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È Contador l'Alto più Alto - Alberto dà spettacolo sull'Angliru

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Che piacere scrivere in giornate come queste, dopo aver assistito a tappe come queste, e aver goduto dell'impresa di un corridore come questo! L'Alto de Angliru vale quasi da solo la garanzia di spettacolo, ma se non ci fosse stato l'Alberto Contador visto oggi, di cosa staremmo parlando?
Il madrileno ha dato un saggio di quel che è, un saggio quasi clamoroso, perché da esso traspare tutta la forza del capitano dell'Astana, e anche quel minimo di rabbia che ci vuole (riguardarsi l'esultanza all'arrivo per credere) e che l'ha sicuramente aiutato in questa impresa che non è certo trascurabile, anche se viene in una corsa che vede crescere il divario rispetto ai due grandi giri maggiori (spiace fare questa considerazione, ma la Vuelta di fatto finisce domani, con un'ultima settimana del tutto pleonastica: a chi/che cosa serve un tracciato così inutile?); e anche se viene contro avversari che non rappresentano certo il gotha del ciclismo mondiale per quel che riguarda le corse a tappe.
Ma viene anche in maniera scintillante a dir poco, perché la scalata di Alberto all'Angliru ha avuto risvolti entusiasmanti e momenti di vero e proprio trascinamento delle masse: quelle che intasavano i bordi della strada nei tratti più duri, e che hanno vissuto una giornata indimenticabile grazie al beniamino di Spagna, che dopo la giornata di oggi ha definitivamente e completamente scalzato il pur bravo Valverde dal gradino più alto del podio riservato ai più amati ciclisti della penisola iberica.
La corsa, di una semplicità disarmante: fuga da lontano (Kern, che per un tratto è stato affiancato da Jurco e Tjallingii), forcing Astana sin dall'Alto del Cordal (subito prima dell'Angliru), con Klöden a lavorare bene per i capitani; e poi, una volta attaccato il montagnone finale, duello tra i più forti. Al novero mancava il povero Igor Antón, caduto nella discesa precedente e costretto al ritiro dopo aver pesantemente battuto sul guard-rail: il corridore della Euskaltel si è rotto la clavicola sinistra quando era pronto a prendere i gradi di capitano del team dalle spalle di Egoi Martínez, maglia oro rimbalzata indietro come da pronostico su pendenze troppo ostiche per le sue possibilità.
Il continuo lavorìo dell'Astana ai fianchi degli avversari non ha prodotto nessun tentativo di attacco da parte dei rivali di Contador fino a 6 km dalla vetta: tutti in fila dietro all'andatura di Rubiera, e poi dietro a quella di Leipheimer (il fatto che Levi abbia lavorato per Albertino la dice lunga sulle gerarchie nel team kazako, anche se l'americano ha dimostrato di poterla vincere pure lui, la Vuelta). Alle spalle di Leipheimer erano rimasti solo (oltre ad Alberto) tre uomini Caisse d'Epargne (Valverde, Rodríguez e il bravo Dani Moreno). Gli altri, tutti indietro, a partire da Mosquera e Sastre, Zaugg e Gesink; Rebellin e Bruseghin, per dire dei nostri, subito a ridosso dei migliori, Cunego più indietro ma attardato da una foratura a inizio salita (niente da dire, Damiano è proprio sfortunato quando ci si mette).
Ai 6 km è stato Valverde a stuzzicare il can che non dormiva, ma quantomeno attendeva il momento buono. L'attacco dell'Embatido ha fatto male a Leipheimer, staccatosi, mentre Dani Moreno aveva alzato bandiera bianca poco prima. Rimasti in tre nel primo gruppetto, si è messo JRO a fare un ritmo buono per il suo capitano, ma Contador ha deciso di smettere di perder tempo e ai 5 km ha proposto il primo di una variegata serie di scatti. Valverde ha resistito come ha potuto, JRO sulle prime pareva stare anche meglio del capitano Caisse d'Epargne; Contador, dal canto suo, a intervalli regolari dava una punturina ai suoi rivali, finché, a 3700 dall'arrivo, in un momento di perdita di lucidità da parte di Valverde, non ha dato l'affondo decisivo. Rodríguez ha resistito agganciato coi denti al madrileno per non più di 300 metri, dopodiché ha ceduto anche lui: da lì alla cima, un tripudio solitario per Alberto.
Alle spalle di Contador, Valverde si è gestito bene, finendo meglio del suo delfino JRO; Sastre ha limitato i danni fino a un certo punto, portandosi col suo ritmo su Leipheimer, ma venendone staccato nel finale. Gesink e Mosquera hanno dato vita a prove in linea con le aspettative, Zaugg è forse la sorpresa della giornata, ma degno di rilevanza è l'operato di Cunego, bravissimo a fare la salita praticamente sempre da solo, eppure nono al traguardo (a 2'43" dal vincitore) malgrado la foratura che gli sarà costata oltre un minuto di ritardo.
Ma l'Italia che si appropinqua al Mondiale trova di che gioire anche in un giorno apparentemente propizio per corridori altri rispetto a quelli che saranno le nostre punte a Varese: che Cunego cresca in maniera quasi impetuosa è un dato di fatto, ma di Rebellin undicesimo di tappa e nono nella generale ne vogliamo parlare? Bruseghin si difende e in classifica è tredicesimo, ma occhio soprattutto a Bettini, che infila un 19esimo posto di giornata in una tappa in cui avrebbe potuto tranquillamente starsene tranquillo e non affannarsi più di tanto. Ballerini ha di che essere contento, in definitiva.
Così come ha di che essere ben contento Contador, che a 25 anni rischia di essere il più giovane vincitore dei tre grandi giri della storia: un risultato eccezionale, così come eccezionale sarebbe se Alberto riuscisse a centrare la doppietta di due GT portati a casa nella stessa stagione. L'ultimo a riuscirci (accoppiando al Giro il Tour e non la Vuelta) veniva da Cesenatico, e centrò l'exploit giusto 10 anni fa. Poi un texano tornato ultimamente di gran moda ha imposto per più di un lustro la regola secondo cui più di un GT ad alto livello non si poteva fare, in una stagione. Contador smentisce quest'assunto, e l'impresa (se condotta in porto) sarà di rilevanza eccezionale, proprio mentre l'ombra armstronghiana si manifesta sulla testa proprio di Alberto. Che quest'Angliru così appassionante e arrabbiato sia anche una risposta al management di una squadra che dovrà gestire un clamoroso dualismo interno, nel 2009? (La domanda è retorica).

Marco Grassi

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