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Daniele Colli, disoccupato - Viaggio tra i senza contratto | Cicloweb

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Daniele Colli, disoccupato - Viaggio tra i senza contratto

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Accanto ai campioni, ai buoni corridori, o semplicemente ai gregari delle squadre che si stanno rivelando a stampa, tifosi ed appassionati, o che magari sono già in corsa in giro per il mondo, alla continua ricerca del caldo e delle temperature ideali per l'allenamento, c'è un universo parallelo: l'universo dei senza contratto, comunemente definiti "disoccupati". Quei corridori a cui i team manager non hanno rinnovato il contratto per questioni di budget, di spazio limitato in rosa, o magari perché la loro squadra ha "semplicemente" chiuso. Magari per colpa di team manger poco disciplinati, o perché gli sponsor hanno deciso di togliere loro i soldi per l'attività sportiva, dato il caos del ciclismo attuale, ad iniziare dalle dirigenze più alte. Scopriamo cosa fanno questi disoccupati, e soprattutto cosa ne sarà del loro futuro, partendo dal milanese Daniele Colli.
Daniele, mentre le squadre stanno terminando i ritiri invernali e si apprestano ad iniziare la stagione, tu sei sul divano di casa. Cosa c'è che non quadra?
«Bella domanda. Non quadra essere seduto sul divano un pomeriggio di metà gennaio, essendo ancora, a tutti gli effetti, un ciclista professionista. Ho 25 anni, sono giovane, ma già mi sento messo al palo. È un peccato, perché so di avere ancora qualcosa da dare, e da prendermi, al e dal ciclismo».
Come mai il tuo contratto con la famiglia Reverberi non è stato rinnovato?
«Me lo sono chiesto anche io. Purtroppo quest'anno ho avuto un brutto incidente (avvenuta il 2 marzo, durante la 4a tappa della Volta a la Comunitat Valenciana, ndr), sono rientrato a correre in estate, al Giro del Portogallo, riuscendo a finire la corsa dopo ben cinque mesi di inattività. Ho disputato tutte le gare nelle quali sono stato convocato, non ottenendo probabilmente ottimi risultati, ma dimostrando di aver messo i guai alle spalle. Pero questo non è bastato. Mi è dispiaciuto lasciare certi compagni di squadra, con i quali avevo stretto un bel rapporto di amicizia».
Sicuro di non avere niente da rimproverarti?
«Forse a volte non ci ho nemmeno provato e non ero pienamente sicuro dei miei mezzi. Quando sono rientrato in gruppo, avevo il terrore di cadere ancora, e magari quando c'era da rischiare mi facevo da parte. Poi, quando nel finale di stagione ho scoperto di non avere il contratto per l'anno successivo, invece di impegnarmi ancora ho un po' staccato la spina; non avevo il morale adatto».
Archiviato il passato, pensiamo al futuro. Contatti con altre squadre professionistiche ce ne sono stati?
«Qualche contatto c'e stato e c'è tuttora, ma finché rimangono "solo" contatti, di reale c'e ben poco. Io ero sicurissimo di rimanere nel gruppo di Reverberi, e quindi non pensavo molto al mio cambiamento».
E come mai nessun contatto si è concretizzato?
«Le condizioni economiche non mi sembravano soddisfacenti, diciamo così. E a me sembra giusto che la fatica che facciamo sia un minimo ricompensata».

Nel 2005 arrivasti secondo in volata in tappe del Giro di Romandia e del Giro di Svizzera dietro a Petacchi e McEwen , ed eri un neopro'. Come è possibile che dopo tre anni tu non abbia offerte soddisfacenti?
«Non lo so. So solamente che la gente fa presto a dimenticarsi ciò che uno fa, purtroppo. Ho avuto grossi problemi fisici dal giugno del 2006, poi quest'anno ci si è messa anche quella caduta proprio durante un periodo in cui stavo andano bene, nel momento in cui i problemi erano passati. Io non pretendevo chissà quali offerte, ma solo la possibilità di provarci ancora. Comunque, nella mia stessa situazioni ci sono tanti altri bravi corridori. Molte squadre hanno chiuso, altre si sono defilate per via del discorso "doping", cambiando investimenti. E se le squadre chiudono qualcuno, purtroppo, deve rimanere fuori».
I grossi problemi fisici sono stati superati? Di che si trattava?
«Avevo una postura non corretta, dei problemi ai denti, risolti con tanta pazienza, un anno di apparecchio, e delle persone professionali sempre al mio fianco. Continuavo ad avere tendiniti croniche, i muscoli lavoravano male, e i tendini non supportavano queste asimmetrie».
Cosa succede ad un corridore disoccupato? Come impiega le giornate?
«Per mia fortuna ho appena comprato casa, cosi riesco a pensarci meno, a volte, e a tenere impegnate le mie giornate dopo gli allenamenti, che comunque effettuo con la speranza che qualcosa si muova. Come si dice? Prevenire è meglio che curare...».
L'ambiente ciclistico è veramente così cinico nei confronti di chi è in difficoltà?
«Diciamo che a volte hai le gambe segate in partenza. Nei miei confronti sento voci inimmaginabili di gente che nemmeno sa il mio nome. Si mormora che io non faccia la vita da ciclista, o cose del genere: forse dovremmo mettere una telecamera in ogni casa per vedere cosa fanno i corridori... Quando le cose vanno bene, hai tutti intorno; quando vanno male, sei solo, e questo penso non sia giusto. Bisogna dare tanto al ciclismo, ma anche avere qualcosa in cambio, penso io».
Facciamo un gioco: sei il team manager di una squadra professionistica e stai cercando un corridore con le caratteristiche di Daniele Colli. Perché prenderesti proprio lui?
«Perché è giovane, ha ottenuto buoni risultati appena passato professionista, e penso sia giusto provarci. È un corridore che sa integrarsi con i compagni e non si tirerebbe indietro se ci fosse bisogno di aiuto».
Cambiamo gioco: sei Daniele Colli e devi convincere un team manager di una squadra professionistica ad ingaggiarti. Cosa gli dici?
«Da dire ci sarebbe ben poco, perché a parole siamo tutti campioni. Cercherei di ricambiare la fiducia sulla strada, ottenendo buoni risultati sia sul piano ciclistico che non; insomma, lasciare un'impronta».
Pensi che dopo questa intervista il tuo telefono squillerà un po' di più?
«Il mio telefono squilla tutte le mattine... peccato che è la sveglia (ride). Comunque se arriverà la chiamata, bene, altrimenti lascerò il ciclismo per dedicarmi ad altro».
Nel caso, ci paghi la parcella?
«Certo, ma se la chiamata non arrivasse potrei contare sul vostro supporto economico? (ride)».
Mario Casaldi

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