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Bertagnolli fugge e rugge - Basso ci prova, Denis scarrozzato | Cicloweb

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Bertagnolli fugge e rugge - Basso ci prova, Denis scarrozzato

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Un'altra tappa di quelle che in teoria dovevano dare una caratterizzazione forte a questo Giro se n'è andata, e siamo qui a fare i conti con la classifica e a concludere che, come a Bologna, anche a Faenza nulla è cambiato.
La tre giorni appenninica si concluderà domani sul Monte Petrano, col «tappone» della corsa rosa 2009, ma i saliscendi emiliano-romagnoli di ieri e oggi non hanno spostato proprio niente tra i big, provocando solo un po' di scorie fisiche (ovviamente) e in termini di ruggini tra squadre rivali: tu non aiuti me, io corro contro di te; ma alla fine la somma algebrica di tutto ciò è 0.
Per il secondo giorno consecutivo una fuga arriva in porto, stavolta sono 16 uomini a muoversi e a guadagnare fino a 6'20". Vincerà alla fine Leonardo Bertagnolli, trentino che ha avuto la capacità di resistere davanti anche quando gli uomini di classifica si sono dati battaglia. Ma francamente ci si aspettava qualcosa di più da queste frazioni. Ne parliamo sotto.

Fughe, attacchi, inseguimenti
Perché per cominciare bisogna descrivere per bene questa Forlì-Faenza, in cui Navarro, Lastras, Pauwels, Grivko, Marzano, Stangelj, Montaguti, Facci, Bertagnolli, Serpa, Pinotti, Bak, Eskov, Vorganov, Donati e González Baeza hanno preso il largo al 30esimo km (più o meno), e hanno guadagnato fino a 6'20" su un gruppo tirato (ma non troppo) da una Rabobank interessata a non far prendere 10' di margine a un'azione in cui erano presenti uomini che potevano ambire alla maglia rosa se non altro virtuale (su tutti Serpa).
Dopo le grandi polemiche bolognesi tra i team (specialmente italiani), c'era curiosità intorno al modo in cui le squadre dei favoriti avrebbero interpretato la corsa. Se la LPR mette in fuga in una tappa con simili saliscendi un uomo come Montaguti, destinato a staccarsi, evidentemente l'intenzione reale è fare la corsa in proprio sulle ultime ascese di giornata (il Casale e il Trebbio). Ma la Liquigas ha rubato l'idea agli uomini di Bordonali, e si è mossa in anticipo sin dalla discesa del Valico La Valletta (a poco più di 50 km dalla fine): il forcing dei verdeblu ha fatto parecchi danni, in effetti, visto che il gruppo dei migliori si è ritrovato frazionato in quattro tronconi, e con il dilatarsi degli spazi tra i vari spezzoni, se n'è andato definitivamente il sogno di Gibo Simoni di rientrare nei giochi dell'alta classifica: staccato, il trentino ha tirato i remi in barca e ha preso un quarto d'ora, ponendo così le basi per una sua fuga da lontano domani.
Ma siccome non era certo (o non solo) l'estromissione di Simoni dalla top ten l'obiettivo della Liquigas, dell'altro, molto altro, bolliva in pentola. Per esempio, un attacco di Ivan Basso sulla successiva salita di Monte Casale. Il primo affondo di Ivan ha sollecitato la risposta di Menchov e Di Luca (tutti gli altri dietro). Il secondo affondo, il vero e proprio allungo al secondo km di salita, ha permesso al varesino di fare il vuoto: e solo Garzelli (con gran fatica) è riuscito a riportarsi sul collega e conterraneo.
Menchov a quel punto era rimasto senza compagni, nella condizione ideale per essere attaccato anche dagli altri rivali. E invece inspiegabilmente, a quel punto ci ha pensato la LPR di Di Luca (col lavoro di Spezialetti) a tenere a galla la maglia rosa e gli altri: è indubbiamente possibile che - oltre al fatto che Basso resta un temibile rivale per Danilo - le ruggini di ieri (con gli LPR che hanno accusato i Liquigas di troppa remissività) si siano ri-manifestate in questo modo.
Ma non può sfuggire il concetto che non si può sbraitare il giorno prima contro avversari che non corrono secondo le proprie attese, e poi macchiarsi il giorno dopo di un errore tanto marchiano come quello dei BordoBoys oggi.

Chi si allea e chi va fuori di Cervélo
In ogni caso Basso e Garzelli hanno trovato strada facendo l'ausilio dei gregari Stangelj e Donati (che erano reduci dalla fuga dal mattino), e hanno guadagnato oltre 1' su Menchov e soci, vantaggio conservato sia sulla discesa del Casale che sulla salita del Trebbio.
Nel frattempo davanti c'era una grande morìa di fuggitivi ormai allo stremo, e i soli Bertagnolli, Pauwels e Marzano resistevano in testa: ma il ritmo del Berta era talmente elevato che il terzetto, dopo essersi visti arrivare Basso e Garzelli a 1'45" ai piedi del Trebbio, ha addirittura riguadagnato, scollinando con 2'16" sulla coppia varesina.
Ma le notizie più importanti giungevano da dietro: infatti Menchov, sempre solo e con la LPR che finalmente era rientrata nei ranghi, ha trovato altre alleanze nella Quick Step della coppia Facci-Seeldraeyers e nella Caisse d'Epargne di Arroyo-Lastras. Si potrà discutere per una settimana di certe dinamiche, ma nulla di non legittimo è avvenuto, e così gli inseguitori hanno recuperato rapidamente su Basso e Garzelli, che a un certo punto, dopo il Gpm, si sono rialzati rinviando i loro progetti a momenti migliori.
E solo a 200 metri dalla cima un Di Luca troppo timido aveva tentato un attacco: scatto bellissimo, per carità, ma poco fruttuoso, visto che Menchov aveva risposto senza battere ciglio, Sastre era arrivato subito dopo, e Leipheimer (non propriamente l'immagine della brillantezza, oggi) e Bruseghin immediatamente a ruota.
La tragicommedia è andata quindi in scena in casa Cervélo: un problema meccanico aveva fatto fuori Marzano, sicché con Bertagnolli era rimasto il solo Pauwels, perennemente passivo alla ruota dell'italiano, ma con buone chance di battere il compagno di fuga in uno sprint a due. Senonché Sastre, rimasto solo in quei palpitanti frangenti, ha sentito la necessità di avere un gregario accanto, e ha imposto alla sua ammiraglia di fermare il povero belga. Il quale dapprima non voleva saperne, poi sì, poi no, mi fermo o non mi fermo, alla fine si è rialzato e ha lasciato andar via Bertagnolli; ma non ha completato l'opera, visto che non ha aspettato Sastre ma ha continuato a pedalare con Marzano, Pinotti e Bak (conquistando alla fine un tristissimo secondo posto). Ora, Sastre sarà anche il vincitore dell'ultimo Tour e merita rispetto, ma quella nei confronti di Pauwels è parsa una crudeltà abbastanza gratuita ed evitabile. Vuol dire che la Cervélo non è troppo interessata a vincere una tappa al Giro.

Malinconiche conclusioni
Con Bertagnolli meritevole vincitore e i migliori tutti raggruppati la tappa è finita senza lasciare segni in classifica, e a questo punto s'impone una riflessione: crono a parte, le tappe fin qui disputate hanno provocato movimenti minimi nella generale. Tutti insieme a San Martino di Castrozza, tutti insieme a Siusi (a parte Pellizotti che perse quasi 50"), tutti vicini vicini a Pinerolo, tutti insieme a Bologna, tutti insieme a Faenza. Solo gli abbuoni hanno permesso a Di Luca e Menchov di rimpinguare il magro bottino, e in una frazione come quella odierna abbiamo avuto un attaccante coraggioso (Basso), partito sulla penultima salita di giornata, che - con la sua squadra - ha fatto tutto il possibile per incidere, senza riuscirci.
Che vuol dire? Vuol dire che il terreno non era decisamente propizio per gli attacchi, visto che dalla vetta del Trebbio (ultima asperità) al traguardo c'erano 26 km di falsopiani, discesa, pianura. Se per creare qualche distacco c'è bisogno di rarissime congiunzioni astrali, evidentemente questo percorso ha qualcosa che non va. Alla presentazione avevamo concesso a Zomegnan un'apertura di credito che forse fu eccessiva. La verità è che due settimane di Giro sono alle spalle senza che nulla di memorabile sia avvenuto.
L'organizzatore potrà anche ribattere che lo scorso anno il Mortirolo venne percorso dai migliori tutti insieme: ma per essere al di sopra di ogni critica, chi disegna un Giro deve mettere a disposizione dei corridori un percorso selettivo. Poi se la selezione non viene, potremo criticare i ciclisti, ma intanto il terreno per attaccare e dare spettacolo ci deve essere: e far passare tappe vallonate come appuntamenti centrali nella lotta per la maglia rosa è una politica che, come abbiamo visto, non paga: hai voglia a invocare la fantasia di chi corre, se poi quando quella fantasia viene messa in campo viene frustrata dalla pochezza delle altimetrie.
Certo, c'è ancora una settimana di gara, e molto potrà succedere. Ma dove? Sul Blockhaus dimezzato? Sul Vesuvio che a stento arriva a 1000 metri di quota? Sullo strappetto di Anagni? Non ci rimane che aggrapparci con tutti noi stessi alla tappa di domani, vero snodo decisivo di questa corsa rosa del Centenario. Dita incrociate, e speriamo bene.

Marco Grassi    

 

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