Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Andrea Capelli
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Andrea Capelli ha compiuto da poco 28 primavere, ma pedala tra i professionisti solo da un paio di anni. Il suo percorso nel mondo del ciclismo è stato finora abbastanza particolare e costellato da diverse vicissitudini. Ciò per lui non rappresenta un problema, bensì uno stimolo per fare sempre meglio e per superarsi. L'ultimo intoppo risale a circa una settimana fa: una caduta in allenamento gli ha precluso di potersi schierare al via del Giro del Trentino che, con le sue salite, poteva essere un buon banco di prova (o addirittura una vetrina) per Andrea, che comunque non si scoraggia e guarda avanti con fiducia.
Un vero peccato non poter partecipare a questo bel Giro del Trentino.
«Eh si, io amo le salite, sono un passista scalatore, ma più scalatore che passista e prediligo le distanze lunghe essendo dotato di un buon fondo. Purtroppo 5 giorni fa ho preso una bella botta per colpa di una macchina che mi ha tagliato la strada. Il dottore mi ha consigliato di stare fermo per oltre una settimana e oltre al Trentino ho saltato anche una corsa in Austria».
A proposito, quest'anno ti sei accasato in una squadra austriaca, la Voralrberg-Corratec. Come mai?
«Nel 2008, al primo anno da professionista ero alla Miche, ma è stata un'annata tutt'altro che positiva. Inizialmente sembrava che andava tutto bene ma col passare del tempo ho capito che mi avevano messo da parte. Un anno di questi tempi ricordo che avevo fatto solo 2 corse e alla fine dell'anno le corse disputate in totale si potevano contare sulle dita di una mano, senza considerare che non ho percepito mesi e mesi di stipendio. Ma il fatto economico è marginale, la cosa più brutta è vedere che hai il vuoto attorno a te, nessuna fiducia né considerazione. Perciò per il 2009 ho avuto la fortuna di avere un contatto col Team Manager, nonché corridore, della Vorarlberg: Harald Morscher. Lui si ricordava di me perché avevo fatto un'importante Gran Fondo in Austria, quindi dopo diversi test mi hanno messo in squadra. Devo dire che mi trovo bene, ci sono molti corridori esperti come lo stesso Morscher, che è un po' la chioccia per tutti, o anche Van Huffel, Siedler, che ha vinto qualche giorno fa in Turchia, e Haselbacher che finora non ho potuto conoscere. Sono anche fortunato perché me la cavo benino col tedesco e poi in squadra l'altro italiano è Alexander Gufler che essendo altoatesino mi aiuta se non capisco qualcosa».
Come mai ti sei dedicato alle Gran Fondo?
«Nel 2003, dopo qualche hanno tra i dilettanti vissuto tra alti e bassi, ho mollato la bici. Avevo problemi fisici e psicologici legati all'anoressia e alla bulimia, quindi quando mi sono risollevato da questi problemi ho deciso di rientrare nel "mio" mondo dalla porta delle Gran Fondo. Ho avuto ottimi risultati dal 2005 al 2007 e la Miche mi ha dato l'opportunità di passare tra i professionisti ma poi, come detto in precedenza, non ha saputo valorizzarmi nonostante mi fossi messo al servizio della squadra con umiltà».
Ques'anno quindi hai voltato pagina, ma urge comunque dare segnali positivi. Come pensi stia andando la stagione e come la proseguirai?
«Intanto ho ritrovato la serenità che è la base per poter fare bene questo lavoro. Poi per il resto diciamo che finora ho avuto poca continuità perché dopo il Laiguaeglia sono stato colpito da un virus. Poi ho corso il Giro di Sardegna e dovevo fare anche la Coppi e Bartali, ma la squadra alla fine non l'ha potuta correre. Ho saltato alcune corse in Belgio per fare poi il Trentino ma la sfortuna si è accanita su di me. Adesso spero di recuperare presto dall'infortunio e di ripresentarmi competitivo a Larciano il 2 maggio per aiutare la squadra per poi andare a correre in Francia una corsa a tappe. Se la condizione c'è meriterò di sicuro la convocazione per altre corse».
Qualche obiettivo in particolare?
«Devo piazzare l'acuto vincente. Far bene e dimostrare di essere in condizione è importante, ma lo è ancor di più vincere, almeno una volta. Quindi devo fissarmi un obiettivo, una corsa da curare in particolar modo. Al momento il mio pensiero è rivolto ai campionati italiani, sia la prova a cronometro che la corsa in linea. Ce la metterò tutta per giocarmela quindi devo arrivare a fine giugno al top della condizione».
Con chi ti alleni quando sei a casa tua a Rubiera, nel reggiano?
«Purtroppo nella mia zona c'è poco a livello di professionismo e di dilettantismo. C'è Pagoto, c'è Riccò, tra l'altro correvo nella sua stessa squadra da Allievo, la Formiginese. Quindi mi alleno soprattutto con gli amatori della zona che sono comunque abbastanza preparati per potermi far compagnia durante gli allenamenti».
Quanto tempo ti porta via il tuo lavoro?
«L'80% della giornata. Tra allenamento, riposo e massaggi la giornata vola via. Poi dedico il resto del mio tempo a internet, mi piace molto navigare sul web e scoprire sempre nuovi siti interessanti. Ho anche un'altro hobby: il modellismo, soprattutto di aerei. Quando ho un po' più di tempo mi dedico invece allo shopping, ma non è una mia passione o mania, solo che mi piace quando devo andare in giro a comprarmi qualcosa»
A che età hai cominciato ad andare in bici?
«Avevo 15 anni. Vedevo alcuni miei amici sempre a correre con le bici e ho voluto provare anche io. Ho iniziato a fare qualche giro in MTB e mi sono accorto che mi piaceva guidare la bicicletta, raggiungere certe velocità, percorrere le strade e affrontare le curve. Il passaggio alla bici da corsa è stato poi naturale».
Man mano che ti sei appassionato a questo sport ti sei anche interessato alla storia e ai campioni del ciclismo?
«Ovviamente. Se da un lato apprezzavo i campioni del presente come Ullrich, dall'altro mi sono anche documentato sul passato di questo sport e in particolare c'è stato un corridore che ha calamitato la mia attenzione: Joop Zoetemelk. Mi ha colpito il fatto che è arrivato ben 6 volte secondo al Tour e che a 39 anni ha vinto il mondiale. Ma un po' tutti i corridori di quel periodo mi piacciono, per esempio un altro olandese, Raas, o il nostro Moser».
Marco Fiorilla