Inchinatevi, c'è Rebellin - Enorme Davide: 37 anni, 3 Frecce
Ci sono volute 6 edizioni della Freccia Vallone, a Davide Rebellin, per fare tripletta in cima a quel Muro di Huy che ha già imparato a conoscere alla perfezione da qualche anno (la prima partecipazione nel 1993, il primo piazzamento nel '95: fu 6°), e che nel 2004 gli ha sorriso per la prima volta, ripetendo quel cenno di stima due anni fa, ed ancora quest'oggi.
Compirà 38 anni il 9 agosto, Davide Rebellin, mentre Giuseppe "Pino" Cerami li aveva già compiuti quando vinse la corsa il 9 maggio del '60, e quindi l'argento olimpico di Pechino dovrà quantomeno allungare un altro anno per scalzare l'italo-belga (cambiò nazionalità nel marzo del '56) dal trono del vincitore più "vecchio" della corsa.
Ottenere 3 vittorie in 6 edizioni è un ulteriore attestato di grande longevità (semmai ci fossero dubbi) del veneto della Diquigiovanni-Androni, almeno al pari di un certo Eddy Merckx, che come Re Davide impiegò un'edizione in più (1967, '70, '72 per il "Cannibale") rispetto a Moreno Argentin, capace di ottenne le sue tre vittorie nel '90, nel '91 e nel '94, mentre il primo a fare tripletta, l'altro belga Marcel Kint, riuscì nell'impresa di vincerle consecutivamente dal '43 al '45.
I due italiani, però, sono gli unici ad aver fatto tripletta a Huy, visto che Kint esultò sempre a Charleroi, mentre Merckx fece lo stesso a Marcinelle.
I primi due passaggi sul Muro di Huy
La 73esima edizione della Freccia Vallone è la più corta della storia: soltanto 195,5 km da Charleroi a Huy. Al via manca Frank Schleck, ancora stordito dalla commozione cerebrale patita cadendo durante l'Amstel Gold Race, e il 3° classificato della stessa corsa olandese, il tulipano Robert Gesink, alle prese con un affaticamento muscolare e tenuto a riposo dai vertici Rabobank in vista della Liegi-Bastogne-Liegi di domenica.
Il varo della corsa spetta a Moreau, che al km 7 scaglia la sua bottiglia di champagne sull'asfalto e se ne va in fuga, raggiunto pochi chilometri dal giapponese Beppu, fino a toccare il vantaggio massimo di 15'32" al km 70 di corsa, col beneplacito - fino a quel punto - del gruppo, non certo spaventato dall'azione di due attaccanti, per quanto validi, considerando anche i due passaggi da affrontare sul Muro di Huy (al km 67 e 96,5).
Il gruppo, tirato senza troppa veemenza dall'AG2R, dall'Euskaltel, dalla Saxo Bank e dalla Lampre, passa con 14'30" di ritardo al secondo passaggio sotto lo striscione d'arrivo, poi al km 115 Beppu non riesce a resistere al ritmo di Moreau e lascia il francese tutto solo in testa. Il gruppo resta tranquillo, tant'è che il portacolori dell'Agritubel viaggia con 6'10" ai meno 60, 4'50" ai meno 50 e 4'05" ai meno 45 km dalla terza ed ultima ascesa del Muro di Huy.
Schermaglie sulla côte de Thon
A 43 km dall'arrivo la corsa si accende grazie a Chris Sørensen, che parte deciso sulla Côte de Thon portandosi dietro un bel numero di corridori: ci sono due Columbia (Tony Martin e Monfort), un Milram (Wegmann), due Lampre (Gasparotto, che pedala alla grande, e Francesco Gavazzi), due Astana (Bazayev e Muravyev), un Cofidis (Duque), un Quick Step (Seeldrayers), un Liquigas (Agnoli), un Caisse (Pereiro), un AG2R (Roche), due Bbox (Gautier e Rolland), due Euskaltel (Egoi Martínez e Verdugo) ed un altro Saxo Bank (Fuglsang).
L'equazione tanti uomini più tante squadre rappresentate più tanti bei pedalatori dà l'ovvio risultato di una fuga importante, a cui Muravyev, Duque e Gasparotto cercano di dare la linfa vitale necessaria sulla Côte de Bonneville, riducendo il gap con Moreau a 1'05" (ai meno 32) e, al contempo, lasciare il gruppo dei "big" alle loro spalle di 26".
Le côte de Bouhisseau e de Bousalle fanno male
È la Katusha, rimasta fuori dall'azione appena descritta, ad affannarsi per chiudere prima della Côte de Bohisseau (km 170,5), seguita senza soluzione di continuità dalla Côte de Bousalle (km 173,5). L'azione di Klimov dà i suoi frutti, se è vero che ai meno 28 dall'arrivo si torna alla situazione di gruppo compatto (a parte il solito Moreau, davanti con sempre meno margine di vantaggio: 46").
La prima delle due côte somiglia molto al Muro di Huy: 1300 metri di lunghezza, 7,8% di pendenza media e punte del 20% di pendenza massima. Il primo a provarci è Tony Martin, col ceco Kreuziger alle calcagna e - udite, udite! - il campione russo Serguei Ivanov, fresco vincitore dell'Amstel Gold Race. Stavolta, a differenza di tre giorni fa, il gruppo non sottovaluta l'azione, anche perché nel drappello di contrattaccanti entrano anche Kolobnev e Pineau. È proprio il francese, allungando il gruppo in una lunga fila indiana, a riprendere Moreau (siamo ai meno 24), mentre ai piedi della côte de Bousalle è Kolobnev ad accendere la bagarre.
L'azione del russo, che si porta dietro il kazako Iglinskiy, agita parecchio le acque, con la Lampre che non si fida e si riporta subito sotto, e Nibali che prova l'attacco in contropiede (ma viene subito stoppato).
L'azione buona è quella di José Serpa, colombiano che sul passo va forte è che dà la sua stoccata ai meno 22. L'uomo di Savio guadagna 20" nel giro di 2 km, anche perché Astana, Rabobank e Cofidis non si sanno organizzare in fretta, e la Caisse deve attendere lo strepitoso lavoro del giovane Uran (connazionale del fuggitivo) in testa al gruppo per poter permettersi di sperare di nuovo nella vittoria di Valverde.
Serpa ripreso ai piedi della côte d'Ahin
La mazzata al bel pedalatore colombiano arriva dal vento contrario che trova alla fine della discesa e dalla contemporanea bella trenata dell'estone Taaramae, seguito da Fedrigo e Luca Mazzanti, che riporta il plotone - sempre tirato dalla Caisse, dalla Rabobank e dalla Lampre - prima a 15" (ai meno 15) e poi a 5" (ai meno 13).
Nel giro di qualche centinaio di metri Serpa perde tutto il vantaggio sin lì conquistato e difeso, con la Saxo Bank che fa bella mostra di sé in testa al gruppo, stavolta davvero compatto. La situazione dura però veramente pochissimo, perché ai piedi della côte d'Ahin è Botcharov a sparare per primo le sue cartucce, seguito dal campione irlandese Daniel Martin, da quello tedesco Wegmann, ed ancora da Scarponi, Kolobnev e Chris Sørsensen.
Il marchigiano della Diquigiovanni, che su queste strade fu 4° nel 2004, accelera ai meno 12 trainando con sé il pimpante Kroon, reduce dal 2° posto all'Amstel Gold Race, ed ancora Daniel Martin. È la Lampre, col meraviglioso Gasparotto, a ricucire lo strappo e - sempre col friulano - a rilanciare.
A 11 km dall'arrivo troviamo 6 corridori davanti: Gasparotto, Scarponi, Pfannberger, Serguei Ivanov, Devenyns e Joaquím Rodríguez, poi un allungo del campione austriaco ai meno 10 dimezza i battistrada, con Scarponi che dimostra una facilità di pedalata da applausi e il pericolosissimo JRO (8° un anno fa) che però collabora poco, evidentemente ammaestrato a dovere dai suoi direttori sportivi (quanto ci metterà il Purito a stancarsi di questo suo continuo dover aiutare qualcun altro?), visto che Valverde dimostra una buona reattività sui contrattacchi di Evans prima e Nibali poi; azioni che hanno l'unica conseguenza di permettere a Kreuziger, Kroon e Tiralongo di riportarsi sui 3 attaccanti (siamo ai meno 8).
I sei di testa, nonostante un JRO sempre più passivo, tengono un buon passo, soprattutto grazie alla verve di Kreuziger e Pfannberger, mentre Scarponi corre saggiamente in riserva perché, rispetto agli altri, ha un Rebellin in più alle proprie spalle.
Ai meno 7 i secondi di vantaggio sono 7, ai meno 6 scendono a 6, ma questo giochetto si ferma ai meno 5 dall'arrivo, quando i secondi restano ancora 6, per poi estinguersi di colpo nel giro di un chilometro e mezzo nel momento in cui Silence, Euskaltel, Rabobank e Caisse d'Epargne sono aiutate dalla Columbia nelle operazioni di rincorsa in testa al gruppo.
Il solito, splendido, Muro di Huy
Tremila metri alla conclusione, Van den Broeck e Gilbert sono in prima e seconda posizione, e si capisce come non sarà il vallone l'uomo su cui punterà la Silence per l'arrivo, bensì l'australiano Evans. Freire invece ha Gárate in terza posizione, e domenica scorsa il folletto spagnolo ha fatto le prove di resistenza in Olanda, e se i più scattisti si guarderanno chissà come potrebbe mettersi per il tre volte iridato di Torrelavega.
Ai meno 2 è la Columbia in testa, nonostante Kirchen - il vincitore uscente - si sia già staccato da parecchi chilometri (addirittura sulla côte de Thon, non porterà a termine la sua prova), perché in squadra c'è un Albasini da tenere coperto e un Thomas Lövkvist che all'Eroica vinse a Piazza del Campo, in quel di Siena, proprio allungando durante un ultimo chilometro simile (per caratteristiche, ma meno duro) al finale della Freccia Vallone.
Sotto la flame rouge dell'ultimo chilometro è la Caisse a pilotare tutti, con Valverde in seconda ruota e Rebellin in quinta posizione. Agli 800 metri è Vaugrenard, seguito dal campione uzbeko Lagutin, il primo a provarci, poi Nicki Sørensen si trova in testa e ci prova, seppur timidamente.
Il primo attacco serio è in realtà del francese David Le Lay, recente vincitore del Circuit de la Sarthe, che parte ai 700 metri e resiste solo in testa per 200 metri (chiuderà 12esimo). Viene ripreso dal generosissimo Evans, che non commette lo stesso errore di Gilbert all'Amstel (dopo il lavoro impressionante di Van Summeren, il vallone non diede la stoccata) e, seppure con Cunego, Rebellin, Andy Schleck, Wegmann, Valverde, Ivanov, Nocentini, Lövkvist e Samuel Sánchez alle calcagna, si riporta sul francese ai 500 metri.
Cento metri dopo un altro allungo di Evans spezza ulteriormente il gruppetto. Solo Andy Schleck e Rebellin sanno resistere all'australiano, che fu 2° un anno fa. Cunego è lì, ma ai 300 metri si deve arrendere.
Davide invece è pimpante e fresco, tanto che ai 200 metri riesce anche a girarsi per controllare il vantaggio degli ormai tre battistrada su tutti gli altri contendenti al successo.
Rebellin su Andy, due generazioni a confronto
Rebellin inizia la risalita proprio in quel momento, quando si accorge che Cunego è in difficoltà e che in nessun modo potrà tornare in lotta per la partita buona, quella che deciderà la vittoria.
Risale sulla destra della sede stradale, Davide, quando sembra che possa essere il giovane lussemburghese a poter dare la mazzata ad un Evans comprensibilmente appesantito. E invece no.
Ai 150 metri Rebellin parte secco, Andy gli resiste per venti, trenta metri, forse addirittura cinquanta, poi l'acido lattico gli annebbia i polpacci e la maggiore predisposizione del veneto per questo tipo di arrivi fa la differenza.
Rebellin vince, dando 2" al giovane fenicottero lussemburghese e a Cunego (in bella rimonta), 7" a Samuel Sánchez, Evans (sfinito negli ultimi metri) e Lövkvist, mentre Valverde - mai nel vivo della contesa lungo il Muro finale - chiude solo 7° (immaginiamo quanto sarà contento JRO stasera in albergo). Dopo l'Amstel, altro buon piazzamento per Gerrans, con Albasini e un buon Nocentini a completare la top ten.
Esulta indicando il casco che porta in testa, Rebellin: un casco disegnato per lui dall'artista Cornelio Perini. Un casco che porta il messaggio di Unico1, un progetto volto ad aiutare i bambini gravemente malati, anche solo attraverso un sorriso, ad affrontare in modo diverso la malattia.
È sicuramente pleonastico evidenziare la differenza di età tra Davide Rebellin ed Andy Schleck, perché potremmo fare questo stesso discorso per tanti corridori che si giocano le corse, spesso perdendole, con l'highlander della Diquigiovanni-Androni. Però la cosa non può non essere evidenziata, perché Rebellin è del '71 e Schleck junior è del 1985, e i 14 anni di differenza significano che ci sono almeno due generazioni che distanziano questi due grandi corridori.
I due si ritroveranno avversari già domenica alla Liegi-Bastogne-Liegi: Rebellin per il bis (vinse nel 2004), Andy per migliorarsi ancora (10° all'Amstel, 2° alla Freccia, un anno fa disputò una Doyenne eccezionale in appoggio al fratellone). Certo, ci sarà da fare i conti con Evans, con Cunego, con Samuel Sánchez e con un Valverde che cerca il tris. In più, tra tre giorni saranno al via anche Colom, Basso, Pellizotti e Soler, che forse non entreranno nelle prime griglie dei favoriti, ma che certamente non si potranno sottovalutare.
Mario Casaldi