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Tom è super, Pippo quasi - Hat trick di Boonen, Pozzato è 2°

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Tre Parigi-Roubaix, due Giri delle Fiandre, un Campionato del Mondo, un'infinità di altre vittorie, ancora 28 anni e mezzo, e c'è ancora chi si interroga su chi sia il più forte corridore da prove di un giorno attualmente in attività. O forse no, non si interroga più nessuno su Tom Boonen, che dopo un periodo di appannamento, l'anno scorso era tornato sul trono della più bella delle classiche; e che quest'anno si è ripetuto aggiungendo al quadretto il piccolo particolare di esserci arrivato da solo, in quel velodromo in cui ha potuto esultare per la terza volta.
Non aveva ancora vinto in solitaria, Tom, ma che prima o poi vi riuscisse, in questa corsa che un sarto sembra avergli cucito addosso, era nell'ordine delle cose. Certo, un po' stavolta la buona stella se l'è coccolato, visto che tra una caduta e l'altra i suoi avversari hanno fatto a gara per farsi da parte sul Carrefour de l'Arbre. Ma andiamo con ordine.

Una fuga intrigante
Era l'alba di questa Roubaix, nemmeno 40 km già coperti, quando una fuga molto interessante ha preso le mosse. Composta da Posthuma e Knaven, Furlan e Wijnants, Henderson e Klostergaard, Klier e Chainel, Offredo e Cozza e Wesley Sulzberger, non ha ovviamente avuto l'agio di raggiungere un vantaggio massimo superiore ai 4': del resto, se voi foste sull'ammiraglia di un team non rappresentato nell'attacco, lascereste spazio a un eterogeneo drappello in cui sono mescolati uomini che hanno già vinto questa corsa con altri che potrebbero vincerla (forse!), con inoltre una serie di luogotenenti che potrebbero fungere da punto d'appoggio per i loro capitani, nel prosieguo della gara?
I direttori sportivi di Liquigas e Silence hanno convenuto che in effetti non era il caso, e hanno svolto un pertinace lavoro di ricucitura.
Le marcature erano ben chiare sin dal mattino: l'uomo di punta del panorama, Tom Boonen, come al solito tenuto sotto stretta sorveglianza, ha ancora una volta (e se possibile in maniera ancora più asfissiante rispetto al Fiandre) assaporato la tignosità di Filippo Pozzato: attaccato alla sua ruota per tutto il giorno, impassibile a tutto, il vicentino ha risposto così alle beffe che il suo rivale si faceva di tale progetto, dimostrandogli che la tattica dello stare addosso a volte può pagare. Tantopiù che si tratta di una tattica che rischia di far saltare i nervi a chi la subisce.
Ma non è stato il caso di Boonen oggi.

Arenberg e occasioni perdute
Senza Maaskant, uno dei volti nuovi più interessanti, caduto poco prima e staccato dai migliori, con un Chavanel che aveva già dimostrato di avere l'argento vivo addosso (suo un allungo con Napolitano e Veelers a 107 km dal traguardo) e con un Cancellara che tutto faceva intendere meno di essere uno con la gamba ingolfata, si è giunti alla Foresta con la Saxo Bank schierata ad aprire la strada a Fabian, e la Columbia in assetto di testuggine intorno a Hincapie e Burghardt. Ma ad Arenberg è stato Boonen a prendere subito la testa del gruppo, così, giusto per far capire a un po' di gente che aria tirasse.
Purtroppo tirava pure aria di una caduta che ha spezzato in due il plotone, lasciando davanti praticamente tutti i più forti; e tirava aria di guai meccanici (quelli di Devolder, vincitore dell'ultimo - e del penultimo - Fiandre) e forature (quella di Quinziato, che si è presentato all'appuntamento in forma smagliante e che fin lì era senza problemi nelle primissime posizioni).
A metà Arenberg, davanti erano poco più di 20 (in fuga sempre gli 11 del mattino), e lì Haussler ha fatto una sparata delle sue, dimostrando di avere tutte le carte in regola per infilare un altro piazzamento di valore dopo i secondi posti di Sanremo e Fiandre. Un Haussler in palla come tutta la Cervélo, se è vero che dalla Foresta i neri di Hushovd sono usciti in 6 davanti (con Klier ancora più avanti, nella fuga), mentre - per fare un esempio - la Quick Step non aveva che Boonen e Weylandt, rimasti intruppati tutti gli altri, da Devolder a Chavanel.
Per un breve tratto la logica ha potuto prevalere grazie al lavoro di Hincapie e del Team Columbia, che ha imbastito una doppia fila per distanziare quanto più possibile Devolder, Quinziato e soci. Ma quando la palla è passata ai Cervélo, il riflusso dell'attendismo è stato troppo potente per impedire che il ritmo calasse, ciò permettendo il rientro dei Quick Step (bravo Tosatto a guidare l'inseguimento) e dello stesso Quinziato, che ringrazia la circostanza di essersi trovato sul treno giusto dopo aver perso la prima coincidenza.
Si dirà che mancava ancora tanto all'arrivo, ed è vero, visto che c'erano ancora 90 km da fare. Ma se la Cervélo, in 6 contro 2 (7 contro 3, compresi i fuggitivi che sarebbero presto stati ripresi), ha preferito non far niente, ciò suggerisce che anche chi non era strettamente tenuto a farlo ha corso troppo su Boonen, così di fatto favorendolo. Infatti, se è comprensibile che Pozzato, che sul più bello è solito trovarsi senza compagni, giochi di rimessa con Tom, è impensabile che una squadra con simili punte (Hushovd e Haussler) e una simile superiorità numerica non sia in grado di battere un piano alternativo provando ad anticipare le mosse del temuto campione uscente.

L'eclissi di Hincapie e la forza di Tom
Sul tratto in pavè di Warlaing (-75) si consuma l'ennesimo dramma sportivo di George Hincapie, che fora, ci mette una vita a farsi cambiare la ruota e si rende conto che a nulla serviranno gli sforzi dei suoi compagni (Boasson e Eisel in primis) per riportarlo dentro.
Di tutt'altra entità è invece il dramma vero che viene sfiorato in diretta, con una moto che, all'uscita dal settore in pavè di Beauvry-la-Forêt, finisce dritta sugli spettatori, ferendone una decina (di cui 3 in maniera grave).
Un'ombra pesante su una Roubaix che nel frattempo si stava facendo sempre più palpitante: Cancellara e i suoi Saxo avevano confermato di avere gambe e voglia, trenando per diversi chilometri come ai giorni migliori. Proprio nel tratto di Beauvry, Boonen ha dato un altro colpetto ben assestato: sempre pronto Quinziato, subito dietro Flecha, qualche metro perso per Pozzato (che però si è prontamente ripreso). Con un Boonen tonico e pronto a dare seguito alle sue sparate anche sui tratti in asfalto, i fuggitivi sono stati ripresi poco prima del tratto in pavè di Orchies.
Qui Tom ha ceduto il testimone al suo compagno Weylandt, che è partito con Haussler alla ruota e con Quinziato e Flecha, ancora loro, ad arrivare con due pedalate e a formare - con anche Klostergaard, ancora non in riserva dopo la fuga appena terminata - un quintetto molto interessante. E che la Quick Step abbia avuto buon gioco a recuperare (col lavoro di Van Impe e Chavanel, mentre davanti Weylandt ovviamente non collaborava all'azione) dopo Orchies, non è altro che una conferma dell'errore dei Cervélo (che in questo attacco si giocavano una carta importante come Haussler) dopo Arenberg.
Il quintetto interessante era destinato comunque a diventare un ottetto strepitoso allorché, nel settore in pavè di Bersée (-54), Boonen ha forzato un'altra volta, portandosi dietro Pozzato (da qui in poi prontissimo) e Hushovd. Gli avversari erano comunque ancora vicini e infatti i rientri si sono susseguiti; ma il momento della prima resa dei conti, così annunciato da Boonen, sarebbe arrivato molto presto.

La battaglia di Mons-en-Pévèle
A poco meno di 50 km dal traguardo il settore di Mons-en-Pévèle, suddiviso in tre tratti distinti, rappresentava uno dei passaggi più ardui della Roubaix. E Boonen non si è fatto pregare, facendo nel terzo tratto un sol boccone del ritmo imposto fin lì dai Cervélo (Klier per la precisione). Quella di Tom è stata una vera e propria sparata, e Pozzato ha mostrato di reggere alla grande il colpo, non lasciando neanche un metro al suo collega. Flecha, da par suo su strade come queste, non si è scomposto nemmeno lui, e anche un Hushovd quasi sorprendente (e malgrado un dolore al polso) si è accodato. Quattro nomi fantastici per giocarsi una corsa che si avviava a diventare incandescente. Cancellara a gambe all'aria, Quinziato - che forse aveva speso troppo in precedenza - in difficoltà, Devolder ormai sparito, Haussler sorpreso o comunque non brillantissimo in quel frangente.
In tutta questa deriva, chi doveva trovare la forza per rientrare sul quartetto di testa? Due compagni di squadra (nella Silence) che quando Boonen e soci li hanno visti arrivare, per poco non facevano la ola: e sì, perché si trattava di un inesauribile gregario, Van Summeren, che avrebbe dato tutto lavorando per un capitano come Hoste, che - è statisticamente provato da quel che abbiamo visto in diversi Fiandre e Roubaix - non avrebbe mai potuto vincere. Con una simile composizione, era matematico che il sestetto avrebbe preso il volo: e così è stato.

Le cadute del Carrefour
Malgrado i sempre più sbiaditi sforzi di Cancellara (che poi scoppierà definitivamente per chiudere al 49esimo posto nel Vélodrome), gli inseguitori non sono più riusciti ad avvicinarsi ai 6 di testa, che sui tratti di pavè successivi a Mons hanno badato ad aumentare il margine; e anche se Boonen ha avuto noie meccaniche dopo Le Moulin de Vertain, ha cambiato bici ed è rientrato sugli altri (che non si sono affannati per distanziarlo) senza scomporsi più di tanto; o se Flecha ha provato a pungere in avvio del settore di Cysoing (-26), la soluzione di ogni contenzioso è stata rinviata al Carrefour de l'Arbre, decisivo settore a 17 km dal traguardo. E a quel punto tanta era la voglia di fare, che in qualcuno la lucidità è mancata.
Hushovd ha forzato da subito, entrando sul settore, Boonen è stato il più reattivo, Flecha invece il più maldestro, visto che è arrivato troppo forte in una curva a sinistra ed è scivolato goffamente. Il danno grave Flecha l'ha prodotto per sé e per chi gli era dietro: giù Hoste, quasi giù (malgrado un tentativo estremo di equilibrismo) Van Summeren, miracolosamente in piedi Pozzato, passato in dieci centimetri di spazio tra Flecha e l'erba, prima di essere travolto dallo spagnolo e dai due Silence.
In un colpo solo, eliminati dalla tenzone 3 dei 6 contendenti; e un quarto obbligato a fare gli straordinari per ritornare in gioco: perché Pozzato non sarà caduto, ma la gimkana che ha dovuto fare ha comportato anche frenata e rallentamento, e intanto Thor e Tom se ne andavano a guadagnare 50 metri buoni. Si potrà discutere per anni sulla posizione di Pozzato (perché prendere il Carrefour in quarta-quinta ruota invece di starsene attaccato a Boonen in un momento tanto centrale?), ma si rischia di trascurare un particolare, e cioè che ci sono anche gli altri, che hanno la stessa voglia e foga di star davanti; e poi magari qualcuno di questi altri ce ne mette troppa, di foga, vuol conquistare una ruota migliore ma finisce per terra (stiamo parlando di Flecha, sì).
Nonostante l'incidente, Pozzato sembrava comunque in grado di chiudere su Boonen e Hushovd, non foss'altro per la consapevolezza che i due si sarebbero anche dovuti studiare, prima o poi, da lì all'arrivo; e quindi rallentare , e quindi favorire a un certo punto l'inseguimento. La mente trae giovamento da questi pensieri rassicuranti, e magari dirige meglio l'attività delle gambe.
Per dirigere meglio l'attività della bici di Hushovd, invece, sarebbero servite forse le rotelle, visto che il norvegese, in un momento in cui Boonen lo stava mettendo alla frusta, ha preso male una curva (sempre a sinistra), è arrivato lungo e si è incastonato col manubrio nelle transenne, trovandosi catapultato sulle pietre. E ostacolando, con ciò, il passaggio di Pozzato, che si è così visto rallentato da due cadute di cui non era responsabile. E nello specifico caso della seconda, davvero Pippo non poteva fare niente per evitare che le cose andassero così.

Un testa a testa appassionante
Entrati in 6 sul Carrefour, ne usciva un uomo solo. Tom Boonen. E dietro di lui, ancora una volta, la sua ombra vicentina, un Pozzato attaccato coi denti all'idea di scia proveniente dal fuggitivo che era solo pochi metri più avanti, 8", 10", 9", un inseguimento ricco di pathos e anche di estetica (un Pozzato bellissimo a vedersi). Per 5-6 chilometri la sensazione che Pozzato potesse centrare il riaggancio ha continuato ad avere qualche ragione d'essere provata. Ma già a 10 km dalla fine, l'amarezza dei tifosi dell'italiano si faceva palpabile, visto che quel diavolo alto e biondo - che la sorte (di vedersi cadere alle spalle quasi tutti i principali rivali) e la bravura (per essere stato davanti, e non essere caduto!) stavano spingendo verso il terzo successo in una Roubaix - quel diavolo alto e biondo, non accennava a diminuire l'intensità delle sue vogate.
Da 10 i secondi sono diventati 15, e Pozzato ancora lottava con tutto se stesso per non mollare; ma quando da 15 son diventati 20, e poi 25, il veneto non ha più retto, e compreso della grande delusione per l'occasione sfuggita, non ha più potuto far altro se non difendere un comunque onorevolissimo secondo posto, miglior piazzamento da lui fin qui ottenuto nella classica delle pietre.
Boonen si prende il boato del Vélodrome, la terza Roubaix (seconda consecutiva), una nuova incoronazione che zittisce le voci di chi è più attratto dal gossip che si scatena intorno a Tom che non dalle sue imprese; si prende la terra in faccia e il sorriso smagliante di chi sa di aver dato una gioia a sé ma a un intero paese, che per lui stravede. Si prende tutto, in questa domenica d'aprile, ma non è che non lasci niente agli altri: Pozzato torna in Italia con una nuova consapevolezza relativamente a queste corse; Hushovd (poi terzo su Hoste e Van Summeren) festeggerà Pasquetta con la convinzione di poterla vincere anche lui, una Roubaix (a patto di non cadere); Haussler e Chavanel (settimo e ottavo) hanno fatto ottima esperienza per eventuali futuri tentativi; Quinziato ha conosciuto i suoi limiti (mancato a Mons-en-Pévèle, è stato comunque nono alla fine) e potrà lavorare per superarli.
E noi, che la Roubaix non l'abbiamo corsa ma solo vista, ne abbiamo ricavato - una volta di più - un gran divertimento: scusateci se è poco.


Marco Grassi

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