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Il 7° Gp GFM Meccanica alla danese Rasmussen - L'atleta della Menikini supera in volata la Martisova | Cicloweb

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Il 7° Gp GFM Meccanica alla danese Rasmussen - L'atleta della Menikini supera in volata la Martisova

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Lì per lì, con il volto rigato dalla fatica malcelata dai suoi cortissimi capelli castani chiari, anzi biondi, e gli occhi vuoti per lo sforzo di una volata tanto lunga quanto incerta, Dorte Lohse Rasmussen, stretta nella morsa dei fotografi pochi istanti dopo l’arrivo, prova ad abbozzare un sorriso che sa di punto interrogativo: «Ho vinto io?», chiede a chi le sta intorno, facendo sfoggio di un italiano essenziale ma sufficiente, imparato a Bonate Sotto, località del bergamasco dove soggiorna da questa stagione con il suo team, la Menikini-Selle Italia-Gysko.
Qualcuno, senza averne la certezza, azzarda: «Si, hai vinto tu!». E via con le foto, i sorrisi (da punti esclamativi), i pollici alzati e gli abbracci con le compagne. Nel frattempo arriva pure il verdetto ufficiale: è Dorta Lohse Rasmussen, danese classe ’71, ad essersi aggiudicata il 7° Gran Premio GFM Meccanica, organizzato dalla Ciclistica Gattatico, tornato da quest’anno a riempire la mattinata che precede il Trofeo Papà Cervi per dilettanti, a Praticello di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia.
Per la Rasmussen è un successo che ha i crismi dell’impresa: era caduta ad inizio stagione in Australia ed è rientrata da pochissimo alle corse, tanto che questa era la sua seconda gara dopo l’infortunio. Ma quando a 36 anni si è ancora lì davanti a giocarsi le proprie carte sul tavolo centrale della sala, significa che, senza dover dimostrare niente a nessuno, il talento non si discute.
Chissà che un giorno questo discorso non valga anche per la nostra Marta Bastianelli, che di anni ne ha decisamente meno (è del 1987), ma se avessimo oggi un mucchietto di euro da scommettere, li punteremmo senza tentennamenti sulla laziale della Safi-Pasta Zara-Manhattan, che si è piazzata terza. Sul secondo gradino del podio, battuta da un fotofinish che non le ha tolto il sorriso, la russa Julia Martisova del Team Frw.
Chi non conosce la tradizione di questa corsa è spesso indotto a credere che, in assenza di asperità, essa sia una corsa semplice, dall’epilogo scontato. E invece il volatone di gruppo qui, sotto la chiesa di Praticello, su un viale che negli ultimi cento metri fa lo scherzo di alzarsi sotto le ruote, spesso tradendo le ambizioni di chi crede che uscire presto sia una buona soluzione (non la è), è tutto fuorché scontato.
Ad ogni buon conto, per non rischiare di trovare troppo traffico, stavolta undici atlete hanno deciso di fare a modo loro: fuga di una quarantina di chilometri con buona pace del gruppo che, con un giro in più, senza dubbio le avrebbe riprese. Ma sono conti che nel ciclismo non esistono: il giudice inappellabile è la linea bianca d’arrivo, e chi la varca nelle posizioni che contano alla fine ha ragione, chi la pesta per prima ne ha ancor di più. Onore comunque a tutte coloro che si sono arrabattate per rendere appassionate una corsa che, alla fine dei conti, la è stata. La prima a mettersi seriamente in mostra è la bielorussa Tatiana Sharakova del Team Frw, che esce dal gruppo alla prima tornata sul circuito di Praticello (in precedenza le atlete avevano affrontato una trentina di chilometri partendo da Corte Tegge di Cavriago). Al suo inseguimento si gettano subito in quattro: Monia Baccaille, Vera Carrara, Serena Danesi e Martina Corazza. Ma questo poker di forti atlete italiane capisce di essersi mosso con pericoloso anticipo, per cui non insiste troppo nella sua azione e, constatata la bassa percentuale di successo, si fa riassorbire dal plotone, che poco dopo va a prendere anche la Sharakova.
Un'altra “falsa” fuga nasce nella tornata successiva, quando in sette, tra cui Marta Bastianelli e la campionessa giapponese Miho Oki, saggiano la situazione. Ma il gruppo non lascia fare. Quando però vengono riprese, in contropiede nasce, stavolta sì, l’azione decisiva di undici atlete.
Sono Marta Bastianelli, che evidentemente non si è data per vinta, Vera Carrara, Giorgia Bronzini, Alice Marmorini, Laura Pisaneschi, le russe Tatiana Antoschina e Julia Martisova, Dorte Lohse Rasmussen, la svedese Karin Aune, la statunitense Meredith Miller e l’australiana Amanda Spratt. C’è mezzo mondo che pedala nella pianura reggiana. Il gruppo inizialmente lascia fare: un errore grave, perché le fuggitive riescono a racimolare un vantaggio massimo di 51” nel giro di pochissimi chilometri, dopodiché il margine scende costantemente, e al suono della campana si aggira intorno ai 20”, che diventano 15”, poi 13”, poi 12” a due chilometri dall’arrivo. È fatta.
E ora la volata per la vittoria: Giorgia Bronzini, con la pancia piena dopo gli ultimi successi, si mette a disposizione della compagna Bastianelli. Ai cento metri finali, laddove la strada s’inclina verso la chiesa, le tre che occuperanno il podio sono già nelle giuste posizioni per salirvi: la Rasmussen al centro, la Martisova alla sua destra e la Bastianelli alla sua sinistra. Questione di centimetri, lavoro per gli addetti al fotofinish.
Una decina di secondi e arriva il gruppo, con Rochelle Gilmore per la quale è un gioco da ragazzi (pardon, da ragazze) metterle tutte dietro la schiena. Pochi minuti e i tre sorrisi, seppure dal sapore diverso, sono lassù, sul podio, sotto un grande platano, sotto il sole d’inizio maggio.

ORDINE D’ARRIVO 7° Gp GFM Meccanica
1 -Dorte Lohse Rasmussen (Dan, Menikini – Selle Italia – Gisko), 100 km in 2h25’57” a 41,1 km/h di media;
2 - Julia Martisova (Rus, Team Frw);
3 - Marta Bastianelli (Safi-Pasta Zara-Manhattan);
4 - Tatiana Antoschina (Rus, Fenixs-Hpb);
5 - Alice Marmorini (Team Saccanelli-Emu-Sea-Marsciano);
6 - Vera Carrara (Gs Fiamme Azzurre);
7 - Amanda Spratt (Aus, Naz Australiana);
8 - Laura Pisaneschi (Top Girls-Fassa Bortolo);
9 - Meredith Miller (Usa, Team Lipton);
10 - Karin Aune (Swe, Menikini-Selle Italia).

 


Alberto Dallatana

 

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