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Maxi Richeze, maxi obiettivi - «Il mio sogno? Una tappa al Giro»

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È approdato al mondo dei professionisti due anni fa, in sordina, forse oscurato dalla figura dell'altro velocista emergente in casa Reverberi, Paride Grillo. Ma da allora ha fatto parlare i fatti, conquistando quattro vittorie, quattro podi al Giro d'Italia e numerosi piazzamenti in corse minori che spesso lo hanno fatto preferire al velocista comasco. Quest'anno l'obiettivo è migliorarsi, con un occhio particolare alla Milano- Sanremo ed al Giro d'Italia.
Prima di tutto la domanda che ti avranno fatto milioni di volte. Come mai la tua famiglia è così legata al ciclismo a tal punto da avere altri tre fratelli ciclisti?
«Mio padre era un ciclista e così suo zio. Noi, da piccoli, andavamo a vedere le sue gare, a fare il tifo per lui e così siamo stati presi dalla passione per questo sport. Abbiamo iniziato io e mio fratello più grande, Roberto, poi ci hanno imitati Mauro e Adrian: il primo quest'anno è un neoprofessionista, il secondo è ancora dilettante».
Come mai tu e i tuoi fratelli avete pensato di poter venir a correre in Europa?
«Perché l'Europa è il fulcro del ciclismo mondiale. In Argentina è molto difficile trovare sponsor che investano soldi e, così, mio fratello maggiore ha pensato che, per continuare a correre, l'unica soluzione sarebbe stata quella di venire in Europa. Successivamente lo abbiamo seguito tutti. Al Tour de San Luis è stato molto bello per noi, perché io, Mauro e Adrian abbiamo corso insieme con la maglia della Selezione argentina».
Descriviti: che tipo di velocista sei? Come caratteristiche, chi è il velocista che ti somiglia di più?
«Non sono sicuramente un velocista puro, mi piacciono le corse abbastanza movimentate ed è in quelle che riesco ad esprimermi al massimo quando sto bene. Già da dilettante ho fatto buone cose in corse non proprio piatte. Inoltre non ho lo spunto dei McEwen e dei Napolitano, quindi penso di essere abbastanza atipico e diverso dai vari velocisti attuali. Forse solo Bennati mi si avvicina un po'».
Tu che li hai visti più volte da vicino, chi è il velocista più forte, quello che ti ha impressionato di più?
«Sicuramente Petacchi. Bennati l'anno scorso l'ha battuto più di una volta e così anche Napolitano, ma per quantità e qualità di vittorie, il migliore rimane sempre lui. Vedremo quest'anno».
Quali risultati dovrai ottenere nel 2008 per poter dire di aver fatto una buona stagione?
«I miei obiettivi sono Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo e Giro d'Italia. Il sogno sarebbe vincere una tappa al Giro, dove l'anno scorso ho fatto dei piazzamenti, ma sono sempre stato battuto da un grande Petacchi. Quest'anno spero di migliorare».
Dove potrai arrivare con le tue capacità? Rimarrai sempre un velocista "di seconda fascia" o, prima o poi, pensi di poter fare il salto di qualità e lottare alla pari con i vari Petacchi, Boonen, Bennati?
«Sto vedendo che anno dopo anno sto facendo dei progressi e mi avvicino sempre di più al livello dei migliori velocisti. Io ho fiducia nei miei mezzi e penso che tra un paio di anni sarò lì con loro a lottare per i traguardi più prestigiosi e, anzi, vista la mia tenuta in salita, penso che in certe corse io arriverò a disputare lo sprint, mentre loro saranno tagliati fuori».
Nella tua carriera quale è stata la vittoria che ti ha dato più soddisfazione?
«Bella domanda (ride). Pensadoci bene, dico il Campionato Panamericano under 23 del 2005, vinto davanti alla mia gente, con la maglia dell'Argentina».
Dove abbiamo ammirato il Richeze più forte di sempre?
«L'anno scorso, nella tappa del Giro che arrivava a Riese Pio X. Ci fu una caduta a un chilometro circa dal traguardo e Tosatto provò ad anticipare tutti. Ai 700 metri partì Petacchi e sul traguardo, per pochissimo, non riuscii a superarlo. Quel giorno Ale fece una grandissima volata, ma io sfiorai davvero la grande impresa, mi sentivo proprio bene».
Che significa essere un ciclista argentino? Che vantaggi o svantaggi comporta essere un professionista non europeo?
«Per me e mio fratello Mauro, che siamo molto attaccati alla nostra famiglia, è pesante vivere a 12000 chilometri di distanza da loro. Per il resto, in questa squadra, con i Reverberi, ci troviamo molto bene: ci trattano come figli, proprio perché conoscono la nostra situazione. E poi, stando in Europa, abbiamo la possibilità di confrontarci con i migliori corridori del mondo, cosa che, rimanendo in Sud America, sarebbe impensabile».
Quest'anno sarete ben tre velocisti in squadra: tu, Grillo e Bongiorno. Ci saranno problemi di convivenza?
«Assolutamente no. Con Ruben ho già corso quest'anno con la Selezione argentina e ci siamo dati una mano l'un l'altro. L'anno scorso ho tirato più di una volta le volate a Paride, e viceversa. Starà a noi capire chi sta meglio in corsa, e a quel punto gli altri non avranno problemi a mettersi a sua disposizione».
Ti pesa essere in una squadra non Pro Tour?
«Io penso che sia un vantaggio correre in una squadra non Pro Tour. Siamo in pochi e abbiamo più chance di metterci in mostra, facendo comunque molte corse importanti come Sanremo e Giro».

Giuseppe Cristiano



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