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Il 43 Barredo è in orario - Grande gara e vittoria per Carlos

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E sì, la sensazione è proprio che Carlos Barredo quel numero di gara, quel 43 bagnato e fortunato, se lo conserverà a vita tra i cimeli più cari. Perché quando si ha la coscienza di essere un corridore che non sarà mai un Valverde o un Bettini (per stare a due che in passato hanno fatto vedere cose grandiose in questa corsa), i radi appuntamenti col successo sono sempre meritevoli di un ricordo speciale. E se poi questo successo arriva in una classica, una gara che fino a pochi anni fa era tra le elette della Coppa del Mondo, e per di più in una giornata che non è un eufemismo definire molto difficile (a causa delle condizioni atmosferiche), ecco che la conservazione del souvenir diventa un obbligo.
E quindi il 43, bagnato dalla pioggia e baciato dalla fortuna di rappresentare il vincitore. Ovvero quel Carlos Barredo che a San Sebastián ha sorpreso tutti, visto che era uscito dal Tour bene ma in maniera troppo anonima per uno come lui, sempre all'attacco e in quest'ultima edizione della Grande Boucle invece apparso un po' col freno a mano tirato (pur risultando alla fine tra i più convincenti di una Quick Step inguardabile). E poi non passa neanche una settimana dai Campi Elisi e lo ritroviamo, il Barredo, pimpante più che mai e pronto a sfruttare l'occasione d'oro in una gara in cui alcuni dei più attesi, benché annunciati, non hanno preso il via (è il caso di Contador ed Evans), e in cui altri possibili protagonisti (Andy Schleck e Gerdemann) si sono arrotati dopo 50 km di corsa e sono stati costretti al ritiro.
Una gara in cui molti reduci dal Tour non avevano le gambe dei giorni migliori (troppo stanchi) e in cui molti non reduci dal Tour non avevano le gambe dei giorni migliori (troppo ingolfati). Una gara strana, corsa sotto il sole finché c'è stata una fuga a 18 in azione (partiti poco dopo il km 30 - su 237 - nella discesa dell'Alto de Gárate, vantaggio massimo di 5'30" al km 67), con Pineau, Possoni, Chris Sorensen, Marzano, Riblon, Stangelj e Petrov - tra gli altri - ad animarla; e ritrovatasi in una bufera di pioggia non appena all'orizzonte (e poi sotto i pedali) si è stagliato lo Jaizkibel, l'"Alto" per eccellenza della Clásica, piazzato a 40 km dal traguardo.
Lì sullo Jaizkibel 10 reduci hanno resistito al ritorno del gruppo (Perget, Possoni, Stangelj, Pineau, Petrov, Horrach, Sorensen, Marzano, Pate e Riblon), ma ne hanno avuto per poco, visto che il plotone, preceduto dall'avanscoperta di Spilak, si era porato a 30" dai battistrada. Nella discesa, viscida e infida, uno Spilak che provava il contrattacco subito dopo aver ripreso i 10, è riuscito nell'impresa di due "dritti" consecutivi (senza cadere in entrambi i casi, va detto), mentre un più concreto Petrov ha dato tutto per una sparata che l'ha portato a guadagnare 50" su un gruppo di inseguitori nel frattempo infoltito dai rientri di una trentina di corridori (tutti i migliori) da dietro.
Riorganizzate le fila, la Caisse d'Epargne ha tirato per dare una possibilità a Valverde, e Petrov ha inevitabilmente perso terreno; Lloyd, Devenyns e Botcharov hanno provato ad anticipare il ricongiungimento, ma il plotone li ha fagocitati sull'Alto de Arkale (meno 15), dove è iniziato lo show di Barredo: l'asturiano si è riportato su un Petrov allo stremo, ma a sua volta si è visto piombare addosso un Fédrigo non certo sazio dopo i bagordi (sportivi) del Tour. Il francese ha dato una grande mano a Carlos, pure troppo grande, visto che a un certo punto l'ha staccato in salita. Ma Barredo non si è dato per vinto, ha alleggerito il rapporto, ha superato il momento difficile e si è rifatto sotto quando la strada è diventata meno ispida.
Intanto dal gruppo è stato Kreuziger a proporre un attacco, in cima all'Arkale. Alla progressione del ceco sono riusciti a rispondere a tono Kirchen (con la pioggia ce lo si poteva aspettare) e un Luis León Sánchez come al solito scoppiettante. Pochi i secondi a dividere le tre entità principali della corsa (battistrada, inseguitori e gruppo), quando in discesa Fédrigo si è dimostrato meno scavezzacollo di Barredo, e l'ha lasciato andare tutto solo. Ma è durata poco l'autarchia là davanti, visto che sul corridore della Quick Step si è rapidamente riportato LLS, ottimo discesista e latore di un grande impulso per la nascente azione a due tra la coppia spagnola.
Purtroppo per i due attaccanti, un Kreuziger inesausto ha permesso al terzetto (con lui Kirchen e Fédrigo) di non andare alla deriva, quando Barredo e Sánchez avevano messo in cascina 20" a circa 10 km dalla fine. Le grandi sgroppate di Roman hanno fatto sì che il margine si dimezzasse, tanto che ai 4 km non restavano neanche 10" ai battistrada. È stato lì che, da un gruppo comunque non lontano, Pozzato ha esibito un numero notevole, riportandosi sul terzetto di inseguitori con un'accelerazione sull'Alto de Miracruz, ultima asperità di giornata. Con Pippo rientrato nella partita, in cima al Miracruz le due lepri sono state riagguantate, e ciò lasciava presagire un arrivo incertissimo, tantopiù che il gruppo era lì a un passo, con gente che al suo interno scalpitava (tra gli altri, Cunego).
Ci voleva una trovata estemporanea per respingere il rientro del plotone (o di quel che ne restava dopo tutti i saliscendi di giornata), ed è parso a Kreuziger di avere l'idea giusta: un allungo nella discesa, a 2 km dal traguardo di San Sebastián, e poi andare a tutta fino allo striscione. Sarebbe riuscito, il ragazzo Liquigas, a portare al traguardo la pellaccia? Forse sì, forse ci sarebbe riuscito anche da solo; ma non avremo mai controprova, perché ai 1500 metri su Roman s'è portato chi? Bravi, Barredo. Nel giorno della sua gara più bella, Carlos ha compiuto il penultimo sforzo per chiudere quel buco, mentre i colleghi che erano con lui si arrendevano all'idea di essere ripresi dagli inseguitori (cosa effettivamente avvenuta nell'ultimo chilometro).
Barredo e Kreuziger insieme non avevano che da coprire quegli ultimi metri di gara, e l'hanno fatto nel migliore dei modi, salvaguardando quel margine minimo che avrebbe loro permesso di giocarsi la vittoria nello sprint a due. Peccato che il suddetto sprint non ci sia stato, perché Kreuziger, colto da momento di insopprimibile bontà, si è incaricato di tirare praticamente negli ultimi 500 metri, sempre lui, tutto da solo. Di fronte a tanta grazia, a Barredo non restava che recuperare qualche energia fisica e mentale e prepararsi alla volata della vita. Una volata partita ai 150 metri e finita ai 145, dato che quando s'è visto superato, Kreuziger ha smesso praticamente di pedalare, con la lancetta della sua benzina inabissatasi in un istante (quando si dice la potenza della testa, anche in negativo).
A Kreuziger resta comunque un piazzamento di prestigio (idem per Delage, che ha regolato il gruppo nella volata per il terzo posto, davanti a Peter Velits, Hesjedal e Pozzato, buon sesto), ma è ben di più quel che resta a Barredo: una vittoria indimenticabile, a 28 anni finalmente un'affermazione che dà spessore a una carriera che fin qui ha avuto un rapporto fughe-vittorie troppo alto perché non si possa iniziare a invertire la tendenza. Iniziare da un dorsale numero 43, iniziare da una giornata di pioggia d'agosto, iniziare da un successo alla Clásica di San Sebastián.

Marco Grassi    



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