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Primo Levi, che romanzo! - Leipheimer centra crono e maglia

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Se questo è un uomo, e non un calcolatore elettronico, siamo di fronte a una persona con un QI da far paura: Levi Leipheimer detto Eolo, re dei venti, ma venti son pochi, al momento è anche re dei centosessantasette che compongono la classifica della Vuelta, che lui si trova a guidare dopo la cronometro di Ciudad Real; Levi Leipheimer che fa un numero che è la somma di forza (quella ci vuole di base) e intelligenza, e lungimiranza, e controllo perfetto di sé e di tutte le componenti, di tutti i fattori, di tutte le possibilità, roba da QI elevato, per l'appunto: Levi Leipheimer che, quando il vento ti spacca in quattro (avrebbe detto zio Dan), lo cavalca, semplicemente. Cavalca le correnti gravitazionali e ha cura di gestirsi nella prima parte di gara, quando le folate spirano in faccia, e quando altri spendono troppo per fronteggiarle. Levi no, si gestisce, perde qualcosa, perde forse troppo rispetto a quanto ci si attendesse da uno con la sua attitudine; ma poi, show e colpo di scena, quelle energie risparmiate se le ritrova tutte, dalla prima all'ultima, nei 15 km finali, quando gli altri di cui sopra patiscono, e lui invece se ne vola bellamente a superare tutti e a mettere secondi, pesanti e preziosi, tra sé e il resto della Vuelta.
Vince la crono, Leipheimer, e si issa in cima alla classifica. Per un normale giorno di metà settimana di inizio settembre, il bottino è più che lusinghiero. Si mette tutti dietro, ed ora potrà giocare di rimessa sulle montagne. Che sono tante (anche se malconcentrate), o se non proprio tante, comunque sufficienti a far saltare all'aria chi non avrà la pedalata giusta. Ma un Leipheimer in difesa è un brutto cliente, assai più che se l'americano si trovasse a dover attaccare. E poi in casa Astana come la mettiamo a questo punto? Per chi si fa la corsa, per Levi in maglia oro o per Contador capitano designato? Bel dilemma da sciogliere nei prossimi giorni, di sicuro un tema caldo e appassionante in questa Vuelta in cui i pretendenti al successo non sono tantissimi.
La corsa della vita stava per farla Manuel Quinziato, primo al primo intertempo (km 14 su 42) con 5" su Ignatiev, 11" su Valverde, 17" su Boonen, 22" su Leipheimer, 26" su Klöden e Chavanel, 30" su Contador, 42" su Bennati, 59" su Sastre. Questa era la fase del vento contrario, una fase che durava fino al km 18, dopo il quale i corridori si son trovati 10 km di vento laterale. E il bolzanino (che stagione la sua!) ha continuato a gareggiare su livelli d'eccellenza, se è vero che anche al secondo intertempo (km 28) era in testa, con margini aumentati su tutti: Ignatiev da 5" a 24", Chavanel da 26" a 41", Leipheimer da 22" a 42", Valverde da 11" a 51", Contador da 30" a 57", Klöden da 26" a 1'15", Boonen da 17" a 1'26", Sastre da 59" a 1'51", Bennati (che una volta capito che non si riusciva a tenere botta ha tirato i remi in barca dicendo arrivederci alla maglia oro) da 42" a 2'27".
Con questi chiari di luna e un simile trend, come pensare che Quinziato avrebbe potuto cedere di schianto negli ultimi 14 km? E infatti Manuel non è certo andato in crisi, ma evidentemente i due che poi gli sono finiti davanti al traguardo o hanno trovato un po' più di vento favorevole (Quinziato era partito ben prima), o si sono gestiti meglio. Chavanel meglio. Leipheimer enormemente meglio. L'americano ha rosicchiato al corridore della Liquigas la bellezza di 1'15", 5"35 al chilometro! Una prestazione monstre, da ovazione. Una prestazione che ha permesso a Levi di guadagnare in quel tratto 13" su Chavanel, 25" su Contador, 50" su Valverde, 51" su Klöden, 21" su Sastre.
Con simili tempi, è più che giusto che Leipheimer indossi la maglia oro. Chavanel, secondo, riproverà a vincere andando in fuga (non lo conoscessimo...); Quinziato resta un po' deluso, visto che a un certo punto ci stava facendo la bocca, ma si porta a casa la convinzione di una convocazione in nazionale (e uno in queste condizioni non lo terremmo solo per la crono iridata, fossimo in Ballerini), che è pur'esso un bel traguardo, nell'attesa di mettersi a lavorare per Bennati.
Gli altri: Valverde era partito a spron battuto, alla fine qualche coccio lo raccoglie, ma non piange troppo, visto che da Contador ha perso solo 10" e, Leipheimer a parte, ha guadagnato su tutti gli altri rivali di classifica. Sastre s'è difeso (1'30" da Levi), Klöden è andato sotto le attese (1'24", ma forse la caduta di ieri...), Gesink ci rimette 2'08", Mosquera 2'09", Antón 2'35", e probabilmente coi papabili alla vittoria finale abbiamo finito. Non c'è nel novero alcun italiano, Cunego compreso: il veronese, solo 80esimo, paga 3'52" all'americano e conferma di non essere adatto - se non alle corse a tappe tout-court, a questa Vuelta - anche se le salite sono ancora di là da venire.
In classifica Leipheimer ha 2" su Chavanel, 30" su Valverde, 32" su Boonen (che ci ha provato, eccome!, a prendere la maglia oro), 47" su Contador, 1'27" su Sastre (in mezzo i vari Van Goolen e Cornu, bravi contro il tempo oggi, e Bennati, scivolato in ottava posizione a 1'38"). Nulla è ancora deciso, ovviamente, ma ora che siamo entrati nel vivo, aspettiamo con impazienza che passino le giornate di domani (tappa interlocutoria) e venerdì (riposo) perché vorremmo già essere sulle montagne a provare a capirci qualcosa in più.

Quel qualcosa in più che ha dimostrato di avere Gerald Ciolek, sorprendente e inatteso vincitore della quinta tappa del Deutschland Tour. Si fosse arrivati in volata in piano, tutto rientrerebbe nella norma, ma siccome il traguardo era posto in cima a uno strappo abbastanza impegnativo, 10 km di salita con punte al 10% (e con l'Astana che a tratti ha messo tutti in fila), la splendida affermazione del tedesco apre uno scenario nuovo sulla sua carriera e le sue caratteristiche: velocista sì, ma alla Zabel, e anche di più, visto che Erik di queste imprese non è che ne abbia fatte in quantità, mentre Gerald è già alla seconda in questa stagione (la prima in maggio al Giro di Baviera).
La tappa, che Brajkovic vedeva come una (blanda) occasione per provare a mettere in difficoltà l'armata Columbia (a cui appartiente, manco a dirlo, anche lo stesso Ciolek), si è risolta in maniera abbastanza ordinaria: fuga a sei da lontano, poi tra i sei emersione solitaria e prepotente di Gustav Larsson, che a 44 km dall'arrivo ha salutato i compagni d'avventura su una salitella, ma a cui sono poi mancati i 20 km finali.
A riprendere lo svedese è stato Peter Velits, poi raggiunto a sua volta da Carlström. I due hanno guadagnato fino a 40" sul gruppo, ma nel finale prima lo slovacco (ai 3 km), poi il finlandese (ai 1300 metri) si sono dovuti arrendere. Proprio mentre il plotone (quel che ne restava) si stava per riportare su Carlström, De La Fuente (già attivo in precedenza) ha provato la sparata che tanto bene gli era riuscita l'altro giorno; ma stavolta il portacolori della Scott non ha resistito fino al traguardo, ripreso ai 350 metri dagli inseguitori lanciati in volata.
E tra tutti quelli che stavano dietro, il più veloce era indubbiamente proprio Ciolek, che ha vinto nettamente (su Bertogliati e un buon Bertagnolli) e che prolunga la dolce settimana tedesca del Team Columbia: un dominio assoluto per gli uomini in azzurro, riuscirà Brajkovic a spezzarlo, da qui a domenica?

Marco Grassi

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