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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Paolo Bailetti

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Ha esordito tra i professionisti nel 2006 con la Androni Giocattoli di Davide Boifava («All'esordio tutti correvamo con molto entusiasmo, anche se naturalmente le corse non erano il Giro d'Italia ed il Tour de France»), ma per Paolo Bailetti, nato a Somma Lombardo il 15 luglio 1980, il ciclismo è molto più di un gioco. Una passione, ma soprattutto una tradizione. Risponde al telefono in una calda sera di giugno, la voce serena e l'immancabile accento lombardo: «Puoi richiamare tra cinque minuti? Sono al telefono con la morosa, lei ora è in Russia...». Cinque minuti dopo Paolo si concede ad una lunga ed interessante chiacchierata con noi.
Partendo dalle tue origini, come hai iniziato con il ciclismo?
«Ho praticato per un po' di anni il nuoto, ma non a livello agonistico. Ho sempre fatto il ciclista a livello agonistico e basta, in famiglia è un po' una tradizione. Mio zio, Antonio Bailetti, è stato un gran corridore ed ha vinto l'oro nella 100 km alle Olimpiadi di Roma nel 1960. In famiglia si parlava sempre di questa corsa e delle sue altre vittorie, non potevo che finire sul sellino di una bici. Ho iniziato a correre tra i Giovanissimi ad 11 anni, la mia prima squadra fu la V.C. Raffaele Marcoli».
Com'è continuata la tua carriera, da giovane?
«Ho corso gli Juniores nella U.C. Bustese Olonia, tra gli Under 23 ho vinto un Campionato Italiano, e nel 2003 sono arrivato secondo ad un Giro Baby, quindi qualche soddisfazione me la sono tolta».
Chi erano a quell'epoca i tuoi avversari più illustri?
«Diciamo che fondamentalmente sono stati quelli che primeggiano oggi. Disputando corse internazionali li ho visti un po' tutti e per esempio mi ricordo benissimo di Cancellara, tanto per dirti un nome di spicco. Altri non me ne vengono, anche perché si rivaleggiava un po' con tutti».
Come hai vissuto il passaggio al professionismo?
«Il primo anno lo si vive con molto entusiasmo, conoscendo già in partenza i rischi del salto di categoria. Trovi le motivazioni nell'entusiasmo, però, mentre ho notato che il secondo anno è diverso, l'entusiasmo degli esordi diminuisce e devi andare a pescare le motivazioni altrove».
A proposito di motivazioni, anche quest'anno non è niente male...
«In effetti avevo iniziato con il progetto H2O, poi naufragato. Così il 1° di aprile mi ha ingaggiato la Fuji-Servetto ed ho iniziato la mia stagione con Fiandre e Gand-Wevelgem, il che è tutto dire. In quelle due corse sono anche caduto, poi sono andato a correre in Turchia, ma i postumi della caduta erano ancora presenti, così - di fatto - la mia stagione inizia adesso, con il Giro di Svizzera».
Che tipo di corridore sei?
«Sono un corridore di fatica. Mi difendo in salita ed ho un discreto spunto veloce, se parliamo di caratteristiche individuali; ma io amo definirmi corridore di fatica, al servizio del capitano».
Nel 2008 hai avuto Danilo Di Luca come capitano alla LPR, come ti sei trovato con lui?
«Alla grandissima! È un atleta formidabile ed anche un'ottima persona. Poi l'anno scorso avevo in squadra un uomo come Paolo Savoldelli. Paolo è più "maestro", ama dare molti consigli, mentre magari Danilo non ne è così prodigo, ma resta una persona formidabile. Due grandi compagni di squadra, quindi, l'uno molto diverso dall'altro, ma senz'altro due esempi».
A proposito di esempi e miti, chi ammiravi da piccolo e chi ammiri oggi?
«Da piccolo seguivo le battaglie tra Moser e Saronni, fantastiche! Oggi un corridore che mi affascina parecchio non esiste, perché ce ne sono parecchi. Però, andando un po' contro corrente, voglio dire Lance Armstrong: oltre ad essere un grande atleta ha un grande carisma. Poi i corridori che ammiro, ripeto, sono tantissimi».
Che tipo di ragazzo sei quando finisci la corsa o l'allenamento?
«Sono un ragazzo normalissimo, amo rilassarmi uscendo con la mia ragazza e con gli amici, oppure anche con la lettura. Mi piace leggere di tutto, la narrativa italiana come i classici russi. Me li ha proposti la mia ragazza che, appunto, studia russo, così mi sono addentrato in questa cultura, molto diversa dalla nostra, ed in questi romanzi, a volte anche un po' pesantucci a dire il vero, ma alla fine sempre piacevoli. Poi leggo anche letteratura orientale, giapponese, mi piacciono molto i libri di Yoshimoto, per esempio. Non basta mai il tempo per la lettura!».
Che musica ascolti nei momenti di relax?
«Anche qui i miei gusti si potrebbero definire non propriamente commerciali. Adoro i concerti rock, per lo più di band, non ne prediligo una in particolare. Poi ascolto anche i cantautori italiani e Franz Ferdinand».
Tornando al ciclismo, cos'è che spinge un ciclista a fare enormi sacrifici ogni giorno?
«Me lo chiedono in molti... La passione nel ciclismo ha certamente un ruolo importantissimo, un 70%. Poi c'è il porsi degli obiettivi e non il sentirsi arrivati, che anzi è un errore».
Qual è la corsa che vorresti vincere più di ogni altra?
«Dunque, vediamo... il Campionato Italiano mi ha sempre affascinato, forse perché se lo vinci porti la maglia tricolore per un anno, mentre se vinci un'altra corsa è differente. Sì, decisamente il Campionato Italiano!».
Allora ti aspettiamo a Imola e ti auguriamo un buon proseguimento di stagione!
«Più che altro dovreste augurarmi un buon inizio! (ride). Vi ringrazio e saluto tutti quelli che mi seguono».

Francesco Sulas

 

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