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Di Luca, t'AbruzziAMO - Volata fantastica. Rosa a Lövkvist | Cicloweb

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Di Luca, t'AbruzziAMO - Volata fantastica. Rosa a Lövkvist

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Che cuore bisogna avere per fare una sparata di 500 metri per andare a prendersi una vittoria di tappa che pareva quasi irraggiungibile, e, malgrado l'acido lattico che in quei momenti raggiunge il cervello, avere anche la lucidità di ricordarsi di cose grandemente più importanti di una gara ciclistica? Semplice: il cuore di Danilo Di Luca.
Di Luca, uno che quando dice una cosa poi la fa, uno che non ha mai paura di prendersi le sue responsabilità, un punto di riferimento per la squadra, ma anche per l'intero gruppo (notare la quasi deferente reazione di Garzelli, appena sconfitto da Danilo), oltreché, oggi più che mai, di una regione che non potrà non riconoscersi nella grande voglia (e capacità!) di riscatto del suo pupillo. Tantopiù che Di Luca, organizzando raccolte fondi e continuando nella sua opera di sensibilizzazione presso il pubblico (ecco il senso della sua non-esultanza, di quel suo indicare la scritta "FORZABRUZZO" sul lato della maglia al traguardo di San Martino di Castrozza), non fa altro che sottolineare ogni giorno di più il legame forte con la sua regione.
Ci possiamo allargare a parlare di altre cose, oggi, perché di ciclismo non se n'è visto poi tanto, in questa quarta tappa che terminava col primo arrivo in quota del Giro. In barba alle promesse di attacchi epici sin dalla prima salita, per mettere in difficoltà questo o quello, nessuno si è mosso. Sarà che il percorso non è che invitasse particolarmente (troppo morbida la scalata di San Martino di Castrozza), ma qualche scatto (almeno dimostrativo, almeno per vedere l'effetto che fa) prima dei 1500 metri finali ce lo aspettavamo.
Invece niente. Partita la fuga al km 7, tutti son rimasti a guardare. Voigt, Viganò, Bellotti, Stannard, De Bonis e Serafin Martínez hanno così guadagnato fino a 7', mentre dietro la sola LPR tirava per non far prendere all'azione proporzioni bibliche. Ovvio che andasse così: visto che era prevedibile un arrivo in gruppetto per i migliori, nessuno teneva più di tanto a servire al favorito di giornata (Di Luca, per l'appunto) i 20" di abbuono riservati al vincitore. E gli altri papabili per il successo hanno optato per la non belligeranza, lasciando le squadre a riposo; l'unico che probabilmente se la poteva giocare con l'abruzzese su questo terreno era Cunego, ma la sua Lampre è un po' scottata da anni di lavoro malripagato dagli inconcludenti finali di tappa del veronese: con in squadra Bruseghin (che di Di Luca è diretto rivale per la classifica), è abbastanza naturale che Saronni decida di risparmiare gli uomini piuttosto che spremerli per un risultato di giornata che poi magari non arriverà.
Gli unici che invece avrebbero avuto gli uomini (Serpa, Jackson Rodríguez, Bertagnolli, Scarponi) per orchestrare qualcosa di interessante erano i Diquigiovanni di Simoni, che però avevano De Bonis in fuga, e quindi tutto potevano fare meno che collaborare all'inseguimento. La LPR non si è comunque tirata indietro, e di questo va dato atto agli uomini di Bordonali, che stanno interpretando un avvio di Giro strepitoso. Dopo la doppietta dei giorni scorsi, Petacchi oggi si è messo in testa a tirare il gruppo sulla Croce d'Aune: per dire dello spirito che si respira in squadra. Giusto quindi che la vittoria sia andata all'unica compagine (tra quelle dei big) che abbia realmente lavorato oggi per ottenere tale risultato.

Parola d'ordine: attendismo
All'imbocco della Croce d'Aune il vantaggio dei fuggitivi, a 50 km dal traguardo, era ancora vicino ai 6'. Ma in cima i 3 superstiti (De Bonis, Bellotti e Voigt, passati nell'ordine al Gpm, avevano perso per strada Stannard, Viganò e Martínez) non avevano perso che un minutino abbondante, e ciò ha significato la necessità di straordinari - nel tratto successivo - per la LPR, che nei pressi della vetta aveva pure dovuto fare i conti con una foratura di Di Luca. Solo la Liquigas a un certo punto ha rilevato gli uomini di Bordonali in testa al gruppo, ma a fine discesa (con molti rientri di corridori che si erano staccati prima) ancora Spezialetti e soci guidavano le operazioni di recupero sugli attaccanti.
La salita finale si racconta in poche righe: dapprima De Bonis, poi Bellotti, infine Voigt (il tedesco a 2 chilometri e mezzo dalla vetta) sono stati risucchiati da un gruppo in cui nessuno (a parte un tentativo piccolo piccolo di Soler a poco meno di 6 km dal traguardo) ha attaccato, e in cui la Liquigas ha ricominciato (principalmente con Szmyd) a tirare. Nonostante l'assenza di cambi di ritmo, Lance Armstrong ha sofferto più del previsto sulle rampe di San Martino, e alla fine, quando è arrivato il primo vero attacco, ha perso le ruote dei migliori, per chiudere poi con 15" di ritardo: riuscirà in qualche modo a salvarsi domani sull'Alpe di Siusi? In molti, a partire da Angelo Zomegnan, incrociano le dita.
Il primo vero attacco testè evocato è giunto a un chilometro e mezzo dall'arrivo, ed è stato proposto ancora una volta da Soler, che quando non è per terra è un corridore di tutto rispetto e di interessante futuro. Non appena il colombiano (scattato però da una posizione troppo di retroguardia: solo per risalire il gruppo ha dovuto spendere un bel po' di energie) si è mosso, Szmyd che in quel momento era in testa si è fatto da parte: provvidenziale (non certo per Soler, s'intende) è stato l'intervento di Francesco Masciarelli, che ha dato una fondamentale trenata per permettere al suo capitano Garzelli (ma anche a tutti gli altri) di riportarsi nell'orbita del sudamericano.
Ai 500 metri è stato Di Luca a rompere gli indugi: una sgasata paurosa per Danilo, che è partito secco e sempre più vorticosamente e rabbiosamente ha recuperato su Soler, con Garzelli alla ruota e Pellizotti più indietro, e nessuno che riuscisse anche solo a uscire dal suo cono d'ombra. Ai 200 metri Danilo ha affiancato e superato Soler (che poi ha chiuso quarto), per andare a prendere vittoria, 20" di abbuono, e applausi scroscianti; Garzelli si tiene il secondo posto, Pellizotti il terzo; Simoni, Leipheimer, Basso e Menchov sono lì, e domani li ritroveremo a Siusi. Cunego invece non ha potuto fare lo sprint perché, mentre era a ruota di Di Luca nel momento dello scatto dell'abruzzese, gli si è sganciato un pedale, e gli va già bene che non è caduto.
In tutta la gioia della giornata, manca a Di Luca solo quella della maglia rosa, sfuggitagli per appena 2": non essendoci stati infatti distacchi tra i primi, ed essendo riuscito Thomas Lövkvist ad arrivare molto bene (settimo), proprio lo svedese conquista il simbolo del primato. L'abbiamo tutti un po' trascurato, il giovanotto del Team Columbia, ma la sua crescita è costante, confortante e inequivocabile. Lui stesso dice che non si aspettava tanto dalla sua prestazione: se bisogna credergli, domani non dovrebbe far parte del lotto di uomini che si giocheranno la vittoria. Ma comunque è meglio diffidare di questo tipetto.

Marco Grassi



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