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Welcome back, AleJet! - Vuelta: fuga Moncoutie, big inani | Cicloweb

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Welcome back, AleJet! - Vuelta: fuga Moncoutie, big inani

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Nel Libro Supremo della Storia del Ciclismo, che sarà editato e pubblicato prima della fine dei tempi, a questo 2008 resterà incollata l'etichetta di «Anno delle fughe».
Mai come in questa stagione infatti si sono registrate tante azioni partite da lontano e coronate dal successo: nei grandi giri quella della fuga che va in porto sta diventando quasi una regola. I motivi sono tanti e vari.
Intanto i corridori all'attacco si son fatti più furbi: non si sfiancano nei primi chilometri della loro azione, vanno di conserva e tengono da parte delle energie da spendere nel finale, quando il plotone accelera.
Poi si registra una maggiore disorganizzazione in gruppo, le squadre sono meno competitive di qualche anno fa (può essere che la redistribuzione di forze figlia del Pro Tour abbia influito in ciò), e c'è da dire che anche molti dei corridori più bravi sono appiedati/squalificati, e quindi per chi tirano i gregari se i capitani non ci sono più? (Indubbiamente il livello, senza i Basso, i Vinokourov, i Riccò e tutti gli altri, è calato molto).
Quest'interminabile premessa solo per annunciare che, a Pla de Beret ieri, nella seconda tappa di montagna della Vuelta, ha vinto David Moncoutie, francese partito lancia in resta con altri 4 (Gárate, Eskov, Kern e Joly) a 113 km dal traguardo, e rimasto da solo sulla salita della Bonaigua, vetta a 19 km dal traguardo. Una salita su cui tra i big non si è registrato altro che un blando forcing dell'Astana, buono per scremare il gruppo a una trentina di unità e per mettere fuori causa la maglia oro Ballan: il trevigiano - così come Cunego, che gli aveva fatto da gregario nei primi chilometri di tappa - non è riuscito a tenere le ruote dei migliori, cosa invece riuscita a un sorprendente Bettini e a un titanico Bruseghin.
In discesa Joly è rientrato su Moncoutie, ma all'approccio della scalata finale a Pla de Beret (Gpm a meno di 3 km dalla fine), il più esperto David se n'è andato di nuovo da solo, e questa è stata la volta buona.
Per vedere qualcosa nel gruppo dei più accreditati, si è dovuto attendere i 6 km al traguardo: dopo una buona andatura ancora dell'Astana, Sastre ha patito, e Leipheimer ha provato a forzare con Joaquím Rodríguez a ruota; Gesink è stato il primo a chiudere sui due, ma poi ha pagato un po' lo sforzo, finendo a fare l'elastico insieme a un Sastre molto bravo a gestire una giornata non trascendentale e a terminare la tappa con Leipheimer e compagni.
L'americano si è incaricato di annullare un tentativo di Arroyo ai 5 km, e subito in contropiede è partito Contador, a cercare di monetizzare le energie spese dai suoi compagni (Rubiera su tutti) per preparargli il terreno. Un Valverde molto più brillante di ieri si è incollato al vincitore dell'ultimo Giro e non lo ha mollato un secondo; poco dopo è rientrato, col suo passo, anche Antón, che - malgrado si sia poi staccato di nuovo ai 4 km, è tornato sui due definitivamente ai 3 km.
Il gruppo tirato da Mosquera ha limitato decisamente i danni, se è vero che l'ordine d'arrivo ci dice che Moncoutie ha preceduto di 34" il terzetto formato da Valverde, Contador e Antón (in quest'ordine: ovviamente Valverde non ha dato un cambio ai compagni d'azione, per poi bruciarli allo sprint valido per il secondo posto di tappa e per i 12" di abbuono ad esso connessi); e che tutti gli altri big sono arrivati poco dopo, ad appena 5" da Alberto e compagni: se questo doveva essere il secondo tappone pirenaico consecutivo (e in effetti lo era...), non si può non essere profondamente delusi da un andamento della gara quantomai antispettacolare. Si vivacchia, si tira a campare, non c'è l'ombra di un attacco serio, tutti marcano tutti, nessuno fa la differenza, e un Bruseghin alla terza grande gara a tappe nel 2008 può fregiarsi di un temporaneo decimo posto in classifica. Di buono c'è che tutto può ancora succedere, visto che alle spalle di Leipheimer maglia oro l'incertezza regna sovrana, con Contador a 21", Valverde a 49", Sastre a 1'27", Mosquera a 1'59" e Antón a 2'12". Gesink era molto atteso ma è a 3'11" dall'americano della Astana, in nona posizione.
Domani ci sarà un'altra giornata da fughe nella tappa di Sabiñánigo, per rivedere qualche gioco per la classifica bisognerà aspettare il fine settimana.

Aspettare non è evidentemente stato un problema per Alessandro Petacchi, come si è visto oggi a Londra. O meglio, sarà di sicuro stato un problema, ma pare che l'inattività forzosa dello spezzino non gli abbia tolto forza e brillantezza. Per chi se lo fosse scordato, AleJet è stato protagonista di uno dei più controversi casi di doping degli ultimi anni: positivo al salbutamolo, sostanza contenuta nel Ventolin (farmaco antiasmatico che ha il permesso medico di usare), assolto in prima istanza ma poi squalificato in appello (perché la concentrazione di salbutamolo era superiore alla norma, ma forse solo per un eccesso di spruzzate durante la piovosa tappa di Pinerolo al Giro 2007), Alessandro Petacchi ha dovuto scontare 5 mesi di stop, e proprio oggi è rientrato in gara, nel Giro di Gran Bretagna. E visti gli esiti, AleJet può certificare che sì, il tempo in effetti è galantuomo.
Infatti il rientro è stato di quelli col botto fragoroso: volata nella prima tappa della corsa britannica, a Londra, e vittoria inconfutabile, come solo lo spezzino sa fare, davanti a Hayles, Backstedt e Downing. Vero che la corsa non è di primissimo piano, e gli avversari messi in fila non sono quelli che farebbero tremare i polsi in una Milano-Sanremo; ma con la nuova squadra (la LPR di Danilo Di Luca, attivissimo oggi sulle strade della capitale inglese), Petacchi si toglierà molte altre soddisfazioni: e noi saremo qui a raccontarle.

In tema di velocisti molto amati, come non gioire per la vittoria di Robbie McEwen nella Classica di Amburgo? L'australiano, autentico mattatore nelle volate dei grandi giri, è un po' a corto di successi pesanti nelle più prestigiose gare in linea: per un motivo o per l'altro, Magic non è mai riuscito ad esprimersi al meglio nelle grandi classiche, anche quelle più adatte a lui (Sanremo, Gand, Tours). Quindi la sua affermazione ad Amburgo va salutata con la stessa gioia con cui accoglieremmo il successo di un vecchio amico: a 36 anni è anche bello che l'australiano, che tanto ci ha fatto divertire nel corso della sua carriera, raccolga anche qualche traguardo fin qui sfuggitogli.
McEwen ringrazia calorosamente il Team Columbia, che avendo tra le sue fila un Ciolek in un buon momento, si è sentito in dovere di chiudere su ogni possibile attacco di giornata: annullati quindi i tanti tentativi susseguitisi intorno al Waseberg, non ultimi un allungo di Visconti a 20 km dalla fine e un successivo contropiede di Wegmann, Bertagnolli e Pellizotti.
Volata, quindi, e mentre Ciolek, un po' chiuso, perdeva il tempo giusto, McEwen ha preso in testa lo sprint e nessuno è riuscito a mettergli il sale sulla coda, non Renshaw in rimonta, non Allan Davis né Murilo Fischer né Joaquín Rojas, tutti accomodatisi alle spalle di Magic nell'ordine d'arrivo.

Per chiudere, ancora una volta, con le gare del calendario italiano, abbiamo un po' di complimenti da fare a Enrico Gasparotto, che non ha aspettato molto per consolarsi della sconfitta patita ieri alla Placci per mano di Paolini. Il friulano si è aggiudicato oggi il Giro della Romagna, battendo in uno sprint a tre Francesco Reda e il compagno Chris Pfannberger. I tre erano partiti al km 39 di gara in un gruppo composto da 23 uomini (tra cui Paolini, Solari, Finetto, Richeze, Pidgornyy, Celli e Sacchi), e di fatto questo drappello è andato a giocarsi il successo nella classica di Lugo.
I 23 si sono ulteriormente scremati strada facendo, finché sull'ultima salita di giornata, la Cima Vernelli (a 20 dal traguardo), Gasparotto, Reda e Pfannberger si sono definitivamente avvantaggiati, involandosi verso lo sprint ristretto.
Anche se rischia di diventare esercizio ozioso, va ricordato che Gasparotto è un altro dei nomi che Ballerini potrebbe prendere in considerazione per il Mondiale di Varese. Esercizio ozioso perché ogni giorno vien fuori un personaggio di cui tenere conto in chiave iridata: ora dovremmo essere a circa 180 papabili per la formazione azzurra, e il lavoro di scelta per il ct si complica di ora in ora, anziché semplificarsi. Non vorremmo che il Ballero si dovesse ridurre al testa o croce per dirimere qualche testa a testa tra i suoi/nostri tanti galletti...

Marco Grassi

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