Pozzato apre il (Liqui)gas - E in Germania Gerdemann fa festa
L'unico problema per lui al termine di questa giornata sarà stato far pronunciare bene agli spagnoli quella doppia zeta che infioretta il suo cognome: impresa difficile, per un castigliano, venire a capo di quel ronzio nel bel mezzo della parola "Pozzato". Ma non più facile impresa era, alla vigilia e sulla carta (il principe Totò avrebbe avuto qualche suggerimento valido su cosa farne, della suddetta carta...), vincere la cronosquadre di Granada, per la Liquigas scesa in Spagna per ben figurare in qualche volata (Bennati, Corioni) o in qualche fuga (Pozzato stesso, Quinziato).
E invece l'ensemble assemblato da Zanatta e Scirea ha fatto il colpaccio, in barba alle pronosticatissime Astana e CSC dei favoriti Contador e Sastre. I favoriti, almeno in questo primo giorno di scuola, si accomodano all'ultimo banco (i Riis-Boys, quinti a 11" dai verdi venuti dall'Italia) o proprio fuori dall'aula (i kazaki, solo ottavi e disorganizzatissimi - appena in cinque su nove al traguardo!). Ma si sa che questo tipo di prova, così concepito, serve giusto a dare una sgrossatina alla classifica, senza incidere più di tanto sulle vite di chi vi si cimenta.
Quindi tributiamo i giusti onori all'oliatissima macchina Liquigas, un meccanismo che - su una simile distanza (neanche 8 km) - poteva contare a occhi chiusi sugli stessi Pozzato e Bennati, ben innestati in un treno guidato da quella locomotiva di Quinziato (che a volte dà l'impressione di avere ruotone di ghisa lucente al posto delle gambe) e tirato indefessamente dai Vanotti come dai Franzoi, dagli Agnoli come dagli Stangelj (senza scordare Santaromita e Corioni, staccatisi strada facendo ma dopo aver dato tutto per la causa). E questo rapido Granada-Granada ha potuto così lanciare il suo uomo più chic nella posizione a lui più consona, ovvero in copertina.
Filippo Pozzato, che viene da un'annata tutt'altro che positiva, veste la prima maglia oro della Vuelta 2008; "with a little help from my friends", potrà cantare (se nella versione Ringo o in quella Joe Cocker, lo stabilirà il quantitativo di champagne sbevazzato per festeggiare), ma l'importante è il risultato, e per una volta il ragazzo di Sandrigo non avrà da rimproverarsi nessun errore tattico o gestionale. Meglio così.
Alle spalle della Liquigas - chi l'avrebbe mai detto! - la Euskaltel. Se gli uomini di Zanatta qualche exploit del genere ce l'hanno in curriculum (per tutti valga l'esordio al Giro 2007), i baschi d'arancio vestiti sono gli ospiti più inattesi al banchetto del podio di giornata. Buon per Igor Antón, che da capitano della squadra seconda oggi si ritrova davanti anche a Valverde, terzo con la Caisse d'Epargne a 9" da Pozzato e soci. La scansione di un solo secondo che divide le squadre dal secondo al nono posto (Euskaltel a 8", Caisse a 9", Quick Step a 10", CSC a 11", Tinkoff - molto attesa - a 12", Rabobank a 13", Astana a 14", Milram a 15") la dice lunga sull'equilibrio estremo della prova, ma anche del bel solco scavato dalla Liquigas su tutte le altre.
Tra le curiosità di giornata, fa un po' sorridere che la squadra di casa, l'Andalucía-Cajasur, si sia andata a infilare direttamente all'ultimo posto di giornata, a 32" dai Liquigas. Si sorride un po' meno - invece - nel notare che le ultime sette posizioni della cronosquadre siano occupate dalle due Professional spagnole (e ci sta: Xacobeo 15esima, Andalucía - come detto - 19esima e ultima) e dall'intero Pro Tour francese. Ben cinque team transalpini su cinque dimostrano di essere arrivati a questo punto della stagione quantomeno col fiato corto. Più in generale, si capisce quanto il movimento francese sia sovradimensionato; e se questa riflessione dovrà per forza tornare buona in sede di riscrittura del Pro Tour (deogratias, forse ci siamo vicini), sarebbe un caso che un pensierino ce lo facesse anche chi organizza il Giro: quanto una corsa nazionale potente traina l'intero movimento nazionale? Tanto, e ne riparleremo.
Al momento, invece sarà il caso di parlare di Linus Gerdemann, che non ha aspettato troppo tempo per assestare una botta potente allo scenario del Deutschland Tour. Il settimo posto del tedeschino nel prologo di ieri aveva chiarito a tutti che le idee del ragazzo erano bellicose, come del resto anticipato anche dalla sua recente vittoria alla Coppa Agostoni. Ma chissà quanti si aspettavano di vedere il quasi-26enne di Münster dare la bella sgasata che sull'arrivo in quota di Hochfügen gli ha permesso di anticipare tutti.
La tattica di giornata, tutta in mano al Team Columbia in testa al gruppo spezzettato dalle salite poste sul percorso e pure da una caduta, si è sublimata nell'operato di un Lövkvist in versione rimorchiatore: lo svedese ha spianato metà della salita finale, prima che Gerdemann si mettesse a far da sé, e tra gli avversari il solo Caucchioli stava resistendo al forcing Columbia. Il veneto si è poi staccato nel finale, contestualmente al ritorno in auge di Brajkovic, che si è riportato su Lövkvist ed ora è il più credibile rivale della coppia del team americano. Caucchioli ha poi chiuso la sua tappa a 50" da Gerdemann e alla ruota di un Rujano che mai più definiremo ritrovato (sì, ci piacerebbe dirlo, ma non ci fidiamo più - per ora) e di un discreto Mollema (la Rabobank continua a sfornare nomi interessanti), mentre il pedale italiano piazza nei dieci anche Capecchi e Noè, il giovanissimo e il vecchietto.
E giusto per non farci mancare niente, c'è stato anche il thrilling conclusivo di un auricolare che ha sentito l'esigenza di fare il viaggio inconsueto dall'orecchio agli ingranaggi del cambio di Gerdemann, impedendo così al tedesco di alleggerire il rapporto, rimasto inchiodato su denti troppo duri per quel finale: a detta dello stesso leader della classifica (che ha 17" su Lövkvist, 20" su Brajko e 58" su Caucchioli), questo scherzetto gli è costato non meno di 30" (la bici non l'ha cambiata perché così facendo avrebbe forse perso anche di più, tra sosta e faticoso ritrovare il giusto ritmo). Argomenti buoni per chi ce l'ha con le radioline in corsa; giusto perché ci secca esimerci dal fare una battuta non richiesta, si potrebbe chiosare che Linus avrebbe fatto meglio, per una volta, a rinunciare alla celebre coperta: hai visto mai che, come oggi, risulti troppo corta...
Marco Grassi