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Ed il poker lo fa Gilbert - Anche Sánchez si arrende al belga

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Chissà se se li era immaginati proprio così, questi dieci giorni di ottobre, Philippe Gilbert, dopo il Mondiale di Mendrisio. Un appuntamento, quello svizzero, a cui il belga era arrivato da favorito ma non troppo, anche alla luce di una Vuelta a España in cui si era sì messo in luce, ma durante la quale aveva mostrato ancora alcune grosse pecche (la tappa di Ávila è la fotografia perfetta) che costringevano la mente a ricordare l'attacco un po' avventato alla Liegi (poi chiusa al 4° posto) e i tentativi sul Poggio in un paio di edizioni della Milano-Sanremo che poi gli erano valsi davvero poco (3° nel 2008) ai fini del risultato finale.
Anche se poi il corridore vallone della Silence-Lotto nel palmarès, fino al 7 ottobre 2009, aveva comunque una Parigi-Tours, due Het Volk, un GP de Fourmies (corse vinte in maglia Française des Jeux) ed una tappa - quella di Anagni di quest'anno - al Giro d'Italia: mica robetta.
Però a 27 anni ce lo si aspetta sempre, da un corridore di questo talento, il vero salto di qualità. E la sua traduzione, per un ciclista adatto alle corse di un giorno, è senz'altro la vittoria in una classica Monumento. Del 3° posto alla Sanremo (dietro a Cancellara e Pozzato) di un anno fa abbiamo già detto; a questo piazzamento vanno sommati il 3° posto al Fiandre ed il 4° all'Amstel Gold Race ed alla Liegi-Bastogne-Liegi di questo 2009. Non sono vittorie, certo, ma hanno rappresentato il segnale di un cambiamento non di poco conto. Dal pavé dell'Het Volk a quello del Fiandre ci passa una carriera intera, e le côte del Limburgo e della Vallonia non perdonano chi non ha occhio e tattica, oltre a gambe e scatto fulminante.
Ed anche fino ad oggi, suvvia, chi ha davvero pensato che le pur bellissime vittorie alla Coppa Sabatini, a Tours (doppietta dopo un finale al cardiopalma) e Giro del Piemonte, pur celebrate col giusto entusiasmo e riconoscimento - anche su queste pagine - potessero davvero rappresentare la svolta nella carriera di Gilbert? Nessuno, anche se mai come oggi, mai come alla partenza di Varese per questa 103esima edizione del Giro di Lombardia, il fenomenale Philippe poteva vantare - grazie al già citato hat-trick - tantissimi favori del pronostico.
Favori che divideva col compagno di squadra, il campione del mondo Cadel Evans (decisivo alla Sabatini, 4° all'Emilia), ed il doppio vincitore uscente Damiano Cunego, che cercava il poker in quel di Como dopo aver vinto anche l'edizione 2004. Ma non solo loro: da Kolobnev a Joaquím Rodríguez (il podio di Mendrisio), da Samuel Sánchez a Basso, da Vinokourov a Gesink (vincitore sul San Luca), erano tanti gli avversari da cui guardarsi e da tenere d'occhio.

Roche promuove la fuga del mattino
È al km 45, promossa dal campione irlandese Roche, che parte la fuga del mattino: con il figlio di Stephene, portacolori dell'AG2R La Mondiale, ci sono il russo Klimov ed il bresciano Velo. Dopo qualche chilometro si unisce al terzetto anche l'olandese Honig (5° al Piemonte due giorni fa) ed i quattro arrivano a guadagnare fino a 9'14": nessuno tra questi, difatti, ha un capitano sulla carta pericoloso (Pozzato non è partito per un attacco febbrile) e il gruppo non è preoccupato. Al km 85, però, la loro corsa diventa tutta in salita.
Ai piedi del Ghisallo (km 183) i quattro battistrada hanno appena un minuto da amministrare sul plotone tirato da Mauro Da Dalto. Cunego quindi ci crede e la Lampre-NGC (con Saxo Bank e Française des Jeux) lavora affinché l'obiettivo del proprio capitano venga raggiunto.

Hoogerland doma il Ghisallo
L'abbiamo iniziato ad apprezzare alla Vuelta ed abbiamo avuto modo di vederlo in azione anche al Mondiale, con quello scatto per riprendere Vinokourov sull'Acqua Fresca all'ultimo giro: stiamo parlando di Johnny Hoogerland, 26enne olandese della Vacansoleil (che sfrutta per poco la presenza di Honig davanti), che è il primo ad accelerare sul Ghisallo. Mancano 52 km all'arrivo e il buon Johnny salta di netto Roche, che nel frattempo s'era liberato della compagnia degli altri battistrada, e s'invola tutto solo verso il Santuario.
A Civenna è ancora la Lampre in testa al gruppo, con Santambrogio e Ballan a scandire il passo. Manca ancora molto all'arrivo, quindi Ballan crea il buco per il compagno di squadra ed il comasco può lanciarsi alla caccia di Hoogerland, che passa con 32" di vantaggio sullo stesso Santambrogio, seguito da Carrara (compagno di squadra dell'uomo in testa), Daniel Martin (cugino del Roche appena ripreso) e Devenyns, che poi in discesa riprendono Hoogerland ed a loro volta si fanno riprendere da Larsson (meno 42 km all'arrivo).

Evans si muove sul Civiglio
Ai piedi del Civiglio i sei di testa arrivano a guadagnare fino a 48" sul gruppo, tirato sempre timidamente da Caisse d'Epargne, Rabobank, Euskaltel-Euskadi e Liquigas-Doimo.
Tra i fuggitivi il primo a muoversi è Carrara, ma gli altri non gli lasciano spazio. Nel gruppo, invece, una scivolata di Mollema crea un mini-buco grazie al quale Cunego e Gilbert si avvantaggiano di pochissimo sul resto dei favoriti.
A poco più di 20 km all'arrivo, col vantaggio stabile intorno ai 45", è Cadel Evans in persona a dare una sgasata, riprendendo con quattro pedalate Alberto Fernández (che aveva allungato poco prima) e dando così una bella scremata al gruppetto dei migliori: col campione del mondo rimangono Cunego, Gilbert, Kolobnev, lo stesso Carrara, Samuel Sánchez, Basso, Bertagnolli, Paolini, Vinokourov e pochi altri. Poi è proprio l'asturiano, con Gilbert ed Uran alle calcagna, ad avvantaggiarsi di qualche metro prima dell'inizio della discesa.
Intanto tra i fuggitivi Hoogerland (con la casacca aperta per permettere alle telecamere di inquadrare la scritta "È per te VDB" dipinta sul sotto maglia) non riusciva a star fermo, ma Santambrogio era bravo a braccarlo da vicino, mentre Devenyns, Martin e Larsson pativano il ritmo impresso dall'olandese in salita. In discesa invece le carte si mischiano completamente, perché Santambrogio è bravissimo a scavare metri tra sé ed Hoogerland, mentre Larsson è addirittura eccezionale nello staccare il belga e l'irlandese e riportarsi sul comasco a 12 km dalla conclusione.

La classe di Vinokourov
Un anno fa di questi tempi ci fregammo le mani per applaudire il ritorno con 3° posto di Ivan Basso alla Japan Cup dopo un anno e mezzo di assenza dalle competizioni. Che dovremmo fare allora per Vinokourov, più vecchio del varesino e per più tempo lontano dalle corse che contano (2 anni), e capace di rientrare con una competitività (tappa al Tour de l'Ain, campione asiatico a cronometro, 2° nel Campionato asiatico in linea, tre top 15 alla Vuelta a España, 8° al Mondiale a cronometro, all'attacco durante l'ultimo giro del Mondiale in linea, 5° al Giro dell'Emilia, 7° oggi) ed una grinta da far invidia a molti neopro'?
Probabilmente ogni parola è superflua: bisogna applaudirlo e basta. Anzi, applaudirlo e maledire. Maledire chi non ci ha permesso di gustarci questo corridore per due lunghissimi anni, povero ciclismo.
Torniamo alla cronaca, però; ai meno 10 dall'arrivo il kazako s'è prodotto in un allungo in pianura che gli ha permesso di riportarsi su Larsson e Santambrogio ed approcciare così il San Fermo della Battaglia in testa, seppur la presenza di Zaugg e Fuglsang poco dietro non lasciasse presagire niente di buono.

La rasoiata di Philippe Gilbert
Vinokourov non si tiene ed appena la strada torna a salire, parte. Larsson s'arrende, Santambrogio resiste. Fuglsang molla Zaugg e si riporta sul duo di testa; appena arriva, dà un'altra accelerata e stavolta Santambrogio soffre. Una nuova progressione del danese costringe il comasco alla resa.
Dietro il gruppo è tirato da Evans che evidentemente, resosi conto di non essere in grado di fare la differenza, si sta mettendo al servizio del compagno di squadra Gilbert, sin dal Ghisallo costantemente nelle prime posizioni del gruppo. Terminato il lavoro dell'iridato è Gesink a dare impulso agli inseguitori, poi è lo scatto di Cunego, seguito da Gilbert, Kolobnev, Basso ed Uran a ricompattare i primi contrattaccanti al duo di testa.
Siamo a meno di 6 km dalla conclusione ed è proprio in quel momento, sfruttando quell'attimo in cui il gruppo si allarga per guardarsi e fare la conta dei presenti dopo aver ripreso i fuggitivi, che Philippe Gilbert si produce nello scatto decisivo. Il più lesto a capire il pericolo dell'azione è Samuel Sánchez, con Horner a ruota, ma poi l'americano deve arrendersi al ritmo dell'asturiano, che tutto solo si riporta sul vallone appena prima dello scollinamento.

La volata a due premia l'atleta Silence-Lotto
Dietro non sono in molti e Sánchez in discesa è difficile da contenere. E difatti i 4 km verso Como passano in un lampo per i due di testa, mentre Cunego non può certo contare su colleghi all'altezza della situazione quando la strada scende. L'unico a dare una mano al veronese è Kolobnev, coadiuvato dal compagno di squadra Fuglsang a fine discesa, quando però i giochi per la vittoria sono ormai compromessi.
A 3000 metri dall'arrivo i secondi che separano Gilbert e Samuel Sánchez dagli otto inseguitori (Cunego, Basso, Vinokourov, Kolobnev, Gesink, Fuglsang, Horner e Hoogerland) sono 11, che salgono a 14 dopo 500 metri e riscendono a 12 a 2000 metri dallo striscione d'arrivo.
Le ammiraglie dei battistrada avvertono i due che la vittoria se la giocheranno loro, e l'ultimo chilometro è di studio e tattica, soprattutto da parte di Samuel Sánchez, che di certo non è lento, ma è sicuramente meno veloce di chi appena sei giorni fa ha battuto in una volata a tre corridori come Boonen e Bozic.
Negli ultimi 600 metri l'asturiano dell'Euskaltel non passa mai in testa; si piazza sulla sinistra della ruota posteriore di Gilbert e non lo passa mai. Gilbert sa di averne di più in volata; lo sa perché la Sabatini, la Parigi-Tours e il Piemonte glielo hanno fatto capire, e quindi non si preoccupa più di tanto. Cerca Sánchez con lo sguardo solo per non farsi rubare l'attimo, né la traiettoria migliore, vista la strada che curva leggermente a sinistra poco prima dell'arrivo.
Quando Sánchez prova a partire, Gilbert è già sui pedali; ed è lui, per primo, a muoversi con decisione. A 50 metri dall'arrivo già esulta, poi Sánchez ha un mezzo guizzo sulla destra (traiettoria peggiore), Gilbert se ne accorge, non si fida, e lo costringe ad allargarsi ancora, fino alla sconfitta. Onorevole, ma pur sempre sconfitta.
Il primo a congratularsi con Gilbert dopo l'arrivo è proprio Sánchez (terzo podio al Lombardia dopo il 2° posto del 2006 e il 3° del 2007), mentre il vincitore va a cercare l'abbraccio di Cadel Evans, campione, gregario e soprattutto gentiluomo quest'oggi.
Il podio lo completa Kolobnev (7" il distacco finale) con uno spunto notevole che non lascia scampo al gruppetto, nel frattempo salito a 14 unità, mentre Paolini (4°) è il primo italiano all'arrivo (e l'unico nei 10), davanti ad un inesauribile e bravissimo Hoogerland. Cunego (che lamenterà di essere stato chiuso alle transenne, e le immagini televisive sembrano avvalorare la sua tesi) non va oltre il 14esimo posto, chiudendo così senza grandi soddisfazioni un finale di stagione che sembrava dovesse regalargli tutt'altre prestazioni, viste le due vittorie di tappa alla Vuelta a España.

Italia all'asciutto dopo vent'anni
Il poker di Gilbert (lo ripetiamo: Sabatini, Parigi-Tours, Piemonte e Lombardia in nove giorni; chapeau!) lascia a bocca asciutta l'Italia del pedale nelle grandi corse dopo ben vent'anni. Al "nostro" attivo, quest'anno, soltanto la Freccia Vallone di Davide Rebellin: non accadeva, per l'appunto, dal 1989.
Philippe Gilbert è anche il quarto corridore a riuscire nell'impresa di abbinare il Giro di Lombardia alla Parigi-Tours: prima di lui ci erano riusciti Thys (nel 1917), Van Looy (nel '59) e per due volte De Roo ('62 e '63), mentre l'ultimo corridore a poter vantare entrambe le corse nel palmarès (seppure in annate diverse) era stato Andrea Tafi.

Mario Casaldi

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