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Come frizza, è Farrarelle - Volata per Tyler prima del riposo

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Sembrava la tappa perfetta per quelle fughe fiume che fanno tanto grande corsa a tappe, soprattutto a metà delle tre settimane, in special modo prima del secondo (e ultimo) giorno di riposo, che precede il secondo trittico terribile di questa montagnosa Vuelta a España: Alto de Velefique venerdì, Sierra Nevada sabato e La Pandera domenica. Roba da brividi.
Però a qualcuno non deve essere andata giù la fuga andata in porto ieri a Murcia, visto che il solo Alto de la Cresta del Gallo poteva essere uno scoglio tutt'altro che insormontabile per le ruote veloci, qualora la corsa fosse stata condotta in maniera più chiusa dalle squadre dei big e dalle stesse compagini dei velocisti più avvezzi a salite di 4-5 km, come Bennati e Freire.
Difatti oggi è stata proprio la Liquigas a menare le danze in testa al plotone sull'Alto Campo de San Juan, salita di seconda categoria lunga una decina di chilometri che scollinava a circa 50 km dall'arrivo di Caravaca della Cruz. In fuga c'era un terzetto composto da Txurruka, Moncoutié e Hoogerland (per molti chilometri leader virtuale), in pratica ciò che era rimasto da un precedente tentativo che comprendeva anche Fédrigo, Durán, Palomares, Turpin e García Dapena, con De la Fuente - in lotta con Moncoutié nella classifica dei Gpm - che aveva provato ad entrare ma è stato respinto dall'Alto Collado Bermejo, salita storica della Vuelta a Murcia tanto cara a Marco Pantani (per la cronaca, in vetta ha scollinato per primo Moncoutié).
A quel punto mancavano 56 km e i fuggitivi avevano soltanto 1'38" di vantaggio sul plotone trainato da Bodnar e soprattutto da Sylwester Szmyd, che in 6 km ha portato capitan Basso e compagnia (da oggi orfana di Frank Schleck, non partito stamani perché i problemi al ginocchio sinistro - che lo tormentano già dal Giro dei Paesi Baschi in aprile - si sono riaccentuati e forse lo costringeranno all'operazione chirurgica, saltando in tal caso il Mondiale di Mendrisio) a soli 58" dalla testa della corsa.
L'azione della Liquigas doveva ovviamente sgranare il gruppetto dei velocisti, premiando l'attitudine alle salite di Bennati e mortificando le non eccelse qualità - quando la strada sale - di corridori come Boonen, Ciolek e Bozic, arrivati tutti con pesante ritardo. In un primo momento il ritmo del polacco Szmyd aveva costretto anche Freire e Greipel ad abbandonare il gruppo buono, ma lo spagnolo ha trovato in Gárate, De la Fuente e soprattutto Cancellara tre ottimi compagni di viaggio per rientrare (a 44 km dalla fine), mentre Greipel ha spremuto due suoi compagni per riuscire nella stessa impresa una decina di chilometri dopo (ai meno 29).
Nel frattempo Liquigas e Caisse d'Epargne avevano ripreso i tre fuggitivi della prima ora, ma erano lo stesso costrette ad inseguire Di Gregorio, partito in contropiede e ripreso a circa 14 km dalla linea del tragarudo dopo aver avuto 40" di vantaggio. Stessa sorte per Gerdemann un chilometro più in là.
Negli ultimi chilometri non c'è stato nessun coraggioso a provare l'anticipo, anche perché gli ultimi 1500 metri all'insù dovevano prevedere un'ancora più esatta valutazione di energie e tempistiche per scegliere il momento buono per sferrare la stoccata decisiva. La Liquigas è arrivata a 4 km dall'arrivo un po' corta, con soli tre gregari a scortare un Bennati già in quarta posizione; ancora più spregiudicata la posizione del velocista aretino ai meno 2, col solo Kreuziger a prendere di petto lo strappo finale davanti al proprio capitano di giornata. Greipel, in terza ruota, aspettava soltanto il momento giusto.
L'apparente tranquillità è stata rotta proprio da Bennati che, travolto da un impeto strategico (o dai primi segnali di gambe non [più] eccezionali?), ha creato il buco per il giovane corridore ceco ed ha cercato la ruota di Greipel, sfruttando il successivo tentativo di Cancellara (chiuso ancora da Kreuziger) ed il velleitario anticipo del colombiano Duque, partito però davvero troppo presto per poter pensare di arrivare fino al traguardo.
Boom ha cercato di lanciare Freire, e Bennati ha scelto proprio il cantabrico come ruota da curare. Scelta sbagliatissima (col senno di poi), perché né il tricampeón di Torrelavega, né il velocista di Cortona (9° il primo, 13esimo il secondo) hanno avuto lo spunto necessario per contrastare la strepitosa volata di Farrar - al primo successo in carriera in una tappa di un Grande Giro - partito deciso ai 200 metri e che fino all'ultimo metro non ha concesso un metro ad un brillante Gilbert e alla sorpresa di giornata che corrisponde al nome di Marco Marcato, veneto della Vacansoleil un po' troppo snobbato alle nostre latitudini. Buono anche il 6° posto di Ballan (anche se francamente ci saremmo aspettati una stoccatella), che però stride se affiancato al 7° posto del compagno di squadra Gasparotto. Secondo 10° posto consecutivo per Tosatto, che sta cercando in tutti i modi di convincere il ct Ballerini.
In classifica generale non cambia nulla, ma nulla doveva cambiare. Ci penserà l'Alto de Velfique (da scalare due volte, con l'Alto de Calar Alto come intermezzo), al rientro, ad animare le voglie degli scalatori. 60 km di salita nei 179,3 totali, con l'ultima erta di 13,3 km, altitudine di 1810 metri, pendenza media del 7,5% e punte superiori al 10%. C'è tempo e modo, insomma, per vedere davvero qualcosa di interessante senza dover aspettare per forza la tappa di Sierra Nevada il giorno successivo.

Mario Casaldi

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