Aria mundiál, ecco Oscarito - La notizia è il ritorno di Armstrong
Nel torpore generale di questa Vuelta (torpore che ci accompagnerà almeno fino all'Angliru di sabato, lungo il quale - speriamo! - i big vorranno darsi battaglia), troviamo anche qualche spunto di discussione, soprattutto (e ti pareva!) in vista del Mondiale di Varese, che ormai è vicino solo 18 giorni.
Lo spunto (veloce) di oggi è fornito da Oscarito Freire, già tre volte campione del mondo (Verona 1999, Lisbona 2001, Verona 2004), che oggi ha fulminato il belga Boonen a 10 metri dalla linea d'arrivo sfruttando a meraviglia l'impostazione della volata offerta dalla Quick Step. Il team di Lefévère avrà di che pensare, in questo finale di stagione, visto che l'unica vittoria di Tornado Tom in questa edizione della corsa spagnola è avvenuta sfruttando il lavoro della Liquigas per Bennati, mentre ogni volta che i biancoblu si sono piazzati in testa al gruppo ai 3 km dalla conclusione sono stati sopravanzati - una volta per un motivo (Boonen che parte presto), una volta per un altro (Pozzato che scombina loro i piani), quest'ultima per un altro ancora (un furetto come Freire che ti si piazza sulla ruota) - da almeno un avversario, costringendo dunque Tosatto e soci a restare a bocca asciutta. In questo senso sarà importantissimo l'arrivo per il 2009 di Marco Velo, sicuramente meno vincente di Steegmans (che andrà alla Katusha), ma sicuramente più avvezzo ad orchestrare i tempi giusti per il lancio dello sprinter (per referenze chiedere a Petacchi).
Fino a 10 km dall'arrivo non è che ci sia molto da raccontare. Solita fuga dei soliti tre corridori lontani dai piani alti della classifica (oggi è toccato a López Gíl, Serafin Martínez e Grivko, partiti al km 35 e ripresi a 7 km dal traguardo) e solito lavoro di taglio&cucito da parte di Astana ed Euskaltel. Poi salgono in cattedra due (sicuri) azzurri di Varese, Bettini e Ballan, a dare l'accelerata decisiva per favorire lo sprint di Boonen e Napolitano.
E proprio Napolitano aveva provato ad uscire dalla scia dello sprint ai 200 metri dal traguardo, ma lo scarto verso destra del siciliano veniva occhiato sia da Boonen, ancora in testa, sia da Freire, che stringendo (lecitamente) l'uomo Lampre gli proibiva di proseguire lo slancio verso l'alta velocità.
Boonen rallentava un pochino e Freire trovava spazio ed energie per cambiare traiettoria e andare a prendersi lo spazio alla sinistra di Tom, affiancandolo a 50 metri dall'obiettivo e fulminandolo infine a 10 metri dall'esultanza.
Freire - nel caso ci fossero stati dubbi in merito - dimostra di essere più che pronto per il Mondiale di Varese, che tra l'altro arriva anche con una certa dote di cabala per il campione di Torrelavega: Oscarito ha vinto il suo secondo mondiale dopo 2 anni; e il suo terzo mondiale dopo 3 anni dal secondo; e ora sono passati 4 anni dal terzo...
Ad interrompere gli sbadigli generati dalle campagne spagnole ci ha pensato Lance Armstrong dagli USA, sul quale ieri sono iniziate a circolare le voci su un suo probabile ritorno nel 2009. Voci che oggi hanno trovato conferma proprio tramite Lance Armstrong, che dal Texas ha affermato di voler tornare a competere nel ciclismo professionismo dopo tre anni e mezzo dal suo ritiro.
Inutile informarvi sul grado di popolarità dello statunitense; popolarità che ha portato l'attenzione ed il focus di tutti gli addetti ai lavori sulla sua storia e sul suo futuro, distogliendo lo sguardo sulla Vuelta.
Armstrong e il ciclismo. Un rapporto d'amore e d'odio che non smetterà mai di essere controverso. Tanti i successi di Lance (è recordman di successi al Tour de France, con 7 vittorie consecutive), ma tante anche le voci - arrivate anche da ex compagni di squadra e personaggi vicino al suo ambiente - che vogliono l'americano il "protetto" per eccellenza (motivi politici? Motivi di sponsor? Entrambe le cose?) dalle fitte reti dell'antidoping. Non vogliamo addentrarci nella questione per ovvi motivi, ma tutto ciò fa parte della storia - e del futuro - del texano.
Lance conferma che torna, e già fioccano all'indirizzo dell'americano i primi inviti dalle corse. È toccato al Tour Down Under inaugurare il balletto, nonostante Lance sia tuttora un disoccupato. Anche se questo status non dovrebbe perdurare a lungo, visto che Johan Bruyneel - già team manager di Armstrong alla US Postal ed alla Discovery Channel, ora all'Astana - gli ha già spalancato le porte del team con tanto di sottomissione (non dichiarata, ma consueta) nell'accettare supinamente il programma di corse imposto da Armstrong stesso, come sempre fatto: Tour of California, Parigi-Nizza, Tour of Georgia, Dauphinée Libere e Tour de France. Cinque corse, non di più, senza chiedere soldi o premi (così almeno si dice); infatti Armstrong ha deciso di tornare «per i malati di cancro. Per combattere la malattia a livello globale».
Quindi il ritorno di Lance sarà legato indissolubilmente alla "sua" corsa, il Tour de France, come Lance peraltro ha sempre fatto dopo aver sconfitto il cancro ed essere tornato alle corse nel 1998, (ri)debuttando proprio in quella Vuelta a España che oggi ha ospitato i primi commenti degli addetti ai lavori.
Tra chi è contento (Contador), chi è preoccupato (Valverde), chi è dubbioso (Sastre, Riis, Hinault), chi è sempre il solito (McQuaid) e chi non perde tempo ed occasione per il marketing (Prudhomme), anche il lampo di saggezza, ironia e chiaroveggenza che arriva da Federico Martín Bahamontes, classe '28 già vincitore di un Tour de France e tappe al Giro d'Italia ed alla Vuelta a España, grande scalatore soprannominato "L'Aquila di Toledo", che ha così commentato il ritorno di Lance Armstrong: «Il Tour non lo vince neanche da ubriaco, neanche se corrompe tutto il gruppo».
In cuor nostro, pur augurando ad Armstrong di riuscire in quelli che sembrano i suoi intenti (se ci riuscisse senza vincere il Tour, tanto meglio), la speranza di vedere Simeoni, in maglia di campione italiano, fulminare Lance in qualche corsa. E il buon Pippo, che è stanco di veder associato il proprio nome a quello del texano e che forse deciderà di appendere il telaio al chiodo (nonostante il tricolore), ci perdonerà la libertà che ci siamo concessi.