L'orgoglio dell'Abruzzo - Di Luca: «Sarà sùbito battaglia»
Versione stampabileSoltanto 102 chilometri separano L'Aquila da Spoltore, il capoluogo dell'Abruzzo dal paese - nel pescarese - in cui abita Danilo Di Luca, il capitano della LPR Brakes-Farnese Vini (per la classifica, perché al via da Venezia ci sarà anche Petacchi). E per l'unico abruzzese in grado di vincere la Corsa Rosa (due anni fa), l'impegno verso la sua regione sarà concreto: «Al Giro metterò in vendita in ogni tappa i braccialetti rosa con la scritta "Abruzziamo" per raccogliere fondi per i terremotati della mia regione. Spero di venderne tanti per dare una mano consistente a chi ha bisogno. Oltre alle aste online di oggetti ciclistici su Ebay, già avviate da settimane, ho pensato a dei braccialetti sul modello di quelli creati da Lance Armstrong per finanziare il suo impegno nella lotta al cancro. Naturalmente voglio regalare un sorriso alla mia gente imponendomi nella frazione con arrivo in quota al Blockhaus, una delle salite più impervie d'Abruzzo, che affronteremo nell'ultima settimana di corsa».
Togliamoci subito il dente cariato: che vuol dire programmare una stagione senza avere la certezza del calendario di gare?
«Mi cambia poco, perché avevo puntato gli allenamenti per il periodo delle Ardenne e poi per il Giro; non ho potuto correre le classiche delle Ardenne, quindi a livello fisico cambia poco, visto che il Giro era già nei programmi».
Non cambia niente neanche a livello psicologico?
«Ormai ci sono abituato. Spiace perché alla fine ci vado sempre io di mezzo, ma ci vuole anche pazienza. Vorrà dire che sulle Ardenne ci tornerò l'anno prossimo».
Questa certezza da cosa deriva?
«Deriva dal fatto di sapere che per il 2010 ci muoveremo per tempo».
Voltiamo pagina e guardiamo al Giro che inizia sabato: salite già alla quarta e quinta tappa. Lascerete strada ai comprimari o voi big vi darete subito battaglia?
«Battaglia, senza dubbio. Non ci sarà spazio per nessuno, anche perché ho visto l'Alpe di Siusi ed è una salita vera, quindi non si possono lasciare tappe del genere per strada. E poi ci sarà da incamerare già il maggior vantaggio possibile su certi tipi di corridori».
Uno su tutti, Armstrong.
«Armstrong non va mai sottovalutato, certo, ma quest'anno ci sarà veramente un sacco di gente che punterà alla classifica. Sastre, Menchov, Leipheimer: come fai a fidarti di corridori così? Meglio cercare di sorprenderli subito, quando potrebbero non essere ancora al top».
La preoccupazione maggiore è la cronometro di Riomaggiore?
«Sarà una tappa importantissima, ma non credo sarà decisiva. Il percorso è mosso ed anche gli scalatori potranno difendersi. Questo sarà un Giro che si deciderà in salita».
Tra gli italiani chi vedi bene?
«Basso in Trentino è andato forte, ma non tralascio veramente nessuno. Durante la stagione ho corso contro tutti, tranne Cunego, e mi sembrano tutti molto determinati».
Ti mancherà Savoldelli in squadra?
«Paolo sarebbe stato importante per l'esperienza, ma ho fiducia in tutti i miei compagni, anche perché vengono tutti dal Giro dello scorso anno e quindi i meccanismi sono bene oliati. Spiace per l'infortunio di Bernucci, che sarebbe stato importantissimo, ma anche il giovane Montaguti si farà trovare pronto nei primi dieci giorni. E poi avremo un Petacchi in più; insomma, penso che potrò dormire sonni tranquilli anche senza Savoldelli».
E poi avete vinto già 12 volte in stagione.
«Non solo. Le vittorie sono importanti, ma a volte è più importante capire l'atteggiamento di una squadra. E durante tutta la stagione abbiamo corso alla grandissima, dimostrandoci sempre pronti ad attuare tattiche d'attacco».
Le ultime due domande te le facciamo su due tuoi colleghi che il Giro non lo correranno. Il primo è Noè.
«E il secondo?».
Simeoni.
«Su Noè, penso che abbia ragione il corridore. Non farlo correre mi sembra un non senso, anche perché stava andando forte e la Liquigas aveva bisogno di uno come lui. Io l'avrei portato, anche perché era stranoto il fatto che stesse continuando a correre per chiudere col Giro d'Italia. Su Simeoni, invece, credo dipenda dalla squadra: come io non ho fatto le classiche delle Ardenne, lui si trova fuori dal Giro d'Italia...».
E da vicepresidente dell'ACCPI non pensi si possa trovare un accordo per evitare certe brutture, almeno in Italia?
«Volendo si potrebbe fare tutto, ma il nostro ambiente è fatto così. È complicato mettersi d'accordo sulle piccole cose, figuriamoci sulle decisioni importanti».