Cadel prova, Valv regge - Tappa a Clement. Suisse-Eisel
- Critérium du Dauphiné Libéré 2009
- Tour de Suisse 2009
- Team Columbia - High Road 2009
- Adam Hansen
- Alejandro Valverde Belmonte
- Bernhard Eisel
- Bert Grabsch
- Cadel Evans
- Gerald Ciolek
- Javier Aramendia Llorente
- Robert Gesink
- Stef Clement
- Sébastien Joly
- Timothy Duggan
- Xabier Zandio Echaide
- Óscar Freire Gómez
- Uomini
Ci ha provato, provato e riprovato. Ma forse non è un caso, per Cadel Evans, che il Criterium del Delfinato, il Tour in miniatura, il classico appuntamento per rifinire la preparazione in vista della Grand Boucle, sia diventato per lui un tabù tanto quanto la corsa a tappe più importante. Nel 2007 secondo prima dietro a Moreau, poi, al Tour, dietro a Contador, nel 2008 secondo dietro a Valverde e poi a Sastre. Una carriera alla rincorsa della maglia gialla, una carriera costellata di secondi posti, di critiche poco generose e applausi che non confortano. Una carriera a doversi arrendere a qualcuno più forte, a provarci sempre, anche in pianura, anche a 3 km dalla fine dell’ultima tappa, anche contro ogni logica. Perché fare il ciclista è anche questo, c'è spesso più da soffrire che da gioire, bravo lo stesso, Cadel, verrà anche il tuo giorno, forse, prima o poi.
Il rovescio della medaglia, Alejandro Valverde, che conquista il Delfinato per il secondo anno consecutivo, l’ha preso attaccando, prima, e con un'accorta e solida difesa poi. Grazie ad una squadra che l'ha tenuto al riparo dalle imboscate, grazie ad alleanze abilmente costruite (leggi: Liquigas) e ad altre un po' inaspettate (leggi: Contador). Ma grazie soprattutto a una notevole tonicità in salita, alla forma di chi sa che deve puntare tutto sul Tour in miniatura, visto che la caccia alla maglia gialla più pregiata gli sarà negata per via di assurdi giochi di potere e squallide manie di protagonismo.
Cadel soffre oggi, ma attende e spera per domani, Alejandro sorride a tre quarti, gioisce oggi ignorando la spada di Damocle. E Contador?
Alberto si allena, osserva gli avversari, prova la nuova bici da crono, sgambetta in salita attento a non esagerare, evitando con cura troppi fuori giri, dando l'impressione che sia facile, per lui, arrivare dove per gli avversari c'è il limite.
Poi ci sono i comprimari, e qui c'è da parlare di alcuni giovani talenti che escono ottimamente dalla corsa francese: 4° nella classifica finale, anni 23 appena compiuti, un po' imbastito a cronometro (o comunque peggio delle attese), Robert Gesink può adocchiare le salite del Tour con la sicurezza di chi in salita non è stato inferiore a nessuno. Sesto finale, anni 24 e un 2009 che già era sorprendente, Jacob Fuglsang ha corso da leader improvvisato e ha corso bene, a luglio sarà gregario prezioso nella Saxo dei fratelli Schleck.
Settimo finale, anni 25 e una stagione tutta concentrata sul Tour, Vincenzo Nibali è l'unica ragionevole prospettiva italiana per il Tour 2009. Buono a cronometro, ottimo sul Ventoux e molto tonico oggi, lo Squaletto è incappato ieri in una mezza giornata no, ma la sua forma sembra in crescendo. Alla Grand Boucle rischia di dover sgomitare un po', per fronteggiare prima l'agguerrita concorrenza interna di Kreuziger (e di Pellizotti), che quella degli avversari, ma il ragazzo ha grinta e se le gambe lo sosterranno...
Nella top-10 anche due vecchie volpi iberiche come Astarloza (5°) e Zubeldia (8°) e, a chiudere, due sorprese come l'altrettanto navigato Millar, 9° e davvero ottimo in salita, e Le Mevel, 10° e primo dei francesi, ahiloro.
L'ultima tappa ha visto il successo dell'olandese Stef Clement, cronoman di ottimo livello che finora aveva vinto una sola volta in una prova in linea, ben 6 anni fa, nel modesto Olympia's Tour. Il 26enne della Rabobank ha regolato in uno sprint ristretto lo statunitense Timothy Duggan (Garmin) e Sébastien Joly (FDJ). Il francese aveva provato la mossa da finisseur in vista dell'ultimo km, ma era stato poi riacciuffato grazie soprattutto a Clement, che ha poi approfittato della maggior freschezza per continuare a mulinare il rapportone, alzandosi sui pedali solo per pochi metri e mantenendo comunque la testa fin sulla linea.
I tre fuggitivi facevano parte di un'azione di ben 29 unità che aveva preso forma nei primi 10 km di gara. Ad animarla tutti atleti attardati in classifica, tra cui, oltre ai succitati, anche il basco Anton, una delle delusioni del Dauphiné 2009, il kazako Dyachenko, già in luce in Catalogna il mese scorso, alcuni habituée delle fughe come Kuschynski, Velo, Van Goolen e Augé, ma soprattutto un formidabile terzetto di passisti firmati Columbia, Grabsch, Hansen e Rabon, e i tre migliori gregari di Valverde, Pereiro, Gutierrez e Zandio, intelligentemente mandati in avanscoperta dal loro team per poi tornare utili al momento giusto al loro capitano, nonché capoclassifica.
La maglia verde Evans sceglie la tattica diametralmente opposta, tiene intorno a sé tutti i compagni di squadra, in attesa dell'impegnativa salita verso Saint-Bernard-du-Touvet: nonostante i 27 km tra la vetta e l'arrivo, è lì che l'australiano dovrà provare a piegare l'embatido.
Davanti, Grabsch s'avvantaggia in pianura sui compagni d'avventura, arrivando a conquistare fino a 7'50" a 47 km dall'arrivo. Al corpulento tedesco, vincitore della cronometro di mercoledì, è però troppo indigesta la salita e viene ripreso fin dalle prime rampe della stessa. Immediato, al ricongiungimento dei 29, il contrattacco di Adam Hansen e Duggan, che affrontano la salita in testa alla corsa. Circa 2'30" più dietro, il gruppo è stato già messo alla frusta dalla Silence, con gli ottimi Van Den Broeck e Matthew Lloyd come ultimi uomini per la maglia verde. Non ci sono abbuoni, la partita più importante si gioca quindi su un altro tavolo.
Il previsto attacco di Evans si materializza a 30 km dal termine: in risposta a un timido allungo di Moncoutié, lo scatto dell'australiano è decisamente pregevole e molto deciso. A rispondere non è Valverde, al momento isolato, bensì Contador, che, dando la sensazione di facilità di cui s'è detto, riporta dentro la maglia gialla, insieme a Nibali, particolarmente reattivo, e Gesink, che perde qualche metro ma recupera agevolmente. Nel corso dell'ascesa, i cinque riprendono i fuggitivi via via staccatisi, incluso Zandio, che prova a mettersi in testa al gruppo-Valverde per addormentare un po' l'andatura: il piano momentaneamente riesce, tanto che da dietro rientrano altri atleti, tra cui Astarloza e Millar.
È tempo per un nuovo attacco di Evans: ancora uno scatto deciso, ma ancora Contador, Valverde, Nibali e Gesink a rintuzzare. Il distacco dalla coppia di testa è di 1'42", quando si ripete il copione già visto: l'andatura si placa, rientrano da dietro i soliti noti, con Fuglsang, prima un po' in difficoltà, e Marzano. Riparte ancora Evans e questa volta è Valverde a muoversi in prima persona. Lo spagnolo a dire il vero pare controllare senza troppi patemi, con i soliti noti Nibali, Gesink e Contador, che sale da scalatore puro e quasi sempre sui pedali. Di nuovo la velocità scema e prova a farsi vedere Marzano, che innesca il nuovo contrattacco di Evans, bello e vano quanto i precedenti.
Il distacco dalla testa della corsa è sceso di poco sopra al minuto e mezzo: staccato Hansen, non proprio adatto a salite con queste pendenze, è toccato a Clement fare compagnia a Duggan. In vetta al colle di Saint-Bernard-du-Touvet, i due riescono a conservare 1'37" di vantaggio, mentre Zandio e Pereiro rientrano in gioco come gli uomini giusti al momento giusto, traghettando Valverde e il drappello dei migliori fino al gpm.
I km conclusivi sono sostanzialmente una passerella per lo spagnolo della Caisse d'Epargne, nonostante Evans - come detto - provi inutilmente ad evadere anche a 3 km dall'arrivo. Con il gruppo-Valverde neutralizzato dalla Caisse, le uniche emozioni le regala la lotta per il successo di tappa: il recupero di Joly sulla coppia di testa e il suo successivo allungo fanno sperare nel bis transalpino dopo l'affermazione di Moncoutié ieri. Come s'è visto però, l'atleta della Française des Jeux deve soccombere al rientro di Clement, così come Duggan, incapace di superare l'olandese allo sprint.(Stefano Rizzato )
In Svizzera, dopo il prologo stravinto da Cancellara, si attendeva una tappa impegnativa, ma con finale dedicato alle ruote veloci. Così è stato e il successo ha arriso al ventottenne austriaco Bernhard Eisel (Columbia), che ha colto la prima vittoria del suo 2009 sul traguardo di Davos, anticipando di pochi centimetri il tedesco Ciolek e il tre volte iridato Freire.
La prima tappa in linea del Giro di Svizzera prevedeva un anello di 150 km con partenza e arrivo nella cittadina di Davos, località famosa nell’ambiente degli sport invernali grazie a gare di coppa del mondo di sci nordico e ad uno dei principali stadi per l’hockey su ghiaccio delle alpi. Il profilo altimetrico della tappa presentava un inizio in discesa, poi un lungo fondovalle e la risalita finale a Davos, passando per il gran premio della montagna di Wiesen, 14 km di ascesa al 3,8% di pendenza media catalogato come GPM di prima categoria posto a 20 km dal traguardo e dal GPM di terza categoria di Glaris a 11 km dall’arrivo.
La corsa si è presentata ai piedi della salita di Wiesen con tre fuggitivi in avanscoperta: il francese Duclos-Lassalle, il basco Aramendia e l’austriaco Benetseder. La Saxo Bank del leader Cancellara non ha avuto problemi a tenere a bada i fuggitivi, limitandosi a controllare la corsa e ad evitare che il gap lievitasse in maniera pericolosa. Salendo verso Wiesen Aramendia si è issato solitario al comando con il gruppo in rimonta alle sue spalle. Dal plotone, a 4 km dallo scollinamento e a 25 dal traguardo è uscito allo scoperto Tony Martin, quinto della generale a mezzo minuto da Cancellara.
Martin, certamente a suo agio sulle pendenze non irresistibili della salita ha fatto un sol boccone del fuggitivo Aramendia e ha scollinato in testa con quaranta secondi sullo svizzero Ackermann, uscito dal gruppo a caccia di punti per la classifica degli scalatori e circa cinquanta secondi sul gruppo comandato dalla Saxo con Sorensen e Larsson in prima linea, ridotto a un centinaio di unità e senza più Mark Cavendish al suo interno.
Martin ha proseguito nella sua azione con vantaggio costante fino al secondo GPM, oltrepassato il quale sono entrate in azione le squadre dei velocisti, in particolare la Milram per Ciolek e la Rabobank per Freire. Così, nel giro di quattro km Martin è stato risucchiato dal plotone e Fabian Cancellara è andato indisturbato a cogliere 3 secondi di abbuono allo sprint intermedio posto a 6 km dal traguardo, confermando così di fare più di un pensierino alla classifica generale finale.
Dopo lo sprint con abbuoni, Jeremy Roy della Française des Jeux ha tentato l’assolo, guadagnando una manciata di secondi sul gruppo controllato sempre da Milram e Rabobank. Il tentativo del giovane transalpino è durato all’incirca 3 km ma nulla ha potuto contro la rimonta del gruppo. Prima dello striscione dell’ultimo km da segnalare il tentativo di Irizar.
Sempre la Milram in testa all’ultimo km, ma il treno Columbia emerge e infila in testa la serie di semicurve che portava all’ultimo rettilineo di circa 200 metri. Hincapie ha ricoperto alla perfezione il ruolo dell’ultimo uomo, lanciando lo sprint di Eisel. La volata è un testa a testa ravvicinato tra Eisel e il redivivo Ciolek. Alle loro spalle Freire, sicuramente in grado di dare la zampata vincente ma chiuso nel finale alle transenne da uno spostamento di Eisel (e di conseguenza di Ciolek) verso destra.
Eisel e Ciolek sono piombati sulla linea del traguardo gomito a gomito e solo grazie al colpo di reni l’austriaco del Team Columbia (36^ vittoria per la squadra nel 2009) ha avuto partita vinta sul giovane tedesco della Milram e su Freire che dopo aver alzato una mano dal manubrio per protestare ha nuovamente spinto sui pedali affiancando Ciolek. Dopo il traguardo Freire ha polemizzato vivacemente contro Eisel ma la volata è apparsa comunque nei limiti della correttezza e la vittoria di Eisel mai in discussione.
La tappa di domani parte da Davos e arriva a Lumino dopo 195 km di pedalate. Principale difficoltà della giornata il Passo di Lucomagno, che sfiora i 2000 metri. La distanza della vetta dal traguardo però, di circa 70 km, rende difficile pensare ad attacchi di uomini di classifica e spinge i pronostici al secondo round della sfida tra i velocisti.