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What a Nice Rebellin! - E Cancellara prenota la Tirreno

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Avere 36 anni e poter mettere a consuntivo di una carriera ricca di vittorie ma anche di sconfitte un nuovo importante successo, con un contributo di voglia di rischiare inversamente proporzionale alla sapienza tattica, com'è normale a quell'età; oppure averne 22 e andare all'arrembaggio in salita, con un contributo di voglia di rischiare inversamente proporzionale alla sapienza tattica, com'è normale a quell'età.
A parte l'inversamente proporzionale, qual è il filo rosso che lega la giornata di Davide Rebellin e quella di Clément Lhotellerie? Nessuno, a parte probabilmente un grande amore per il ciclismo, un amore che ti spinge a soffrire ancora quando avresti potuto beatamente appendere la bici al chiodo, e a soffrire allo stesso modo quando potresti dedicarti ad attività più adeguate ai tuoi anni verdi.
Nell'attesa di capire se quest'introduzione è troppo aulica o non lo è per niente, diamo la notizia: Rebellin ha vinto la Parigi-Nizza. Poi la non-notizia: Lhotellerie era in fuga anche oggi.
La notizia è realmente rilevante, vista la grande scarsità di successi azzurri nella Course au Soleil, appena due volte prima d'oggi (Camellini '46, Frigo '01); figurarsi, quindi, che cosa può significare avere un due su due ai primi due posti della classifica. E sì, perché (com'era ampiamente preventivabile), c'è anche Rinaldo Nocentini che ha salvaguardato la sua brava piazza d'onore.
La non-notizia è ugualmente rilevante, visto che il nuovo Delfino di Francia, dopo la sua fuga verso Saint-Étienne, dopo la sua buona tenuta (con tanto di scatto avventato) sul Ventoux, dopo la nuova (ma stavolta finta) fuga verso Cannes, si è mosso un'altra volta. E stavolta in maniera che voleva essere efficace ai fini dei movimenti di classifica; e che per lunghi tratti ha dato l'impressione di poter essere un'impresa coronata dal successo.
Insomma, il corridore, ormai è ufficiale, c'è tutto. Trattandosi di terreno minato (il ciclismo francese), non azzardiamo paragoni troppo esagerati, ma uno sguardo al passato (recente) lo dobbiamo lo stesso dare, più che altro per la curiosità di capire se Lhotellerie avrà davanti a sé un percorso da nuovo Virenque (sempre all'attacco, tanto fumo e poco arrosto, maglie a pois a go-go, ma mai realmente in lotta per vincere un Tour), pur rispettabilissimo (stiamo pur sempre parlando di uno dei ciclisti più amati - almeno oltralpe - dello scorso decennio), o se percorrerà una strada alla Leblanc (molto meno appariscente, ma con un Mondiale in saccoccia, tanto per dire). Da quel che si vede al momento, la via parrebbe la prima, ma non dimentichiamo mai che a 22 anni si hanno davanti enormi margini di miglioramento.
Lhotellerie si è avvantaggiato oggi dopo il Col de Porte, allorché si son ritrovati in avanscoperta una quindicina di uomini, tra i quali Damiano Cunego, Matteo Tosatto, Morris Possoni e Ivan Santaromita, oltre ad altri nomi importanti come Frank Schleck, Bobby Julich e Igor Anton. Il gruppo trainato dalla Gerolsteiner ha controllato ma non troppo: in fondo a Rebellin bastava che quelli davanti non guadagnassero troppo, ma finché c'era qualcuno in avanscoperta, Davide aveva la certezza che Nocentini (a soli 3" in classifica da lui) non avrebbe preso abbuoni e fatto scherzi.
A Lhotellerie evidentemente il minuto abbondante che il plotone concedeva non bastava; e allora, a 34 km dalla fine, sul Col de La Turbie, si è messo in spalla il suo bravo fagottino di sogni, e ha preso il volo. Cunego, indeciso se scendere in campo o meno, ha optato per il meno, forse anche perché quando si è messo in testa dando l'idea di voler ricucire, nessuno lo ha aiutato più di tanto. E così le Nouveau Dauphine ha guadagnato qualche decina di secondi, ha perso qualcosa nei saliscendi successivi a La Turbie, ha ripreso quota sulle prime rampe del Col d'Eze, ultima asperità della corsa.
Il problema è che il momento in cui gli inseguitori hanno iniziato a fare sul serio è coinciso col progressivo scemare delle energie del ragazzo. Il quale si è visto raggiungere, proprio in cima, da Benítez.
Nel frattempo, in gruppo, Rebellin spegneva personalmente ogni accenno di bagarre: quando, ad esempio, ha tentato un allungo LL Sánchez; o quando lo tentava Popovych: Rebellin (ben spalleggiato da Nocentini, parimenti interessato alla questione), ha fatto capire con poche pedalate che quest'anno, al contrario di quanto avvenuto 12 mesi fa, non ci sarebbe stato un Contador a togliergli la meritata affermazione nella Parigi-Nizza.
E solo quando ormai nessun danno sarebbe più potuto venire da un suo allungo, a Sánchez è stata data strada: lo spagnolo è così rientrato su quel che restava del gruppetto di attaccanti (che nel frattempo aveva re-inglobato Lhotellerie e Benítez), per preparare la sua decisiva frustata, schioccata a 4 km dal traguardo. Per lui una vittoria che nel finale Barredo e Monfort hanno provato a rimettere in discussione, con un disperato inseguimento sfumato per pochi metri; per Rebellin il giusto successo; per Nocentini la certezza di poter essere competitivo ad alti livelli, nelle corse più importanti e contro gli avversari più tosti; per Cunego qualche dubbio, boh, chissà, molto attivo, a tratti davvero buono, poi al conquibus non resta niente in tasca, ma a marzo queste son cose che per uno come lui non dovrebbero contare; per Lhotellerie, oltre a tutte le parole fin qui spese (da notare che il giovanotto ha anche continuato a tirare nel gruppo in fuga, dopo essere stato ripreso: tarantolato, proprio), la consapevolezza che le sue imprese serviranno forse a conquistare per la sua Skil-Shimano una wild card per il Tour (e scommettiamo che questa è stata una motivazione supplementare per lui).
In generale, una corsa a tratti appassionante, dai contenuti tecnici molto più rilevanti rispetto alla contemporanea Tirreno (Zomegnan rifletti!), anche se quest'ultima resta il miglior trampolino di lancio per i "sanremesi".

Già, la Tirreno. Il ciclismo non sarà matematica, ma se tu piazzi una cronometro di 26 km in una corsa di 7 giorni che non presenta grosse difficoltà altimetriche (a parte i 2 km di Montelupone), e poi schieri alla partenza un mostruoso specialista come Fabian Cancellara, qual è l'equazione che ne deriva?
Ovvio: che Cancellara ti vince crono e corsa. Non avendo ancora doti divinatorie (comunque ci stiamo attrezzando), per ora possiamo garantire solo sul fatto che lo svizzero abbia effettivamente portato a casa la prova contro il tempo, oggi a Recanati; sull'esito finale della Tirreno-Adriatico, non c'è che da aspettare un paio di giorni: domani a Castelfidardo (sesta tappa, 196 km con circuito finale e strappetto da ripetere 5 volte, l'ultima delle quali coincide col traguardo) Fabian presumibilmente si difenderà, anche se nelle condizioni in cui sta potrebbe pure farsi tentare dall'idea di attaccare e mettere al sicuro la leadership; e dopodomani a San Benedetto del Tronto dovrà solo badare a non cadere mentre i velocisti si disputeranno l'ultimo successo.
Nella crono di Recanati Cancellara è partito forte e così ha proseguito, anche se c'è stato chi è andato meglio di lui nel finale (in leggera salita): il secondo di giornata, David Zabriskie che in totale ha pagato 22" allo svizzero. Se non secondo, almeno terzo nella tappa avrebbe potuto concludere Linus Gerdemann, se non fosse caduto a un chilometro e mezzo dal traguardo, in curva, e facendosi pure abbastanza male (escoriazioni su tutto il corpo, faccia compresa). Il giovane tedesco ha comunque concluso la prova, ottavo a 1'16" da Fabian. Tra cadere, dolersi, rialzarsi, cambiare bici, riprendere il ritmo, un minutino Linus ce l'ha lasciato lì per strada.
Il che vuol dire che, senza l'incidente di percorso, Gerdemann, che in classifica ora ha un gap di 46" dal vincitore della Roubaix 2006, sarebbe con ogni probabilità la maglia azzurra, e quantomeno avremmo un più incerto finale di Tirreno-Adriatico. Invece dobbiamo puntare tutto su Enrico Gasparotto, che insegue a 16" e che è stato fin qui autore di una corsa eccellente. Anche nella crono, il friulano non ha affatto sfigurato, chiudendo al quinto posto a 1'00" da Cancellara: ricordando la sua discreta attitudine da velocista, non è peregrino sperare che la prima maglia rosa del Giro 2007 possa provare, tra un abbuono e l'altro, ad avvicinare il rivale in classifica.
Tutti gli altri, a partire da Lövkvist e Fothen (ottimi terzo e quarto di tappa, e rispettivamente terzo e quinto nella generale), proseguendo con l'ex capoclassifica Axelsson, sono ormai troppo lontani per lasciar presupporre un loro possibile rientro in gioco per la vittoria della Tirreno.
Resta da dire di Bettini, che è parecchio in ombra (a parte la sua partecipazione all'attacco di ieri), ma che perlomeno festeggia uno scampato pericolo mica da ridere: mentre era in gara, un'auto gli è venuta incontro sul percorso della crono. «Per fortuna non l'ho incrociata un paio di curve prima, dove non avevo visibilità e quindi mi sarei andato certamente a schiantare contro di essa». Evitiamo troppi commenti, ma non possiamo astenerci dal considerare che, ancora una volta, quello che torna di pressante attualità è il problema che più dovrebbe stare a cuore a chi governa questo carrozzone fatiscente che è il ciclismo: l'incolumità di chi va in bicicletta. E invece qui si preferisce continuare a raccontare favole.

Marco Grassi

 

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