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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Bernardo Riccio | Cicloweb

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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Bernardo Riccio

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La cadenza napoletana è ben marcata nella voce di Bernardo Riccio, corridore campano nato, il 21 marzo 1985 a Caserta (ma tiene a precisare «sono cresciuto a Napoli»). Passato stagista in maglia Tinkoff dall'agosto 2007, il giovane velocista riccioluto diventa professionista nel 2008, sempre nella formazione russa. Dopo un anno sfortunato alla Ceramica Flaminia–Bossini Docce è da poco approdato ala squadra diretta da Floriano Torresi, la Centri della Calzatura–Cavaliere. E per il 2010 Bernardo vuol far vedere a tutti di che pasta è fatto davvero.
Ciao Bernardo. Come stai trascorrendo questo periodo della stagione ciclistica in cui di solito ci si riposa?
«Mi sto riposando, per l'appunto. Sto dedicando questi giorni di novembre al relax. Perciò vado in piscina, così tengo anche il cuore allenato e, tempo permettendo, faccio qualche sgambata in bici, senza esagerare. E poi la mente è già proiettata verso il 2010...».
Per adesso teniamola ancora un po' al 2009. Non diciamo un'eresia se affermiamo che quest'anno è stato deludente, prima di tutto forse proprio per te stesso.
«Sì, tirando le somme a fine stagione è proprio così. Quest'anno per me è stato al di sotto di tutte le attese, specie dopo un 2008 alla Tinkoff in cui avevo ottenuto vari piazzamenti nei 5 e soprattutto la mia prima vittoria da professionista, colta nella terza tappa della Clásica de Alcobendas. Quest'anno, con un anno di esperienza in più, speravo di ottenere risultati ancora migliori, ma questo 2009 si è rivelato non troppo felice. La mononucleosi mi ha tenuto fermo due mesi. Da aprile a metà luglio sono stato inattivo e così sono riuscito ad andare forte soltanto al Giro dell'Austria, al Giro del Belgio ed al Brixia, dove ho ottenuto diversi buoni piazzamenti. Invece al Giro di Danimarca tutta la squadra ha dovuto correre per l'uomo di classifica, Maurizio Biondo, che ha concluso la corsa a tappe sul secondo gradino del podio. Poi da lì la mia stagione è andata un po' in calando, non ero competitivo in molte occasioni e, a dirla tutta, pensavo più a trovare una squadra per il 2010».
E alla fine l'hai trovata ai primi di ottobre accasandoti alla Centri della Calzatura-Cavaliere. Ma come ti spieghi tanta difficoltà a trovare squadra per un giovane promettente a talentuoso come te?
«Le squadre negli ultimi anni sono alle strette a livello di budget, così si cerca di prendere il giovane che faccia subito risultato. Prendi la Liquigas. È una squadra con un budget notevole. Ha la possibilità di avere un giovane e concedergli un anno o due di rodaggio, ma se lo può permettere. Una squadra minore, invece, può esibire durante l'arco della stagione tutti i talenti che vuole, ma alla fine ci sono anche dei bilanci da far quadrare. Così capita che la Ceramica Flaminia-Bossini Docce scelga altri al posto mio, e ci sta. Dovevo andare più forte e senza la mononucleosi l'avrei fatto di sicuro. Quel che è più strano, invece, è la difficoltà di tante squadre di concederti una possibilità».
In che senso?
«Vedi, io cerco squadra da alcuni mesi accompagnato dal mio procuratore, Paolo Alberati. Molte squadre sono state disposte a trattare, a dialogare, poi però non si è fatto nulla. Ho avuto contatti con AG2R La Mondiale, Omega Pharm-Lotto e Quick Step perché volevo andar via dall'Italia. Dopo 15 giorni di contatti non s'è concluso nulla. Anche l'Acqua&Sapone è stata a parlare con noi fin quasi ad ottobre, ma alla fine l'unica proposta concreta è stata quella della Centri della Calzature-Cavaliere».
Strano il tuo percorso: dagli esordi con tanto di vittoria alla Tinkoff Credit Systems passi alla Centri della Calzatura-Cavaliere. Strano specie se consideriamo la tua giovane età.
«Io in realtà sono un giovane che... non si sente così tanto giovane. Al primo anno alla Tinkoff venivo da un 2007 tra gli Under 23 in cui avevo ottenuto ben 14 vittorie. Dopo il primo anno ho voluto rischiare ed ho puntato troppo in alto. Infatti quando il team russo ha cambiato gestione ed è diventato Katusha mi era stato offerto un contratto biennale che rifiutai. Pensavo che correndo nella Ceramica Flaminia avrei avuto più spazio per me e che per un giovane sarebbe stato meglio correre in una formazione di fascia media per mettersi in mostra e poi fare il grande salto e passare ad un team di prima fascia. Anche perché la Ceramica Flaminia, a differenza della Tinkoff, ha corso solo il calendario italiano. Una Pro Tour invece corre su più fronti. Prendendo parte ad un numero ridotto di gare ed essendo colpito dalla mononucleosi proprio nella parte di stagione, a me più congeniale, non ho avuto modo di sfruttare i tempi in maniera corretta».
Come sarà il tuo 2010?
«Duro, molto duro: Dovrò farmi valere e sarà una sorta di rivincita per me. È una sfida da un lato complicata, ma dall'altro molto stimolante».
Facciamo un passo indietro di un bel po' di anni. Come è nata la tua passione per il ciclismo?
«È nata per caso. Avevo sette anni ed all'Epifania mi venne regalata una bicicletta. Da lì in poi è nata la mia passione per il ciclismo e la bici non l'ho più lasciata. Ho iniziato a prendere parte alle prime corse e quando ho visto che vincevo ci ho preso sempre più gusto. Ma soprattutto correvo e stavo bene, incontravo gli amici alle gare, mi divertivo e piano piano sono arrivato tra i professionisti».
Il fatto che tu sia di Napoli non ti avrà facilitato nella pratica del ciclismo a livello agonistico.
«No, certo, la Campania non è il luogo ideale per un ragazzo che voglia imparare a correre. Soltanto il traffico napoletano è un impedimento non da poco. Sia io che gli altri atleti del sud Italia siamo molto dispiaciuti. Noi campani, ad esempio, vorremmo che la nostra regione potesse dare un'opportunità ai giovani che coltivano la passione per il ciclismo, restando però vicini ai propri familiari, ma ora come ora è impossibile. Di squadre ce ne sono eh, ma arrivano fino agli Juniores, e nemmeno tutte. Se vuoi andare in bici sul serio devi emigrare. È quello che ho fatto, perché da quando sono passato negli Juniores mi sono dovuto trasferire a Pistoia ed ora a Santa Maria a Monte, vicino a Pisa».
Ciclisticamente parlando, quali sono le differenze più marcate che hai notato tra il nord ed il sud?
«Vedete, al sud ogni gara è vissuta come una festa di paese, una bella "girata" insieme agli amici, ed i risultati che vengono sono tutto di guadagnato. Al nord invece il ciclismo è più incentrato sull'aspetto agonistico fin dalle categorie minori. Si va alla corsa non per divertirsi e fare esperienza, ma solo per fare risultato. Cioè vincere».
Tra gli Under 23 hai corso i primi tre anni con il Pedale Larigiano di Pisa, cogliendo molti piazzamenti e 6 vittorie. Al quarto anno sei passato alla Filmop di Mirko Rossato. Come hai vissuto quegli anni?
«Bene, benissimo, specialmente l'ultimo in cui ho ottenuto 14 vittorie, un piccolo record. Rossato per me è il miglior allenatore in circolazione tra i dilettanti e penso che i suoi risultati parlino da soli. Mirko capisce il corridore e lo sa gestire, sa quando premere affinché un corridore dia di più e quando non forzare la mano. Con lui i corridori si sentono bene ed io mi sono quasi sentito a casa, nonostante la lontananza della famiglia e degli amici».
Quali erano i tuoi avversarii più tosti tra gli Under 23?
«Sicuramente Merlo e Guarnieri sono quelli che mi hanno dato più filo da torcere e ci si è divertiti molto. Direi che loro due sono gli amici-nemici di tante belle battaglie».
Nel 2007 lo stage alla Tinkoff Credit Systems e da gennaio 2008 l'ingresso vero e proprio tra i pro'. Com'è stato il primo impatto col mondo professionistico?
«Il primo impatto con il mondo professionistico forse l'ho avuto quest'anno. Ricordo che alla Coppa Bernocchi del 2007 – allora ero ancora stagista – guardavo i camper delle squadre dalla camera d'albergo e non ci credevo che tutto ciò stava accadendo proprio a me. Era un sogno diventato realtà ed il 2008 l'ho vissuto cavalcando l'onda di quel sogno. Quest'anno ho capito invece che il mondo professionistico è un mondo in cui nulla va lasciato al caso perché tutto ciò che è lasciato è perso, e se lo perdi lo dovrai pagare con gli interessi. Tutto va preparato a puntino».
Quali sono i tuoi amici in gruppo?
«Amici in gruppo ne ho tanti. Da Bennati a Sabatini, con il quale ho corso insieme tra i dilettanti, nel Pedale Larigiano, senza dimenticare Napo (Danilo Napolitano, ndr), Alessandro Ballan e Gabriele Balducci, che ha smesso di gareggiare l'anno scorso ma continua a darmi consigli ed è un amico vero».
Ed invece chi sono i tuoi modelli?
«Il mio modello, ma più che un modello è un vero e proprio mito, è Mario Cipollini. Mi dispiace per gli altri velocisti ma lui è stato il migliore di sempre. Ancora adesso se riguardo le sue volate mi viene la pelle d'oca!».
Tu sei un velocista puro, giusto?
«Esattamente, mi definirei uno sprinter puro».
Però mi risulta che ti stuzzichino molto le classiche del Nord, hai partecipato addirittura al primo anno da pro ad una Parigi-Roubaix. Cosa ti piace di quel ciclismo?
«Ora che ripenso a quella Parigi-Roubaix corsa da esordiente mi vengono i brividi. È una corsa speciale in tutti i sensi. Ricordo che ero in soglia già alla partenza: quel clima, quelle case, il count down con una musica tipo quella del "Gladiatore". Ero già finito prima di partire. Prima del via arriva Napolitano, che mi chiede se corressi con un solo paio di guanti ed io risposi: «Sì, perché?», e lui: «Me lo spieghi al terzo tratto il perché...». Quando abbiamo iniziato ad affrontare i tratti in pavé avevo un dolore alle mani ed a tutto il corpo che non so descrivere. Però andavo e non capivo più niente da quanto ero felice. Oddio, andavo... ci ho provato ad andare, ma purtroppo non l'ho portata a termine, quella Roubaix».
Per un esordiente è stato un assaggio mica male con l'Inferno del Nord...
«È stato un assaggio da una parte dolce e dall'altra amaro. A livello di sofferenza in bici la Parigi-Roubaix è una delle corse più dure che esistano. Quel pavé non è come quello che abbiamo qui in Italia. Su quei tratti ci puoi andare in mountain bike, ma con una bici da corsa è durissima. Da lì ho capito il vero valore di quelli che ogni anno si giocano la vittoria. Da casa non rende bene la durezza ma passando su quelle strade ti chiedi: "Ma i primi come fanno?". Secondo me, i belgi ci dormono sul pavé. Loro al posto del materasso hanno una lastra di pavé. Non nascondo che mi piacerebbe andare a correre in Belgio, oltre che essere un velocista mi piacciono anche queste corse».
Ed invece la tua corsa dei sogni?
«Sicuramente la Milano-Sanremo; è una corsa affascinante, bene o male ogni anno qualcosa di interessante succede e poi è tagliata per noi velocisti. Anche i Mondiali mi piacerebbero, però Mondiali per velocisti non ce ne sono molti. Inoltre capisco di essere giovane e non ancora all'altezza di certi nomi, ma chissà che tra qualche anno non possa essere là a giocarmi una volata per l'iride, magari con i miei amici Merlo e Guarnieri. Mai dire mai...».
Come ami svagarti nei pochi momenti in cui non ti alleni o non corri?
«Molti mi dicono che sono un napoletano atipico. Spesso il napoletano è dipinto come un giocherellone, io amo passare tante mie giornate libere con gli amici, ma se c'è qualche problema o qualcosa che devo capire preferisco stare da solo».
E quali sono i tuoi hobby?
«In generale lo sport. Oltre al ciclismo infatti pratico il nuoto, poi ho giocato un po' a calcetto. Insomma, senza lo sport proprio non ci so stare. Inoltre sono un appassionato di motori».
Ti vedremo gareggiare in futuro in un rally o in una gara di motocross?
«Per adesso non credo perché mi sto dedicando anima e corpo al ciclismo. Se metto le basi per il presente, magari in futuro potrei farci un pensierino. A me più che altro i motori piace capirli, leggerli su riviste come "Al volante" o "In sella" e capire come funziona una macchina, senza fermarmi al lato estetico del mezzo».
Parli di estetica e siccome sei un bel ragazzo la domanda sorge spontanea: fidanzato o single?
«Fidanzato da tre anni con Imma, che però vive a Napoli e così ci alterniamo negli spostamenti per poterci vedere. A volte sale lei a Pisa, altre scendo io a Napoli».
Anche nell'ottica di un rapporto di coppia è pesante per te fare "la vita"?
«Noi ragazzi di Napoli siamo cresciuti in fretta e non è che ci siamo tolti tanti sfizi. Abbiamo subito cercato di concretizzare. Ora perciò mi sento maturo sia per il mio lavoro che per un rapporto di coppia duraturo. Ma non bisogna mai perdere di vista l'obiettivo principale. Quando sia io che Imma ci saremo tolti qualche soddisfazione, magari potremo permetterci di divertirci e levarci qualche sfizio, ma per ora c'è da lavorare sodo».
Una curiosità: se non avessi fatto il ciclista cosa saresti oggi? Un delinquente, secondo la famosa teoria di Antonio Cassano?
«(ride) Se in questo momento non fossi in bici mi sa tanto di sì. Ad oggi, infatti, non ho altri obiettivi se non fare bene il mio mestiere. E ci sono anche periodi come quello appena trascorso in cui non trovi una squadra e ti chiedi: "Ma se io non corro più in bici, che faccio?". Poi, per fortuna, esci da questa situazione di stallo. Però io so andare in bici e basta, questa è la verità».

Francesco Sulas

 

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