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Quella sua eccezionale umanità - Disponibile, sorridente, luminoso: Ballerini

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Si dice sempre che chi informa deve tenere il tono e l'occhio distaccati dall'evento di cui scrive. Si dice anche che non è consigliabile scrivere basandosi sulle emozioni del momento e sulle lacrime che scendono.
Franco Ballerini è morto.
Sì, è morto. L'ho letto stamattina accendendo il computer. La telefonata persa di un collega sul cellulare avrebbe dovuto farmi capire che era successo qualcosa di importante e - vista l'ora - di poco gradevole.
«È proprio un gran figo»: si scherzava ieri a Donoratico con l'amico fotografo, guardando da lontano il ct dell'Italia, a colloquio con Bettini e Nocentini. Franco lo era davvero, e sapeva di esserlo, con quel ciuffo e quelle basette sempre curate alla perfezione. Ma il vero essere "figo" di Franco non era l'estetica: era l'umanità, era la disponibilità.
Il primo ricordo personale risale al Giro del Lazio 2004: l'arrivo a Nettuno, nella "mia" Nettuno, non me lo posso di certo perdere, e mi piazzo circa 100 metri dopo il traguardo, ché la volata voglio vedermela tutta. Ben prima dell'arrivo, già sul posto con gli amici per assicurarci i posti migliori, c'è un signore che passeggia senza un'apparente finalità. È Franco Ballerini, il ct della Nazionale italiana. La gente di Nettuno però non è ciclofila, e non lo saluta. «Ciao Franco!», gli faccio io da semplice spettatore appassionato. «Ciao!», mi risponde lui, mentre si avvicina alla transenna per scambiare qualche chiacchiera con me, su Celestino e su Bartoli, sul Mondiale di Verona e quanto fosse bello aver trovato al Giro di pochi mesi prima un corridore giovane e vincente come Damiano Cunego. A fine chiacchierata, sembrava più contento di me.
Da quel primo contatto all'ultimo saluto di ieri di strada ne è passata tanta. E anche di tempo. Agosto 2004, febbraio 2010. Possono succedere un'infinità di cose in cinque anni e mezzo.
Può succedere che quell'appassionato inizi a scrivere su un sito di ciclismo - questo - e inizi ad incontrare Ballerini non più al di là di una transenna, ma sullo stesso lembo d'asfalto e con un pass simile al collo. Franco ha memoria, ti riconosce. Saluta e stringe la mano con lo stesso «Ciao!» di qualche mese prima. Non ti dice niente, però, ma sa che sta salutando quello stesso ragazzo che a Nettuno lo chiamò da dietro una transenna.
La "disfatta" mondiale di Madrid 2005 mi "costringe" ad un voto impietoso per il ct azzurro nelle pagelle di fine corsa: 3. Fui anche esagerato, chiedendo - pensavo retoricamente - a fine giudizio, allo stesso Ballerini, se fosse davvero sicuro di essere l'uomo giusto per la guida dell'Italia. Non vi dico la sorpresa quando qualche mese dopo, in quella stessa Donoratico dove ieri gli ho stretto la mano per l'ultima volta, salutandolo mi disse: «Ho visto che dopo il Mondiale mi hai messo 3, eh?». «Sì, cittì, ma senza rancore», gli risposi forse balbettando e sicuramente non chiamandolo per nome, quasi a voler prendere un po' di distanza - pensando fosse necessario - da chi invece stava creando un ulteriore punto di contatto.
Al Tour 2006 pensai di contattarlo per proporgli una rubrica. Gli altri ragazzi del sito si dissero d'accordo e feci la prima telefonata. «Accetto senz'altro, mi farà piacere commentare questo Tour de France», fu la sua risposta. Per il timore di disturbarlo troppo, gli proposi di sentirci ogni cinque giorni: ne uscirono quattro puntate dense di spunti tecnici e con un occhio particolare verso i corridori italiani, ma non solo.
Al Giro del Lazio di quell'anno - a Rocca Priora e non più a Nettuno, però - lo avvicinai di nuovo, lo salutai come sempre e gli chiesi se avesse capito che ero io il ragazzo di Cicloweb che lo chiamava durante il Tour. «Certo, certo, anzi: mi sono divertito, quando vuoi si può rifare senza problemi», fu la sua - sempre sorridente - risposta. A quel punto, in un attimo di egocentrismo, mi lanciai: «Franco, ma si ricorda che due anni fa ci salutammo a Nettuno al di là di una transenna?». «Certo! Anche perché quel giorno mi fermasti solo tu...». Da quel "tu" in poi, la cortesia del "lei" lasciò spazio ad un tono sicuramente più amichevole e confidenziale.
Il resto della storia ve lo risparmio e me lo risparmio, ché ricordare tutte le chiacchiere con Ballerini è anche un esercizio vagamente sadico di cui faccio volentieri a meno. Ho scritto questo pezzo perché c'è modo e modo di svegliarsi la domenica mattina, e quello di oggi è stato davvero pessimo. Ci si stupisce sempre di quanto la morte di determinate persone - vicine ma non vicinissime - possa far star male.
Oggi è un brutto giorno per tutti, oggi è un brutto giorno per il ciclismo.
Franco Ballerini è morto. E noi possiamo solo piangerlo e ricordarlo.

Mario Casaldi

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