FreeClimbing! Ed esulta JRO - Bene Di Luca; PaNi, fuga Barredo
Una cosa non potremo dire di questa Tirreno-Adriatico: che non faccia discutere. Se ieri era stato Riccardo Riccò all'arrivo a scaldare gli animi di tifosi e appassionati, oggi a scatenare il dibattito è il muro di Montelupone. Un percorso adatto più ai gechi che ai corridori ha fatto sì selezione, ma comportando una serie di riflessioni dalla natura più o meno simile a quelle promosse all'epoca dalla vexata quaestio se fosse da riconoscere la primogenitura all'uovo o alla gallina. Declinato ai casi odierni, il discorso suona così: era troppo dura la salita, o troppo duri i rapporti utilizzati dai ciclisti?
Onde evitare che le barbe già lunghe di chi assiste a queste schermaglie dialettiche raggiungano misure contrastanti con quanto stabilito dal Sistema Metrico Internazionale, tagliamo corto: i rapporti saranno stati anche sbagliati, ma se anche fossero stati giusti avremmo avuto una tappa all'altezza dello spettacolo che dovrebbe essere garantito? Forse no. Ieri i sei che poi si son giocati la vittoria si sono avvantaggiati su uno strappetto che presentava un quinto della difficoltà altimetrica di quello di oggi. Una rampa meno ardua, ma che avesse permesso magari anche un attacco da lontano (si passava due volte da Montelupone) ci avrebbe regalato forse una tappa più appassionante. Invece su simili pendenze (senza contare poi le eventuali cadute - di corridori o motociclisti - che costringono metà gruppo a scendere dalla bici e arrivare al traguardo a piedi), anche ad andare in mountain bike, difficilmente si ha la forza di scattare, e il livellamento è palese.
Però bisogna poi dare atto a qualcuno del fatto che lo scatto è stato comunque piazzato: ci ha provato prima Visconti, in maniera abbastanza convinta (non a caso nell'unico punto in cui la strada spianava un po'). Ma poi il Campione d'Italia è rimbalzato indietro col nuovo inasprirsi delle pendenze; Sella e Mazzanti hanno provato più volte ad avvantaggiarsi, ma sempre senza guadagnare più di 26 centimetri sul resto del gruppo guidato dalla LPR di un Di Luca supervoglioso di mandare una dedichina a un certo procuratorino tanto simpatico.
Ma l'uomo che è riuscito a fare realmente il vuoto è Joaquín Rodríguez Oliver, scattato a 600 metri dalla conclusione e bravissimo nel gestire sé stesso e il piccolo prezioso margine che aveva guadagnato. Di Luca si è effettivamente mosso, ai 500 metri, ma un po' il momento buono era ormai passato, un po' bisogna riconoscere che il campione nazionale spagnolo aveva una marcia in più. E così Danilo non è riuscito a far altro che difendere un comunque incoraggiante secondo posto, davanti ad Axelsson (nuova maglia azzurra di leader) e Lövkvist. Da segnalare il decimo posto di giornata di Fabian Cancellara, che con questi chiari di luna (54" da recuperare ad Axelsson) e con la cronometro di domenica ha molte carte da giocare per far sua la Tirreno.
In tutto ciò, manca qualcuno. Tipo: quel ragazzetto inviperito che ieri avrebbe mangiato l'asfalto coi denti, al secolo Riccardo Riccò: il più atteso della giornata. Che però sta facendo i conti con la nuvoletta di Fantozzi piazzata su di lui, se è vero che oggi è caduto poco prima del primo passaggio sul famigerato muro, facendosi male all'anca destra e arrivando poi attardatissimo su un traguardo che l'avrebbe potuto vedere a braccia alzate. Pazienza, la scalogna passerà.
Se lo dice spesso anche Manuele Mori, che raccoglie sempre un decimo di quello che semina, e che nella quinta tappa della Parigi-Nizza non ha derogato alla regola: dopo le fatiche montane dei giorni scorsi, il percorso prevedeva una frazione non trascendentale, qualche salitella qua e là per promuovere una fuga, cosa che si è puntualmente verificata, con 17 (poi 16) uomini all'attacco con un minimo spago lasciato dal gruppo controllato dalla Rabobank del capoclassifica Gesink.
Nei 17 due italiani, Mori appunto, e Santaromita; e un Barredo piazzato non malissimo in classifica. Chiaramente quando i galli in un pollaio sono tanti, a qualcuno vien voglia di evadere, e così è stato Botcharov a provare la soluzione autarchica, ma il russo non ha trovato spazio; l'hanno invece avuto Moreau, Kroon, Barredo, Rolland e proprio Mori, trovatisi a guidare la corsa nel finale. A 10 km da Sisteron Barredo ha giocato il suo jolly, ma su una salitella da cui sperava di prendere il volo per anticipare lo sprint ristretto in cui si sentiva battuto.
Ma grazie al buzzo buono di Kroon, l'attacco dello spagnolo è stato neutralizzato; "Ora se ne starà tranquillo", si è pensato, e invece Barredo di jolly ne aveva un altro, e soprattutto aveva l'urgenza di metterlo in tavola. Detto fatto, ai 9 km l'uomo della Quick Step è ripartito, e non si può nemmeno dire che da lì in poi i suoi ex compagni di fuga non l'abbiano più visto, dato che l'hanno tenuto a lungo a tiro, convinti forse che non sarebbe stato così complicato chiudere su di lui. Invece Barredo ha avuto più forza e lungimiranza, e così, secondino su secondino, ha messo insieme alla fine un margine di sicurezza che gli ha permesso di arrivare a braccia alzate al traguardo.
Mori si accontenta (?) del terzo posto di giornata, battuto da Kroon nello sprint per la piazza d'onore; in classifica non cambia un bel niente, anzi sì, cambia che Rebellin guadagna 1" su Gesink e Nocentini, e ora è a 31" dall'olandese e ha 3" sul connazionale. Poca roba, vero. Le prossime due tappe dovranno regalarci molta più emozione, se vorranno competere con la prima parte di questa Parigi-Nizza: il terreno per attaccare e per chiudere così in bellezza la "Corsa verso il mare" non mancherebbe. Vedremo e spereremo: due contro uno, Rebellin e Nocentini contro Gesink, Gerolsteiner e AG2R contro Rabobank. La sfida è lungi dall'essere decisa.