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Haedo²? Gavazzi³! - A Mattia fa eco Greipel al TDU

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E pensare che fino all'altroieri Gianni Savio era a casa a sincerarsi telefonicamente con i vari organi di informazione che i comunicati stampa della sua squadra arrivassero sani e salvi a destinazione; poi, passano due giorni, il tempo di un rapido cambio di continente, ed ecco che il baffo italiano più famoso del Sudamerica (dopo Gianni Minà) piazza la sua solita zampata nelle corse più remote ma a loro modo e in un certo senso anche più affascinanti del globo.
Perché è comunque intrigante, ora che mancano ancora due mesi alla Sanremo, andare alla scoperta del ciclismo degli altri mondi, vedere come viene vissuto a migliaia di chilometri da noi lo sport della bicicletta. Di sicuro la gioia per una vittoria è sempre bella, a qualsiasi latitudine la si raggiunga: e a Mattia Gavazzi non sarà certp spiaciuto alzare le braccia per la prima volta nella stagione in Argentina, in una corsa che solo da pochi anni ha raggiunto una certa notorietà (ci è passato anche Riccò): il Tour de San Luís, iniziato con una discesona di quasi 170 km da San Luís a Villa Mercedes.
Il prevedibile arrivo in volata si è verificato malgrado gli sforzi dei fuggitivi di giornata Maynes, Moyano e Rosendo; la Serramenti Diquigiovanni di Savio ha avuto buon gioco nel preparare lo sprint per Gavazzi, il quale già sabato aveva saggiato la sua condizione raccogliendo un settimo posto nella terza tappa del Giro del Sol San Juan (beh, uno si fa 10mila chilometri per andare in Argentina, il minimo che ti aspetti è che non si limiti a una sola breve corsa a tappe).
Stavolta al 25enne figlio d'arte, alla prima stagione con il team di Savio, è andata decisamente meglio, visto che si è messo alle spalle un'intera famiglia di velocisti: i fratelli Haedo, il più famoso Juan José e il giovane Lucas, secondo e terzo a rosicare dietro all'italiano venuto a Villa Mercedes a rovinare la festa patriottica albiceleste. Gavazzi è anche il primo leader della classifica, anche se già la seconda tappa dovrebbe rivoluzionare la generale, visto l'arrivo in salita a Mirador del Potrero.
E se da un italiano si dovesse passare ad un altro, segnaliamo che oggi si è piazzato al 55esimo posto, tranquillo e serafico in mezzo al gruppo, quel tal Ivan Basso di cui qualcuno di voi avrà sicuramente sentito parlare in giro. Si dice che la sua marcia di avvicinamento ai grandi appuntamenti stagionali prosegua nel migliore dei modi; visto che il varesino ha dimostrato di non disdegnare di mettere il naso davanti anche su traguardi esotici (vedi l'ultima Japan Cup), chissà che non decida di fare una sgambata su quella salita che porta al traguardo.

Sì, d'accordo che siamo a gennaio e certe cose ai nostri beniamini non dovremmo neanche chiederle; ma il fatto è che da tutt'altra parte rispetto all'Argentina, e pure rispetto all'Italia, la nemesi rimaterializzata di Basso sta raccogliendo consensi e applausi. Lance Armstrong, in Australia, non è andato a guardare il tennis e a fare il turista, ma suda (tanto) come tutti gli altri protagonisti del Tour Down Under, uno dei giretti più caldi (40° e passa) del calendario, creato appositamente per farci schiattare d'invidia, noi al freddo dell'inverno occidentale, loro a pedalare e divertirsi nell'estate degli antipodi.
Nell'afa australiana, il più cool della corsa si conferma quell'André Greipel che l'anno scorso spadroneggiò, diventando suo malgrado un simbolo del degrado UCI, con quella inutile maglia bianca del Pro Tour conquistata dal tedesco proprio al Down Under e detenuta fino a primavera inoltrata. Quando però il ragazzo ebbe modo di farsi conoscere un po' da tutti, con l'insperato successo di tappa a Locarno al Giro d'Italia, previo gentile omaggio del compagno Cavendish, che smise di pedalare quando si rese conto che il suo apripista (Greipel, appunto) era già irraggiungibile dai rivali.
Allora la squadra si chiamava ancora High Road, poi divenne Columbia, e anche in questo primissimo scorcio di 2009 si conferma formazione compatta e vincente: dopo un importante contributo per annullare la fuga a due in azione dall'inizio della tappa (Kaisen e Lafuente in avanscoperta con un vantaggio che ha toccato i 6'40" a 100 km dal traguardo); dopo aver rintuzzato (insieme al team Katusha [leggi McEwen]) anche un contropiede del giovanissimo Bobridge, che, già attivo in avvio, ci teneva a passare in testa nel suo villaggetto; e dopo aver preso atto che anche Liquigas e Rabobank, oltre ai Katusha, organizzavano i loro treni; dopo tutto ciò, non rimaneva che sprintare, in quel di Mawson Lakes.
McEwen, vincitore del criterium di Adelaide due giorni fa, è stato messo fuori causa dall'urto con la macchinetta fotografica di uno spettatore, che l'ha inavvertitamente colpito alla mano: niente di grave, ma ciao volata, visto che in quel momento Greipel emergeva fortissimo da dietro e Robbie il folletto non ha potuto più opporre nulla alla potenza del tedesco. Il tris australiano alle spalle dell'uomo Columbia (Cooke-O'Grady-McEwen) ha anticipato il nostro Jacopo Guarnieri, che ha fatto meglio dei compagni Chicchi e Corioni. Armstrong è finito fuori dai primi 100, ma ciò non preoccupa il texano, che ha anzi esplicitamente promesso che si farà vedere su qualche salitella: magari già domani, sullo strappetto di Stirling, sede d'arrivo della seconda frazione. Noi qua stiamo; e siamo pure abbastanza curiosi...

Marco Grassi

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