazionale lituana, ancora una volta, è fortissima e ha in Diana ed Edita due frecce acuminate di cui nessun'altra nazionale può disporre. E sulla salita delle Torricelle un'indemoniata Pucinskaite si scrolla di dosso tutte le avversarie e, virtualmente, pareggia il conto con la compagna di club e di nazionale: un Mondiale ed un Tour a testa. A pensarci bene, la bilancia pende ancora leggermente dal lato di Edita, ma la disparità dura l'arco di 18", quanto basta a Diana per cogliere il bronzo (alle spalle dell'australiana Wilson) che fa il paio con quello colombiano della compagna.
E proprio qui le loro strade si dividono, di lì a poco Edita cederà alle lusinghe dell'Alfa Lum per la quale correrà nelle stagioni 2000 e 2001, mentre quello stesso inverno, alla corte di Diana, arriveranno altre due forti lituane, le gemelle Polikeviciute.