Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Luca Zanasca
Versione stampabile Luca Zanasca è nato il 23 agosto 1983 a Venegono Inferiore, piccolo borgo situato a meno di dieci chilometri da Varese, cittadina lombarda che evoca dolcissimi ricordi iridati. Passato professionista soltanto ad inizio 2008 nelle file del team italo-serbo Centri Della Calzatura-Partizan, ha fatto sua la prima tappa e la classifica generale del Cinturó de l'Empordà, breve corsa a tappe spagnola disputatasi tra il 3 ed il 5 ottobre scorsi. Abbiamo deciso di conoscere meglio questo giovane corridore e conoscere le sue impressioni dopo un primo lungo anno trascorso tra i professionisti.
Solitamente per conoscere un ciclista si parte dalle sue prime pedalate ma a te riserveremo un trattamento speciale iniziando dalla fine. Raccontaci la tua prima, recentissima vittoria da professionista.
«Dunque, era già da un po' di tempo che pedalavo abbastanza bene ed ero sempre stato presente nel finale della corsa. Avevo colto molti piazzamenti ma la vittoria in Spagna è stata proprio la ciliegina sulla torta. Mi ha ripagato di tutti i sacrifici compiuti e finire la stagione in questo modo fa sempre piacere. Ero appena tornato dal Messico e negli allenamenti anche i miei d.s. s'erano accorti della mia forma straordinaria. Poi sono andato un po' in calando ma al ritorno in Spagna ero di nuovo prontissimo, infatti alla prima tappa vittoria e primato in classifica. Diciamo che ce l'aspettavamo, o comunque ci speravamo, dopo i sacrifici di una stagione».
Com'è venuta la tua prima vittoria?
«La tappa era disegnata con una salita all'inizio, una abbastanza dura a metà ed una alla fine. Il percorso non era durissimo ma c'era tanto vento. Ho portato via una fuga a sette fin dalle prime rampe, dietro tirava soprattutto la Rabobank Continental per Lars Boom. Così dopo la seconda salita sono usciti dal gruppo undici corridori, tra cui due miei compagni di squadra, che mi hanno scortato per gli ultimi 40 km. Sull'ultima salita è scattato un corridore spagnolo ed un mio compagno. Io mi sono guardato un attimo in giro, poi ho raggiunto i due in testa, il mio compagno mi ha aiutato finchè ha potuto, quindi ho staccato tutti ed ho percorso gli ultimi km in una discesa solitaria, con 40 secondi di vantaggio su tutti».
Si direbbe una gran bell'impresa...
«Aspetta, non finisce qui. Ero molto tranquillo nel finale, tra me e me dicevo "ormai è fatta". Invece a 2 km dall'arrivo c'era una grande rotonda, io dovevo svoltare a sinistra. Tuttavia la Guardia Civìl che scortava la corsa ha tirato dritto... Meno male che sulla sinistra ho visto due ammiraglie spagnole sennò sarei stato fregato per quella disattenzione! Alla fine non ho perso tantissimo, ho vinto per 14 secondi, però ho temuto la beffa per un attimo».
Rientriamo nei canoni. Quando hai iniziato ad andare in bicicletta?
«Ho iniziato a nove anni. Prima facevo sci di fondo e c'era un ragazzo che insieme al fondo andava in bici, così mi è venuta la curiosità di provare. Dapprima era un gioco per me, in seguito ho iniziato a prenderci gusto ed ho corso in tutte le categorie fino ad agli Juniores. Lì non concepivo ancora il ciclismo come un obiettivo di vita, diciamo, e perciò gareggiavo per divertirmi. Ora no è più così, ora è una professione fin da quando sei junior».
Cos'è cambiato quando sei passato tra gli Under 23?
«È cambiato che ho capito che il ciclismo poteva diventare davvero la mia professione. Ci ho pensato molto sopra ed ho cominciato a fare la vita del corridore, prima alla Vellutex e dopo alla Podenzano, dove mi sono trovato forse meglio perché la squadra era un gruppo, proprio come a scuola. Tutto ciò però è accaduto molto gradualmente e forse è stato un errore perché alla fine ci ho messo molto a passare professionista. Sai, questo è un periodo in cui non è facile trovare squadra. Ma alla fine ce l'ho fatta!».
Che tipo di corridore è Luca Zanasca? I buoni piazzamenti ottenuti al Giro delle Valli Cuneesi ed al Giro della Val d'Aosta ci fanno pensare ad uno scalatore, ma lasciamo che sia tu a definirti.
«Non nascondo che in salita mi trovo bene ma ciò avviene anche in pianura. Perciò penso di essere più un passista scalatore. Da dilettante ero anche arrivato 4° agli Italiani ma mi ero esercitato poco in questa disciplina, vuoi perché non mi esaltava particolarmente, vuoi perché tra i dilettanti non ci sono molte prove a crono. Che poi è il motivo per cui, tolti Malori, Bruseghin, Nibali e pochi altri, il movimento ciclistico italiano a livello giovanile non fornisce molte prove contro il tempo quindi l'Italia non ha grandi cronomen, come invece hanno altri paesi».
9 febbraio 2008, Gran Premio Costa degli Etruschi. Che cosa ti dice tutto questo?
«È stato il mio debutto tra i professionisti, come dimenticarlo! Ho imparato subito che le corse dei prò erano del tutto diverse da quelle degli Under 23. La velocità che fino a metà corsa è bassa e poi sale fino alla volata, i campioni che corrono al tuo fianco ed un poco di emozione iniziale. Però dopo mi è passato tutto».
Hai trovato difficile il salto di categoria?
«Non più di tanto perché ho lavorato cercando di migliorare sempre gradualmente, senza fare stupidaggini né bruciarmi subito. Sia a Donoratico che al Giro della Provincia di Grosseto ho faticato abbastanza, credo sia normale. Dopo un po' però è andata meglio, non mi sono mai abbattuto ed ho sempre creduto nel lavoro che facevo, infatti presto sono arrivati i primi piazzamenti. In tutto questo processo mi ha aiutato lo staff della mia squadra ed in particolare il mio d.s. Florian Torresi. Se dovessi tornare indietro farei le stesse scelte che ho fatto per passare professionista».
La tua famiglia come si è comportata in questi mesi per te e per la tua carriera decisivi?
«Mi ha sempre sostenuto ed aiutato, specie in quei momenti di crisi, quando sei giù di morale. Sono anche venuti a fare il tifo per me nelle corse che si disputavano in Italia. Sono stati davvero ineccepibili.
Ma veniamo a Zanasca giù dal sellino. Cosa fai quando non ti alleni o non prendi parte alle corse?
«Mi piace uscire con gli amici. Non amo la discoteca, infatti spesso ci incontriamo ed andiamo a parlare in qualche pub».
Sei più casinaro in corsa o al pub?
«Diciamo che non parlo molto ma amo tanto ascoltare. Sai, dopo un po' che parli delle tue avventure in bicicletta può risultare noioso per i tuoi amici».
Invece quando sei a casa come preferisci rilassarti?
«Durante la stagione amo navigare su Internet e solitamente chatto con amici che non posso vedere di persona. Ma se non ho gare o allenamenti alla sera esco, tornando presto. Non rincaso quasi mai dopo le due ma non sto molto in casa, dopo un po' che sto fermo mi rimbambisco».
Sei fidanzato?
«Ehm...top secret!».
Ok, non violiamo alcun segreto e ti chiediamo subito quali sono i tuoi programmi per il futuro, in campo professionale.
«Dunque, non ho ancora rinnovato il contratto con la squadra ma credo sia questione di settimane e nulla più. Spero di riconfermarmi ai livelli di quest'anno e magari far anche qualcosa in più. So che posso e voglio fare il corridore ma devo capire fino a che livello posso ambire».
A proposito di ambizioni, pensi di essere più un corridore da corse a tappe o da prove in linea?
«Non so ancora decisamente. Mi piacciono le corse di un giorno e le disputo senza problemi ma per il recupero, per la forza fisica e mentale che richiedono, amo di più le corse a tappe. Hanno un non so che di particolare per me».
Forse anche perché ne hai appena vinta una. Quindi se concludiamo il gioco delle tre carte, su una c'è il Mondiale, sull'altra c'è un GT, sulla terza una Classica Monumento, tu su cosa punti?
«Beh, scelgo un Grande Giro, magari il Giro d'Italia! So che occorreranno anni prima che possa anche solo sperare di prendervi parte, ma lavorerò duramente, passo dopo passo, per poterci arrivare tra qualche anno!».