Scocca l'ora di Quinziato - Il bolzanino tra classiche e crono
Versione stampabile Sedici mesi fa, Manuel Quinziato otteneva la sua prima e unica vittoria da professionista: all'Eneco Tour, con una splendida azione da finisseur a 2 km dall'arrivo. Da allora, mai più con le braccia alzate; vuoi per sfortuna - vedi la voce cadute - vuoi perché, quando corri in una squadra che si chiama Liquigas, non puoi pensare di far la tua corsa in ogni occasione. Però lo scatto alla Sanremo sulla Cipressa dopo 270 km di gara, la lunga fuga verso Tours che quasi sfiorava il colpaccio, l'ottimo prologo di Londra al Tour de France chiuso sui tempi di Zabriskie e Millar, tanto per dirne due, dimostrano che la stoffa del corridore c'è. A 28 anni, il corridore bolzanino è al via di una stagione che lo vedrà certamente al servizio dei vari Pozzato e Bennati, ma pronto a sfruttare ogni opportunità che la squadra, o la corsa, gli offrirà(nno), strizzando l'occhio in particolare alle prove contro il tempo.
Manuel, quali sono gli obiettivi personali per la prossima stagione?
«Correndo in una squadra come la Liquigas è sempre difficile parlare di obiettivi personali. Certo è che il prossimo anno vorrei puntare con maggior decisione le prove a cronometro, che in questi ultimi anni ho un po' trascurato e nelle quali, tra i dilettanti e nel primo anno da professionista, ho fatto vedere delle buone cose. Per le prove in linea, quelle che mi si addicono di più sono le gare primaverili al Nord, magari col pavè ma, per quelle, la Liquigas ha atleti fortissimi come Pozzato e Bennati, e io correrò in appoggio a loro, aiutandoli magari a vincere un Fiandre. Cercherò di inserirmi nei tentativi da lontano, e vorrei ritagliarmi qualche spazio nelle prove di secondo piano, ma pur sempre di livello, come la Tre Giorni di La Panne o il GP Harelbeke».
Lo scorso anno abbiamo visto un buon Quinziato alla Sanremo, ad Harelbeke, agli Italiani e a Tours, più le infinite corse da gregario, utili alla squadra, ma con poca visibilità personale. Tutto sommato, come giudichi la stagione appena conclusa?
«La stagione scorsa è stata abbastanza sfortunata perché nei momenti topici, quando ero in crescendo di forma, sono arrivate le cadute. Dopo il buon quarto posto di Harelbeke sono caduto al Fiandre, rompendomi la clavicola e, anche al Tour, dopo un ottimo nono posto nel prologo a Londra, ho subito una caduta nelle prime tappe e, pur non rompendomi niente, tutta la corsa è stata compromessa. Poi ho disputato un discreto finale di stagione, con un piazzamento a Fourmies, e per poco ho mancato la grande impresa nella Parigi-Tours, dove tutta la squadra ha mostrato le proprie potenzialità (lunga fuga di Manuel ripreso ai meno 8 km dall'arrivo, azione in contropiede di Pozzato e 2° posto in volata di Chicchi, ndr). Se dovessi fare un bilancio, direi che sono soddisfatto delle mie prestazioni nel 2007 e per il prossimo anno mi accontenterei di andare forte come quest'anno, magari con qualche caduta in meno».
Avete già deciso con i ds il calendario da seguire in linea di massima?
«Non ho ancora parlato ufficialmente con Zanatta, ma credo che seguirò le scelte di Pippo Pozzato. Probabilmente esordiremo il 2 febbraio in Sudafrica per preparare la Sanremo e le classiche del Nord. Poi valuteremo se andare al Giro o al Tour, ma credo sia più probabile la seconda, dove ci sarà più spazio per noi cacciatori di tappe».
Per un ragazzo con le tue capacità è un peso correre in un team come la Liquigas con tanti uomini più in alto nelle gerarchie, o questo può essere uno stimolo a far sempre meglio? In altre parole, a fine carriera, potrebbe essere un rimpianto non aver mai potuto giocarsi fino in fondo una corsa come il Giro delle Fiandre?
«Ho dei compagni che, a differenza mia, hanno già dimostrato di poter vincere una corsa come il Fiandre. Io sono stato sempre competitivo, ma mai a tal punto da giocarmi la gara. Poi può capitare una fuga da lontano ben assortita, i big che si controllano dietro e ti capita l'occasione della vita; il mio compito in quelle gare sarà stare attento a tutte queste cose. Lì sta all'intelligenza del corridore farsi trovare pronto, e magari vincere la corsa della vita, come stava capitando a Petito lo scorso anno alla Roubaix. Per me, aiutare uno dei miei compagni a vincere è comunque una grossissima soddisfazione, paragonabile ad un successo personale».
Prima dicevi che quest'anno ti saresti concentrato di più sull'allenamento per le gare a cronometro. Credi che con allenamenti specifici puoi dire la tua in questa particolare disciplina, magari con un pensierino alla maglia azzurra?
«Lo scorso anno mi sono allenato pochissimo con la bici da crono e, nonostante questo, a parte i campionati nazionali, dove sono andato al di sotto delle mie capacità, ho fatto delle buone prove come il prologo al Tour de France e la crono finale dell'Eneco Tour. Quest'anno ho già portato a casa la bici da crono e, quando ne avrò l'occasione, voglio testarmi in gara senza avere la scusante della scarsa preparazione specifica, com'è successo finora. Se mi renderò conto di andare bene, la maglia azzurra potrebbe essere un obiettivo reale. In tutti i sensi».
Giuseppe Cristiano