Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Miguel Ángel Rubiano Chávez
Versione stampabile Sono tanti i corridori sudamericani che cercano fortuna in Europa, in particolare qua in Italia. Uno di loro è Miguel Ángel Rubiano Chávez, giovanissimo (classe 1984) ma già al terzo anno fra i professionisti, quest'anno con il team Centri della Calzatura-Partizan: un ragazzo speciale che vale davvero la pena conoscere...
Miguel, innanziutto, come va?
«Bene grazie, sono appena tornato dalla Colombia e sono prossimo al ritorno in gruppo, al Memorial Pantani».
Finora la stagione non è andata male...
«Per niente! Sono molto soddisfatto, soprattutto delle prestazioni alla Coppi e Bartali ed al Giro di Turchia, dove ho centrato un bel podio di tappa».
Prossimi appuntamenti?
«Come ho già detto, il Pantani, poi con la mia squadra parteciperò al Giro di Slovenia ed al Giro di Serbia, affrontando successivamente le classiche estive del calendario italiano».
A proposito di Italia: da quanto tempo sei arrivato nel Bel Paese?
«Sono arrivato nel 2005, grazie ad un mio compaesano che era dilettante nel team Centri della Calzatura e mi presentò ai dirigenti. Mi sono trovato molto bene qua a Montegranaro, tant'è che ci vivo ancora adesso...».
Vivi da solo? Ti sei ambientato bene?
«Vivo nel ritiro della squadra, che condivido con altri compagni fra cui Luca Zanasca, con i quali mi alleno. Inutile dire che mi trovo molto bene, anche perché lo staff della squadra è come una famiglia».
Nostalgia della Colombia?
«Soprattutto della mia fidanzata, che posso non vedere anche per quattro mesi: quest'anno sarà ancora più difficile, perché deve terminare l'università e diventare avvocato. Spero di portarla con me in Italia al più presto!».
Tu invece, hai terminato gli studi?
«Certo, e mi sono pure iscritto alla facoltà di ingegneria elettronica, che ho dovuto lasciare dopo un anno per inseguire il sogno di diventare un corridore. Mi è andata bene, tuttavia non mi dispiacerebbe riprendere un domani, perché la cultura è importante».
Però ti è andata bene. Raccontaci la tua avventura italiana.
«In effetti mi sono adattato subito alle corse italiane, perché comunque in Colombia il livello è molto alto: nel 2005 ho vinto nove corse e poi sono passato professionista con la Panaria, dove ho trascorso due stagioni».
Ci ricordiamo una splendida fuga solitaria al Giro.
«Si, che emozione! Era la sedicesima tappa e restai da solo per 160 km, fu una sensazione che non scorderò mai: spero di tornare il prima possibile al Giro».
La tua vittoria più bella invece, quale è stata?
«Senza dubbio la tappa al Giro del Veneto, conquistata da dilettante».
Quando hai cominciato a pedalare?
«A nove anni mi ha messo in sella mio padre, poi corsa dopo corsa la passione è aumentata a dismisura. Ho avuto anche la fortuna di vincere spesso e questo mi ha aiutato».
Hai avuto qualche modello a cui ispirarti?
«Tutti i colombiani, da Sierra a Rincon e poi Buenahora, che corre ancora e per il quale faccio il tifo ancora adesso».
Fisicamente non ti discosti molto dal modello di corridore colombiano.
«Sono alto un metro e 65 e peso 56 kg, tuttavia ho le gambe parecchio sviluppate, il che mi rende abbastanza veloce oltre che tenace in salita».
Hai qualche passione particolare?
«Si, quando sono in Colombia, nella mia Bogotà, mi piace moltissimo fare delle belle passeggiate in altura, lungo percorsi che arrivano fino a quattromila metri: per i ciclisti colombiani è quasi una tradizione».
I tuoi prossimi obiettivi?
«Ho già detto a quali corse parteciperò, posso aggiungere che darò sempre il massimo, soprattutto al Matteotti ed alla Due Giorni Marchigiana, senza dimenticare il Mondiale!».
Un messaggio ai tifosi italiani?
«Innanzitutto ringrazio tutti quelli che mi seguono, salutando in particolare tutti gli amici di Cicloweb».