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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Claudio Masnata

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La prima cosa che si nota entrando in casa è la bici, poi una calorosa stretta di mano e Claudio Masnata, corridore genovese al terzo anno di professionismo con il Team Katay (ex Universal Caffè), ci accoglie nel suo salotto pronto a raccontarci qualcosa in più sul suo conto.
Claudio, il grande pubblico ti ha sicuramente notato al Bike 4 Show di Milano, tuttavia, soprattutto nel settore pista il tuo nome non è sconosciuto.
«Il Bike 4 Show è stata una splendida esperienza, grazie alla quale ho goduto di un'ottima visibilità anche agli occhi di chi non è un addetto ai lavori, e poi... che emozione dividere la pista con tutti quei campioni!».
La pista, per l'appunto: si può considerare il tuo punto di forza?
«Sicuramente. È la pista che ha caratterizzato il mio percorso ciclistico e mi ha dato l'opportunità di vivere esperienze indimenticabili con la Nazionale italiana».
Come sei arrivato in Nazionale?
«Tutto ha avuto inizio quando sono entrato a far parte della "Scuola Nazionale Inseguitori": ero allievo e da lì non mi sono più staccato dalla bici a scatto fisso, ottenendo parecchi risultati a livello giovanile, correndo la Sei Giorni di Milano da juniores e vincendo i titoli nazionali nell'inseguimento a squadre 2003-2004 e scratch sempre nel 2004. Sono rientrato nel giro della Nazionale a fine 2002, disputando fino al 2007 prove di Coppa in tutto il mondo e Campionati d'Europa e mondiali, lavorando con un gruppo di ragazzi affiatato e motivato, e con un maestro della pista come Marco Villa. Non vorrei dimenticare altre due maglie che ho vestito: quella della Nazionale su strada nel 2006, con la quale sono stato quarto alle Universiadi sia nella prova su strada che in quella a crono e poi la maglia verde di leader del Giro della Lunigiana, che conquistai nella tappa del San Baronto, cedendola successivamente ad un certo Damiano Cunego...».
Ricapitolando: in quali squadre hai militato?
«Premesso che fare il ciclista qua a Genova non è proprio semplicissimo, ho iniziato a correre nel 1995 con la divisa dell'UC Morego, con la quale ho intrapreso la mia avventura. Ho poi militato nel Team Lunae-Casano, dove da juniores ho trovato quel ciclismo più professionale che tanto sognavo, nella Promociclo e nella Marchiol-Liquigas da dilettante, per poi approdare nel 2006 al team Universal Caffè, coronando il sogno di diventare un corridore professionista».
Claudio, immagino che tua sia cosciente del fatto che molti giudichino il circuito continental un professionismo di serie B: cosa ne pensi?
«Non posso dare torto a chi la pensa così: ci sono molte difficoltà per i team continental, non ultimi i problemi dell'invito alle corse e dell'organizzazione logistico-tecnica delle squadre. Secondo me il circuito continental dovrebbe essere inteso come una categoria di passaggio, dedicata alla crescita dei giovani ed al rilancio di chi ha avuto stagioni sfortunate (vedi il mio ex compagno Belohvosciks, che dopo due anni all'Universal è stato "promosso" alla Saunier Duval), invece spesso si degenera in una situazione stagnante, in cui si vedono corridori invecchiare senza riuscire a mettere da parte né guadagni né risultati, anzi, rimettendoci spesso di tasca loro».
Questo è un ragionamento squisitamente genovese...
«Scherzi a parte, il ciclismo è una passione fortissima e coinvolgente, ma, da professionista, dopo una certa età se non hai un tornaconto è più saggio smettere e pensare al futuro».
Parole sagge, ma stando a quanto si sente in giro sul team in cui sei, permettici di essere un po' scettici: davvero ti hanno pagato tutti gli stipendi?
«Si, ammetto che c'è stato qualche ritardo ma, contraccambiando la fiducia che il team ha sempre avuto in me, alla fine ho preso davvero tutto e tuttora sono pagato regolarmente. E comunque devo dire che la pista, dal 2002 in poi, mi ha permesso di avere sempre dei contratti ben al d sopra della media, senza dimenticare che da dilettante in certe squadre si guadagna già molto bene, anzi, se mi permettete il gioco di parole, a volte si è quasi più professionisti da dilettanti!».
Programmi agonistici per questo 2008?
«Magari avere dei programmi! Purtroppo torniamo al discorso di prima, conosciamo tutti i criteri di invito alle corse, per colpa dei quali "gli ultimi" devono accontentarsi di tutto, rendendo impossibile una programmazione precisa. Comunque ho imparato a gestirmi ed essere sempre pronto. La prendo con filosofia: quando non corro ho tempo per studiare».
Ti stai quindi organizzando un futuro?
«Ad essere sinceri, al futuro ho sempre pensato ed ho cercato di non tralasciare gli studi: dopo aver conseguito la maturità classica mi sono iscritto alla facoltà di Scienze della Comunicazione presso l'Ateneo di Torino, ora mi mancano tre esami e poi discuterò la mia tesi "La comunicazione applicata allo sport", incentrata su uno studio sulla Gazzetta dello Sport, per arricchire la quale ho addirittura bussato alla porta di Candido Cannavò. Quando il ciclismo non avrà più nulla da darmi, e può essere domani come fra dieci anni, non credo avrò problemi a trovarmi un lavoro, anche al di fuori del mondo del pedale, cosa che mi stimolerebbe moltissimo. In fondo in questi anni in giro per l'Italia e per il mondo ho imparato a gestirmi come si deve».
Amici in gruppo? Potreste formare un club di letterati...
«Ovviamente l'ingegner Pinotti (sorride), con cui ho avuto la fortuna di condividere la camera durante i ritiri della Nazionale endurance e con il quale sono spesso in contatto: è un ragazzo eccezionale che stimo moltissimo. Poi c'è Cucinotta, altro dottore in Scienze Motorie, che incontro spesso nelle riunioni in pista e con il quale, appunto, ero in coppia alla 4 Giorni di Milano. Prima che mi venga chiesto: in pista non parlavamo certo di esami e tesi! In gruppo stimo particolarmente Fabio Baldato per la sua serietà e la voglia di consigliare e aiutare i giovani come me, cosa che fa anche Silvio Martinello, che pur non essendo più in sella si adopera moltissimo per gi altri, soprattutto nel settore pista».
C'è qualcuno che ti ha aiutato particolarmente in questi anni?
«La mia famiglia, ma devo dire di essermi sempre trovato bene in tutte le squadre in cui ho militato, quindi un ringraziamento particolare va a tutti i direttori sportivi e team manager che ho avuto, cui aggiungo Pietro Algeri, che mi ha spesso indirizzato e consigliato, accompagnandomi anche nel passaggio al professionismo. Passaggio che sarebbe stato impossibile senza l'apporto eccezionale del mio osteopata Moreno Tortolina, che mi ha rimesso in sesto quando molti già mi consigliavano di smettere a causa di un grosso problema alla schiena».

Davide Podestà



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