Priamo si fa Hunt-icipare - Il trevigiano secondo a Sitiawan
Dopo una giornata di disperante assenza, la Csf aveva tutta la voglia del mondo di far vedere di esserci e di saper stare in prima linea. Assenti dalla maxifuga della prima tappa, gli uomini di Reverberi dovevano per forza di cose trovare un riscatto, e se una sconfitta all'ultimo metro non può certo vestirsi dei colori della soddisfazione massima, aver lottato fino alla linea del traguardo rappresenta comunque un rialzo clamoroso delle azioni della squadra emiliana.
Il protagonista della storia è Matteo Priamo, che tra un mese farà 26 anni e che già dall'anno scorso ha dimostrato di poter essere un vincente (primo in una tappa del Circuit de Lorraine in Francia). Passista veloce, bravo a cronometro, il trevigiano è stato il più lesto degli italiani in gara ad accodarsi ad un drappello di una decina di uomini avvantaggiatisi nel finale, a 5 km dal traguardo di Sitiawan. Facendo la conta dei presenti, Priamo doveva curarsi fondamentalmente di Jeremy Hunt, e così ha fatto. Il problema è che il britannico aveva nel gruppetto un compagno della Crédit Agricole, il francese Hinault che - facendo un perfetto gioco di squadra - è partito ai 2 km, supportato dallo spagnolo César Veloso, già tra i protagonisti ieri, e dal venezuelano Jackson Rodríguez (di cui parliamo diffusamente più avanti).
A quel punto, i piani sono saltati: aspettare l'Araba Fenice o rendersi artefice del proprio destino? Priamo ha deciso che valeva la pena di rischiare, e ha rischiato: si è preso in prima persona l'incarico di andare a chiudere sui due battistrada, ai 350 metri, e giacché c'era, ha proseguito convinto, disputando di fatto la sua volata.
Buon per quella vecchia volpe di Hunt, che aveva capito tutto e si era acquattato alla ruota dell'italiano: e da quella sin troppo comoda posizione, il britannico ha trovato lo slancio per superare Priamo proprio in dirittura d'arrivo. Il rammarico - forte - di essere stato così beffato non deve però coprire la soddisfazione di esserci stato nel momento decisivo della giornata, e di essersi ritagliato un ruolo da protagonista in gara.
Perché poi se Priamo si lamenta, che cosa dovrebbe fare Alberto Loddo? Per il secondo giorno il sardo si deve accontentare di vincere la volata dei battuti: un risultato che non riempie né il palmarés né la pancia. Eppure stavolta le cose sembravano volgere nella giusta direzione per il plurivittorioso del Langkawi 2007: fuga a 2 targata Giappone (Hirose e il campione nazionale Arashiro, caduto ieri), attaccanti tenuti a tiro, ricongiungimento nel finale, volata pronta da essere servita.
E invece un ventaglio ha mandato tutto all'aria, permettendo a Hunt e compagni di beffare il gruppo. Loddo sta comunque molto bene, e se le cose girereranno nel verso giusto, non tarderà ad arrivare anche la vittoria malese, dopo quella (prestigiosissima, davanti a Boonen) lucrata in Qatar la settimana scorsa.
Uno a cui le cose continuano ad andare invece decisamente bene è Jackson Rodríguez, che non ha ancora 23 anni e che rappresenta l'ultima scommessa di Gianni Savio: il venezuelano è uno sveglio, questo è evidente: capace di essere nel primo drappello sia ieri (e poteva anche essere un caso), sia oggi (e questo invece significa che le antenne sono sintonizzate sulla migliore lunghezza d'onda), sia negli ultimissimi chilometri di oggi; Rodríguez, quarto al traguardo, risale dalla 15esima alla quinta posizione nella generale, e considerando che si difende bene in salita, non è peregrino pensare che possa puntare con decisione alla vittoria finale.
Se Jackson ha guadagnato 10 posizioni in classifica, lo stesso ha fatto lo spagnolo César Veloso, che ora è secondo ad appena 3" da Matthieu Sprick, che ha salvato la pellaccia (anzi, la maglia) per un soffio, ma che non potrà più dormire sugli allori se vorrà sperare di portare a casa il Langkawi (anche se probabilmente il francese è già appagato dalla tappa vinta ieri). César, terzo al traguardo, ha guadagnato così anche 4" di abbuono, e si pone in decisa contrapposizione con Rodríguez: decisamente, il Tour de Langkawi è una corsa che storicamente ama molto parlare latino.