Sam Sánchez, un funambolo - Cunego un po' bravo e un po' pollo
Una cosa non potremo dire di Damiano Cunego in questa Vuelta 2007: che non ci abbia provato. Caduto malauguratamente nella prima tappa, il veronese ha più volte cercato la via della fuga, per dare alla sua prestazione un senso (era uscito subito di classifica a causa dei postumi del ruzzolone, e aveva passato i primi giorni a tentare di ritrovare una condizione buona come quella esibita al Giro di Germania), e - probabilmente - per mandare a Ballerini un segnale.
Il dibattito del momento, infatti, pare essere: Cunego a Stoccarda sì o Cunego a Stoccarda no? Che Damiano sia nato per far discutere è ormai assodato, e sia che il ct lo convochi in nazionale, sia che lo lasci a casa, la sua decisione provocherà un bel po' di polemiche. Purtroppo il Ballero, se le cose non andranno come si spera (e non è che tutti gli anni possano andare come si spera), dovrà risponderne in tutti e due i casi: se l'avrà portato, "perché l'ha portato?", se non l'avrà portato, "perché non l'ha portato?". In attesa di queste appassionanti e divertenti dispute (alle quali non ci sottrarremo, non siamo mica scemi!) non ci resta che giudicare le prestazioni di Cunego in Spagna. E ovviamente, avendone una abbastanza rilevante lì sotto agli occhi, fresca fresca, possiamo passare senza colpo ferire ad analizzarla.
Cunego è scattato insieme ad altri 19 fuggitivi dopo circa 50 km di gara, e considerando che la tappa nel finale prevedeva la difficile scalata all'Alto de Monachil, il veronese si è subito installato, di default, tra i favoriti di giornata: se gli attaccanti avessero resistito al probabile ritorno del gruppo, Damiano era tra quelli messi meglio in salita.
Fosse stato per la Rabobank, c'è da dire, la fuga avrebbe pure potuto prendere il largo: non vi erano infatti compresi personaggi che potessero impensierire Menchov, sicuro del color oro della sua maglia, e conscio che non sarà certo quest'ultima settimana di Vuelta a far scolorire il tessuto della casacchina a cui si sarà ben affezionato in questi giorni. Ci si è dovuta mettere la Euskaltel, a tirare tutto il giorno, per limare e limitare, riportando il distacco (che era stato anche di 4'20") a più umane cifre (circa 2' prima dell'attacco al Monachil). Comprensibile l'atteggiamento dei baschi: il pur bravo Zubeldia (in fuga già ieri) - lo ammetterà lui stesso - non dava le più ampie garanzie di successo, e gli arancioni di Gerrikagoitia avevano un certo bisogno di incamerare almeno un'affermazione in questa Vuelta.
C'è da dire che la Lampre, a supporto di Cunego, si era mossa in gran pompa: tre gregari (Marzano, impagabile, Szmyd, infaticabile, Bennati, inclassificabile, nel senso che uno sprinter che fa il gregario è pur sempre un'immagine singolare, ma siamo certi che anche Daniele avesse urgenza di segnalare a Ballerini che lui - in ottica Mondiale - non disdegna certo il lavoro ai remi, laddove necessario), tutti e tre alla frusta a cavallo dell'approccio alla salita decisiva: su 20 fuggitivi, 4 compagni di squadra a tirare davanti il drappelletto, mancava solo il gonfalone e saremmo stati al completo.
La tattica degli uomini di Martinelli, comunque, si è rivelata perfetta, perché non si può certo dire che Cunego non sia stato messo nella condizione migliore per colpire. E non si può del pari negare che Cunego, al suo momento, abbia in effetti colpito.
Già sulle prime rampe del Monachil il lavoro lamprista aveva mandato in confusione l'80% dei fuggitivi, ivi compresi Bettini e Tonti (altri italiani in avanscoperta, azzurri certi, il primo per lignaggio e diritto, il secondo per i buoni uffici del primo ma soprattutto perché sta andando davvero forte), mentre il sesto dei nostri, Pellizotti, restava per un po' sospeso a mezz'aria prima di recedere da ogni speranza.
Con Cunego restava il solo López García (per un po' - ma troppo poco - anche Van Goolen), ma il problema era che dal gruppo la situazione, sempre più effervescente, rischiava di riportare sotto qualche inseguitore. Luis Pérez, per esempio, primo a muoversi tra gli uomini di classifica; o, meglio, quel Triki Beltrán che si metteva all'inseguimento del collega e lo saltava a circa 5 km dalla vetta.
In quel momento, anche la coppia di testa scoppiava: Cunego mollava López e iniziava il cronoinseguimento tra lui e Beltrán, che da solo recuperava secondi chilometro dopo chilometro. Il primo dubbio sull'effettiva giornata di grazia di Damiano ci è venuto qui: vero che era in fuga da molto tempo, ma era potuto rimanere al coperto, e in ogni caso in salita dovrebbe respingere gli assalti di un Beltrán. Invece in cima o quasi (a un chilometro dalla vetta, per la precisione), lo spagnolo della Liquigas si è portato sul veronese e l'ha saltato di netto. E qui il secondo dubbio, con Cunego incapace di tenere la ruota dell'avversario.
Nel frattempo, tra i big (cosiddetti) della classifica, schermaglie e nulla più: il forcing di Sastre, non essendo più tempo di Romanticismo, non provocava né wertheriani dolori, né thorlessiani turbamenti al giovane (?) Menchov. Il quale curava principalmente le mosse di Evans, il rivale che evidentemente teme di più, non preoccupandosi troppo di questo o quell'allungo (perlopiù tentato) di Efimkin o di Antón.
In vetta, e quindi a 20 km dal traguardo, Beltrán aveva già 15" su Cunego, mentre il gruppetto dei migliori scollinava a 40", con Samuel Sánchez poco dietro. Ma del funambolismo di quest'ultimo sappiamo ormai tutto, e quindi non ci stupiamo per niente se nel giro di 5 km, dopo uno spettacolo quasi circense di numeri nella picchiata, l'asturiano (rientrato sui migliori e scattato immediatamente) si è riportato su Cunego (che pure in discesa non è fermo).
Quel che, in verità, ci ha un po' sorpresi, è stato vedere Damiano così sorpreso. Distratto, anzi: Sánchez, perfetto (perfido) gattone, aveva visto il suo topolino da lontano, e si era accucciato sul mezzo, senza più muovere un muscolo che non fosse quello cardiaco (uhm... forse anche quello preposto al ghigno). Così, con felpata grazia e fluida dolcezza di movimenti, senza nemmeno più dare una pedalata ("Guai se sente il rumore della catena!"), Samuel è piombato sulla preda, e allora sì, lo scarto, lo scatto, e l'attacco sulla parte opposta della carreggiata, mentre Cuneghìn si accorgeva troppo tardi dell'arrivo dell'avanguardia nemica.
E qui (terzo dubbio, ma ormai non fa testo) la clamorosa ingenuità di Damiano, che anziché attaccarsi subito alla ruota dello spagnolo, si è voltato, perdendo la pedalata e controllando se ci fossero anche gli altri. Ma gli altri non c'erano.
E allora il veronese ha iniziato così il suo supplizio di Tantalo, fatto di 200 scattini per riprendere la ruota di Samuel, ma ogni volta che ci riusciva c'era una nuova curva e quello allungava un'altra volta di 10 metri, e via nuovo scattino, la lineetta dell'energia sempre più ridotta, e il Sánchez per l'ennesima volta pronto all'allungo. Finché questo giochetto non ha deciso di essere durato abbastanza, e si è interrotto: a 9 dal traguardo, per la precisione.
Beltrán, che probabilmente immaginava che dietro non si stesse giocando a scala quaranta, ha avuto conferma ai suoi sospetti a 7,5 dal traguardo, quando Sánchez ha completato la sua serie di rimonte agguantando anche il battistrada. A posteriori diciamo che - visto il ristretto margine intercorso tra il distacco di Cunego e l'aggancio a Triki - i rimpianti sono ancora di più, visto che Damiano avrebbe dovuto stringere i denti (o aprire un po' gli occhi) per poco altro tempo, e si sarebbe ritrovato (in tre davanti, e con una tuttora non disprezzabile velocità in volata) in una posizione invidiabile per contendere a Sánchez il successo di giornata.
Invece il massimo che il veronese ha potuto più fare è stato tirare il gruppo degli inseguitori (senza motivo, dirà qualcuno), che l'ha ripreso relegandolo poi, al traguardo, al sesto posto. D'altro canto, bisogna anche dire che Damiano ha parlato di crampi che l'avrebbero frenato nel finale (e ci starebbe tutto, visto che comunque gli sforzi oggi li ha fatti, anche se forse i crampi sono proprio figli dei continui scattini per recuperare Sánchez), e che possiamo anche vedere la parte mezza piena del bicchiere, ovvero quella che dimostra il suo orgoglio e la sua testardaggine nel provarci. Quel che è certo è che (per tornare al discorso di prima) ora come ora non vorremmo essere Ballerini.
Sulla nuova coppia di testa (per tornare invece al discorso-cronaca), poco da dire: la voglia di Beltrán di guadagnare comunque qualche secondo in classifica (ora è settimo) ha fatto premio, e unita alla voglia di Sánchez di vincere la tappa ha prodotto un perfetto accordo tra i due spagnoli, che sono arrivati alla volata con l'asturiano che, secondo tutti i pronostici, ha vinto agevolmente dedicando il successo, con una grintosa esultanza, a un non meglio identificato nascituro. Verranno i diari a chiarirci la gioia del ragazzo dell'Euskaltel (che pure in classifica è messo benino, quinto).
Menchov conferma la sua leadership, sempre con 2'01" su Efimkin, e con una tappa difficile in meno davanti a sé può dedicarsi, domani, a una sana giornata di riposo (come tutti, del resto), in attesa del ritorno in gara martedì. Le ultime salite, venerdì, schiereranno la definitiva griglia di partenza per l'ultima crono di sabato. In teoria Evans potrebbe puntare al secondo posto (ai danni di Efimkin), e - più difficile - Sastre al terzo (sempre ai danni del russo). In pratica, non riusciamo a toglierci di dosso questa sensazione di ininfluenza di tutto quel che è stato in questi ultimi giorni, e di quel che sarà in quelli che ci separano ancora dalla conclusione della Vuelta.