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I fulmini nelle gambe - Pechino-Varese nei sogni di Ballan

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"Spaccale quelle pietre!" titolavamo più o meno un anno fa, introducendo un'intervista sul 2007 di Alessandro Ballan. E lui ci ha dato ascolto. Con l'accelerazione sul Grammont, annichilendo il malcapitato Boonen, ci ha dato proprio la sensazione di voler spaccare i cubetti di porfido con i colpi dei pedali. Dopo una stagione trionfale, Ballan riparte con la consapevolezza di avere i mezzi per battere di nuovo tutti nell'Inferno del Nord, e facendo un pensierino a Pechino e Varese.
Alessandro, prova a mettere a confronto le tue ultime due annate: il 2006, costantemente ad altissimi livelli, sempre davanti da febbraio a ottobre, ma con il solo Laigueglia nel carniere, e il 2007, un po' meno continuo, magari con qualche passaggio a vuoto, vedi Roubaix e Tour de France, ma con due vittorie pesantissime come Fiandre e Amburgo, con la ciliegina della Tre Giorni di La Panne.
«Mi è difficile dire di essere andato più forte nel 2007, ma, sicuramente, ho messo a frutto l'esperienza accumulata nelle prime tre stagioni da professionista, soprattutto nelle gare al Nord, dove difficilmente riesci ad essere tra i primi se non le hai corse almeno due o tre volte. E poi, perché no?, un pizzico di "cattiveria agonistica" nei momenti chiave: la differenza è stata tutta qui».
Quest'anno Bennati e Franzoi hanno lasciato la Lampre; due elementi importantissimi per le "tue" gare sul pavè. Se guardiamo un po' l'organico, il solo Baldato, con i suoi 38 anni, potrà starti vicino in quelle gare. Cosa cambia per te?
«Indubbiamente, con la partenza di Daniele ed Enrico, la squadra perde un po' di potenziale per quelle gare. Baldato ha tantissima esperienza da trasmettere a me e a tutti i miei compagni e, come l'anno scorso, sarà ancora una pedina fondamentale. Inoltre la squadra darà fiducia ai due nuovi acquisti, Murro e Lorenzetto, che, con le dovute proporzioni, andranno ad occupare il posto dei partenti e, secondo me, in quelle gare potranno fare molto bene. Sicuramente avrò un po' più di responsabilità sulle spalle, ma questo non mi spaventa».
A conclusione di una stagione trionfale come il 2007, per i Mondiali di Stoccarda ti saresti aspettato un ruolo più di primo piano di quello che poi hai effettivamente occupato nello scacchiere di Franco Ballerini a servizio di capitan Bettini? In altre parole, secondo te è stato giusto che il vincitore del Giro delle Fiandre abbia corso il Mondiale da "gregario"?
«Al mondiale sono arrivato con un'ottima condizione e ho rispettato alla lettera gli ordini del ct, che mi ha chiesto di agire da lontano per sfiancare gli avversari; e il risultato gli ha dato ragione. Mettermi a servizio di Paolo, che nella sua carriera ha dimostrato di essere un fuoriclasse per queste gare, è stato un piacere. Io ho ancora tantissimi Mondiali davanti a me e, con il buon lavoro svolto in questi anni da gregario, credo di essermi conquistato la fiducia di Ballerini, che un giorno potrebbe affidare a me i gradi da capitano della Nazionale italiana».
Quali sono i tuoi programmi per il 2008?
«Per ora abbiamo deciso solo la prima parte di stagione, durante la quale ricalcherò il percorso dell'anno passato: inizierò a Donoratico, poi farò altre gare in Italia, fino alla Tirreno-Adriatico. Il primo obiettivo importante sarà la Milano-Sanremo, dove i velocisti sono sì favoriti, ma il percorso mi si addice e cercherò di arrivare con una buona gamba per provare a far qualcosa di buono. Poi inizierò la campagna del Nord con, ovviamente, Fiandre e Roubaix in cima alla lista».
Giro o Tour?
«Su questo ancora abbiamo dei dubbi perché quest'anno ci sarà l'Olimpiade, a cui tengo molto. I posti saranno solo cinque, e logicamente chi farà il Tour sarà favorito per la corsa ad una maglia. D'altro canto, vorrei partecipare al Giro perché finora non l'ho mai fatto e, guardando il percorso, ho notato che nelle prime due settimane c'è qualche tappa adatta a corridori come me. In più, la tappa di Cittadella arriva praticamente a 10 km da casa mia e sarebbe bello esserci. Dopo la Roubaix mi siederò a tavolino con i direttori sportivi e decideremo il da farsi».
Davide Cassani, in una recente intervista, ti ha fatto una "tiratina d'orecchi" per come hai gestito la settimana dopo la vittoria del Giro delle Fiandre, fino alla Roubaix. Cosa ne pensi?
«In effetti non posso dargli tutti i torti. Il ritorno in Italia, e di conseguenza la mia assenza alla Gand-Wevelgem, era previsto già da prima della vittoria al Fiandre (l'aveva detto anche a noi in quell'intervista di inizio 2007, ndr), ma senza dubbio quest'ultima mi ha condizionato non poco. Gli amici e i giornalisti mi hanno letteralmente travolto e io non ero assolutamente abituato a tutta questa popolarità. Capite bene che allenarsi tranquillamente, in quelle condizioni, non è stato facile. Alla Roubaix sono stato anche sfortunato in occasione della mia prima caduta, e dico la prima perché quando sono caduto per la seconda volta ero già fuori dai giochi, ed ecco spiegata la delusione a cui facevate riferimento prima. Quest'anno, invece, abbiamo già deciso di fare la Gand, e quindi resterò in Belgio ad allenarmi».
Facci un regalo. Facci rivivere, con il tuo racconto, i tre momenti più emozionanti della stagione: lo scatto sul Grammont, la volata con Hoste e l'ultimo chilometro di Amburgo...
«Il giorno del Fiandre in realtà non mi sentivo molto bene, ma, per come si era messa la corsa, non potevo rimanere a guardare. La squadra mi aveva dato fiducia, dapprima con la lunghissima fuga di Franzoi, e poi andando a chiudere sull'allungo di Cancellara; e così, quando ho visto che Boonen si stava piantando, ho capito che era il momento giusto e sono partito a tutta per fare un po' di selezione. In cima, pensavo di averli tutti a ruota e mi sono sorpreso di essere rimasto da solo; poi negli ultimi chilometri Hoste non voleva passare davanti, sapendo che ero il più veloce. Io avrei preferito una volata lunga, lui, invece, mi ha portato molto vicino al traguardo; siamo arrivati ai meno 250 metri dall'arrivo con una velocità molto bassa. A quel punto lui è partito fortissimo, prendendomi subito cinque metri, e lì mi son spaventato non poco. La mia forza è stata di non mollare. Mi son detto che non potevo buttare una gara così e, piano piano, ho visto che riuscivo a rimontare; il rapporto lungo cominciava a girare per benino, e a 50 metri dall'arrivo l'ho affiancato e sul traguardo l'ho superato. Ad Amburgo, invece, è nato tutto un po' per caso: ai meno 1200 metri dall'arrivo ho guardato sotto la bici e avevo Daniele Bennati a ruota, così sono partito per tirargli la volata e ho iniziato a superare il treno della Rabobank. Prima ho affiancato Freire, e ai meno 800 metri ero di fianco a Flecha. In quel momento, mi sono accorto che Daniele non c'era più e, approfittando della velocità non altissima, sono scattato dando tutto. Dietro si sono un po' guardati e, anche per l'ottima gamba del dopo-Tour, sono riuscito ad arrivare».
Nel 2008 i Grandi Giri non faranno più parte del circuito Pro Tour, che comprenderà solo corse in linea e brevi corse a tappe. Ci stai facendo un pensierino?
«Qualcuno mi ha già fatto notare questa cosa e, in effetti, se nel 2007 ci fossero già stati questi criteri nell'assegnazione dei punti, la classifica Pro Tour l'avrei vinta io. Portare quella maglia a fine stagione sarebbe bello, perciò, dopo la Roubaix, se avrò un bel gruzzoletto di punti comincerò a pensarci seriamente e magari cercherò piazzamenti anche nelle gare a tappe di una settimana».
Quando hai capito di poter far bene nelle gare in pavè del Belgio?
«La mia carriera di ciclista è stata un po' atipica, nel senso che sono passato professionista con la Lampre nel 2004, a 24 anni compiuti; un po' tardi rispetto agli standard. Mi ricordo quando, durante il mio primo ritiro con la Lampre, si parlava di programmi con i direttori sportivi: nessuno tra i miei compagni avrebbe voluto fare la campagna del Nord, tutti erano terrorizzati. Io, fino ad allora, non avevo mai affrontato un tratto di pavè, quindi non sapevo minimamente cosa mi sarei dovuto aspettare, anche se mi piaceva un sacco guardare quelle gare in tv. Il mio direttore sportivo tra i dilettanti, Pianegonda, mi consigliò di chiedere ai ds della Lampre di trovare un posto per me per quelle corse perché, secondo lui, erano fatte su misura per le mie caratteristiche. Così ho deciso di provarci. Effettivamente, la prima volta che percorsi un pezzo in pavè, capii subito di poter far bene e, difatti, già l'anno dopo vinsi una tappa a La Panne, arrivando secondo nella generale, e cogliendo un bel sesto posto al Fiandre».
Prima hai parlato della gara olimpica come un tuo possibile obiettivo. Hai visto il percorso?
«Non l'ho visto direttamente, ma me ne ha parlato Fabio Baldato, che quest'estate ha partecipato alla gara pre-olimpica. Da quello che dice lui pare ci sia una salita lunga, ma regolare, e una discesa da rapportoni; quindi sembra una corsa adatta alle mie caratteristiche. Se andrò al Tour, e ne uscirò bene, la vittoria a Pechino potrebbe essere un obiettivo reale».
E Varese?
«Quel percorso l'ho visto. C'è chi l'ha paragonato a Stoccarda, ma, secondo me, è più duro. Non ti permette mai di stare nella pancia del gruppo, quindi bisognerà correrlo quasi sempre davanti, se si vorrà lottare per la vittoria. In queste stagioni penso di aver dimostrato di essere una pedina importante per la Nazionale italiana, e anche quest'anno spero di esserci, di far bene e, perché no?, di vincere».

Giuseppe Cristiano


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