Pucinskaite Rosa-bis - La lituana: «Che paura a Cittiglio»
Versione stampabile Il Tour de Berne, il Giro del Trentino, e il Giro d'Italia: due mesi da incorniciare per Edita Pucinskaite. Se poi nel mezzo ci mettiamo la conferma del titolo Nazionale lituano a cronometro, e qualche piazzamento come il 10° posto al Tour de l'Aude (corso in appoggio a Trixi Worrack), ovviamente farcito con le due tappe (il prologo e la cronoscalata) allo stesso Giro d'Italia femminile 2007, il gioco è fatto.
Proviamo a rivivere il film di questo Giro Donne 2007, partendo da una curiosa coincidenza: le due tappe vinte a cronometro con 1" di vantaggio sulle seconde classificate.
«Neanche un secondo, ma soli cinquanta centesimi! Una cosa pazzesca, anche perché di solito in queste cose sono sempre un po' sfigata. Se c'è da vincere o perdere una corsa per questione di centesimi, 99 volte su 100 io sono quella che la perde. Ma quest'anno mi sta girando tutto bene, per fortuna».
Iniziamo dal prologo, allora, con quel secondo rifilato a Karin Thürig.
«Non mi sarei assolutamente mai aspettata un prologo corso in quel modo. Già altre volte, quando son stata particolarmente motivata, ho corso dei bei prologhi, ma era ovvio che la favorita non fossi io, bensì proprio la Thürigh. Ad onor del vero devo confessare che la svizzera aveva dei problemi ai tendini che m'ha confessato prima del via. Io comunque sono stata proprio brava».
Nella cronoscalata del Monte Serra ci si aspettava una grande Luperini, invece hai dovuto lottare contro la spagnola Moreno. Anche lì, 1" t'è bastato per vincere la tua seconda tappa.
«La cronoscalata la reputo un mio piccolo capolavoro; mi dovessi dare un voto, mi darei 110 e lode. Avevo gli intertempi delle altre atlete, e sapevo che stavo andando bene, soprattutto perché nella mia tabella di marcia avevo diviso la salita in quattro parti, e il mio massimo impegno sarebbe stato dedicato alla parte finale. Sapevo di stare davanti a Fabiana, ma ero 10" dietro Moreno. Lì ho pensato che dovevo continuare a gestirmi, la salita la conoscevo, l'ho vista mille volte e provata altrettante. In allenamento l'ho affrontata in tutti i modi: con delle progressioni, con degli scatti, in maniera regolare. Questo è stato fondamentale per scavare distacchi importanti tra me e le mie avversarie, anche perché altri arrivi in salita non ce n'erano. E poi la cronometro, la cronoscalata in particolare, è una questione di gambe e di testa. Chi dice che nelle crono ci vogliono solo le gambe non capisce niente di ciclismo. Anche lì la favorita non ero io, bensì Fabiana Luperini, visto che quella salita è praticamente casa sua. Io sono andata forte, qualcuno ha scritto che ho volato, ma in fondo ho dato 1" a Moreno e 35" a Luperini, mica chissà quanto».
A proposito della Luperini, facciamo un salto in avanti e passiamo all'ultima tappa, con quel "vaffa" in diretta nazionale che la pisana t'ha dedicato e che non è passato inosservato.
«Fabiana voleva il podio, e durante l'ultima tappa ha attaccato spesse volte, già sul Lissolo. All'ultimo km ha provato uno scatto, io sono andata a riprenderla, e lei m'ha mandato a quel paese, e l'ha fatto anche all'arrivo. Era nervosa perché non voleva attaccare me, ma il podio della Moreno, ma io ero in Maglia rosa ed avevo già dovuto chiudere qualche tentativo della stessa Moreno, della Arndt, anche di Nicole Brändli. Non avevo compagne di squadre, ed ero più tranquilla avendo tutte le avversarie lì vicino a me. Comunque tra me e Fabiana non c'è nessun problema, sono le fasi di corsa che a volte fanno innervosire».
Quasi incredibilmente, i secondi accumulati tra prologo e cronoscalata hai rischiato di perderli tra Correggio e Cornaredo, con quei due buchi creatisi tra chi s'è giocata la tappa e il resto del plotone. Anzi, a Correggio hai anche perso la Rosa per questo. Ci racconti come sono nati?
«All'arrivo di Correggio ero davvero dispiaciuta, perché ho perso la Rosa per una disattenzione che non dovevo permettermi. Fortunatamente il giorno dopo c'è stata subito la cronoscalata che m'ha permesso di rivedere i distacchi, ma se si vuole vincere una corsa importante come il Giro d'Italia non ci si può permettere errori simili. Anche verso le compagne di squadra mi son sentita parecchio in colpa. Invece a Cornaredo è successo quasi un "giallo", visto che circa a 1 km dall'arrivo, più o meno nello stesso momento della caduta che ha permesso la neutralizzazione del tempo per le ritardatarie, una ciclista del Bigla Cycling Team, quindi una compagna di squadra di Nicole Brändli, mi è entrata praticamente dentro la bici in una curva verso sinistra, chiudendomi la strada e costringendomi ad una frenata molto pericolosa, anche per chi era alla mia ruota. In quei momenti si è tutte a tutta: chi cura la tappa, chi cura la classifica, e fare una cosa del genere è da incoscienti, anche perché ci si può fare molto male. Dalla fisionomia mi sembrava Noemi Cantele, che infatti ho cercato a fine tappa per chiedere delle giustificazioni. La varesina ha detto che non ha fatto una cosa del genere, e Puttini, ds della squadra svizzera, m'ha detto che era stata un'altra ragazza, che comunque s'è scusata dicendo di non averlo fatto apposta, che era stata un'azione involontaria. A me un po' di dubbi però rimangono, anche perché da quel giorno nessuna ragazza del Bigla Cycling s'è permessa di fare ancora una cosa simile. Rimane il fatto che, come a Correggio, correre nelle posizioni di rincalzo non è mai una buona idea: io in quel frangente avevo perso una decina di secondi, se non ci fosse stata la caduta, ma una come Luperini avrebbe perso quasi 1'. In una tappa di pianura. Impensabile».
Ormai la cronologia ce la siam giocata, quindi torniamo a parlare dell'ultima tappa.
«A Seregno mi tremavano le gambe. Stavo vincendo il mio secondo Giro d'Italia consecutivo, dopo una marea di piazzamenti. Sul Lissolo la Luperini ha fatto un forcing strepitoso ed ha tolto di ruota atlete come Brändli e Ljungskog, ma non me, che mi sono attaccata alla sua ruota per tutta la salita, che era molto dura, e poi lungo la discesa ci hanno riprese. In quella tappa ho lasciato spazio solo al tentativo finale, visto che la migliore in classifica era la Guderzo che era comunque lontana da me, ed anche perché ho pensato che se le cose si fossero messe male le altre avrebbero comunque potuto aiutarmi per limitare i danni, anche soltanto per tenersi il proprio piazzamento. Alla fine è andato tutto bene, e sono stata anche contenta per Tatiana, che s'è presa la Maglia bianca».
E la tappa thrilling di Cittiglio? L'attacco della Brändli, il lungo in discesa; che pensavi mentre tiravi per rientrare?
«Per spiegare la tappa di Cittiglio bisogna partire dal giorno prima, dalla tappa di Novara, dalla caduta in cui sono incappata che m'ha fatto rompere la bici e che non m'ha permesso di affrontare la classica tappa da imboscate col mezzo con cui ho più confidenza. Anche lì mi son trovata nel posto sbagliato, e solo la fortuna ha voluto che fossimo a 2.8 km dall'arrivo e non a 3.1 km, tanto per dire, anche se la fortuna ha anche voluto che in una caduta dove altre si son rotte clavicole o han datto botte forti al bacino, io mi sia rialzata senza neanche un graffio né una sbucciatura. La mattina di Cittiglio avevo una bici nuova, e quello che io ho fatto col Monte Serra, Brändli l'ha fatto con la tappa di Cittiglio: è venuta qualche giorno da Noemi Cantele, varesina sua compagna di squadra, ed ha provato mille volte il percorso, con tutte le salite e le discese. Quando lei ha attaccato, in discesa appunto, io ero alla sua ruota. Ma la svizzera s'è preso un rischio grosso come una casa, perché una curva verso sinistra l'ha ciccata del tutto, ed ha piegato la bici in maniera incredibile. Io ho preferito andare dritta, perdendo parecchio tempo e terreno, anche se fortunatamente non sono caduta. In quel momento non ho pensato granché, ho solo pensato che c'era da riprendere le altre, e un po' di nervoso m'è venuto soltanto quando la Becker non s'è staccata dalla fuga e la Häusler stava pensando più alla sua Maglia bianca che alla mia Maglia rosa. Si son giustificate dicendo che non sentivano la radio, ma non siamo nate ieri; si sa che se la Maglia rosa è in ritardo, le compagne si fermano subito, ovunque esse siano, la radio non serve. La sera in albergo ero molto arrabbiata, nonostante poi il lavoro delle ragazze ci sia stato e siamo riuscite a limitare i danni, mantendendo la Maglia; ma abbiamo chiarito e mi son detta: "Da domani basta errori, usa la testa. Se ti spogliano va bene, ma devono essere brave loro, non devi sbagliare tu". Ed è andata bene».
C'è qualche avversaria che t'ha particolarmente colpito? Sia in positivo sia in negativo, intendiamo.
«Nicole Brändli su tutte. Mi ha attaccato sempre, ovunque, anche sui ponti. La conosco, so che è fortissima, e so cosa può dare. Ha corso ogni tappa con un occhio verso di me, per cercare di carpire ogni mio eventuale momento di difficoltà per attaccarmi. A Cittiglio ha fatto un numero da applausi, perché non ha staccato solo me, ma aveva tutto il gruppo dietro che tirava per riprenderla e non c'è riuscito. E per fortuna che Cantele ha avuto dei problemi ai freni e non ha potuto darle una mano ancora più grande di quella che le ha dato, sennò sarebbero stati veramente dolori in quella frazione».
Che ci dici di Maribel Moreno?
«La Moreno mi ha impressionato, soprattutto perché noi "big" ci conosciamo, sappiamo tutto di tutte, ci affrontiamo molto spesso nei finali di corsa, ma questa spagnola non si vede spesso, per usare un eufemismo. Ogni tanto Moreno fa questi exploit, si presenta tiratissima alle corse, e difatti quando l'ho vista così magra, alla partenza del Giro, ho pensato: "Questa andrà forte", visto che già al Giro di due anni fa si piazzò quinta. Ma anche lì uscì dal nulla, e fino a dieci giorni fa ci era ritornata. Per carità, ci sta che affronti le altre corse, come il Tour de l'Aude, in completa preparazione, prendendo le mezz'ore sulle salite, ma il divario tra la preparazione e gli exploit è veramente tanto».
E le altre?
«Partiamo dalla Luperini, che è andata veramente forte, anche se non ha avuto vere salite dove attaccare ed ha dovuto patire la delusione della cronoscalata chiusa solo in terza posizione. Però, checché ne dica qualcuno, Fabiana rimane la più grande scalatrice del ciclismo femminile, e la migliore scalatrice in Italia, senza dubbio. La Ljungskog ha forse un po' deluso, soprattutto perché per la cronoscalata s'è fatta portare un telaio ultraleggero, ma è andata pianino lo stesso, e forse un'altra che è andata un po' più piano è la Bubnenkova, atleta formidabile che ha sicuramente pagato la tragedia occorsa alla Fenixs, l'ho vista anche piangere dopo il successo di tappa. Un po' sotto i propri canoni anche Marianne Vos, che è da apprezzare per esserci stata, ma forse sta correndo troppo, e quando corre cerca sempre e comunque il risultato, anche in corse olandese che conosce soltanto lei. Al Giro è arrivata nettamente in calo, ora si deve riprendere, riposare e ritrovare lo smalto in vista di Stoccarda, sennò rischia di scoppiare. In salita respirava abbastanza male, ma ha iniziato ad andare forte da febbraio, e se vorrà confermare l'iride orizzontale, ed impensierire la Cooke per quello verticale, le converrà programmare bene il finale di stagione».
Qualche giovane, magari italiana?
«Marta Bastianelli non m'ha affatto sorpreso. Corre bene, ha voglia e gambe, ed ha capacità di soffrire. È un pochino sfortunata, da inizio anno non sta facendo che beccare piazzamenti, ma è forte ed umile, e sicuramente in futuro vincerà molto. La Baccaille m'ha un po' deluso, soprattutto perché è una passista veloce e qui di tappe per questo tipo di atlete ce ne erano moltissime, ma lei è stata sempre coperta. Noemi Cantele è una brava, una sveglia: quest'anno ha corso in appoggio a Brändli, ma si prenderà anche lei le proprie soddisfazioni vincendo belle corse. Guderzo è un po' un'incognita. Alla fine ha ottenuto un 5° posto e la Maglia bianca, è andata sicuramente bene, ma corre sempre nascosta, non si vede mai. Ha dato quel colpetto nel finale, ma per una che a 20 anni arriva seconda ai Campionati del Mondo non è un passo in avanti, secondo me. La vedo anche un po' grassottella, ma forse questa è una sensazione solo mia».
Parliamo un po' del contorno. C'era pubblico sulle strade del Giro Donne?
«Ho corso tantissimi Giro d'Italia, forse sono quella che ha più piazzamenti in classifica generale. La risposta del pubblico di quest'anno mi è piaciuta, c'era gente entusiasta, abbiamo visto anche qualcuno commuoversi. Il nostro è un mondo piccolo, niente di paragonabile all'universo maschile, abbiamo dei tifosi fedeli che ci seguono sempre, ma quest'anno s'è visto anche qualcuno nuovo, gente in più, magari anche soltanto dei curiosi che venivano a vedere i colori del ciclismo e le ragazze. Spesso ricevo e-mail da alcuni tifosi che mi seguono sempre, e quest'anno ho ricevuto anche qualche e-mail, commovente per certi versi, di tifosi che non avevo mai letto, di gente che non è all'interno del nostro mondo. Sicuramente un qualcosa di positivo, anche perché nel nostro piccolo un po' di gente a guardarci ce l'abbiamo sempre».
Dal punto di vista tecnico s'è vista una bella corsa, frizzante soprattutto in alcune tappe ed alcune azioni.
«La corsa è stata durissima e combattuta, anche perché erano presenti le 10 migliori formazioni mondiali con le 10 capitane: in pratica mancava solo Nicole Cooke. Il Giro non teme confronti con le altre corse a tappe, soprattutto di una certa durata: c'è la Grande Boucle, ma c'era solo Nicole Cooke che ha vinto a spasso, c'è la Route de France, ma anche lì le squadre di spicco saranno poche e ci saranno un sacco di squadre francesi. Il "vero" Tour de France non esiste più, ed il Giro ha il ruolo di faro di corsa a tappe rilevante del movimento. Il problema, visto come è stato tirato su, è che si può solo applaudire e non si può criticare».
Immaginiamo ti riferisca all'assenza di altre salite, soprattutto vicine all'arrivo, vero?
«Esatto. Il Giro d'Italia va benissimo, ma il "grande" Giro d'Italia deve mantenere intatte le caratteristiche della Corsa rosa; deve avere più salite, che sono il sale del ciclismo a tappe, perché va bene la cronoscalata, ma non ci si può limitare a quella. E sarebbe bello tornare a correre per due settimane, aggiungendo anche una cronometro in pianura ed evitare di girare sempre su questi circuiti, che spesse volte sono anche un po' pericolosi, nonostante ci si passi più volte. Però, lo ripeto, come si fa a criticare Rivolta? Anzi, ha fatto mille sacrifici per organizzare questo Giro d'Italia femminile, e non si può non rivolgergli un "Grazie!" grosso come una casa».
Vi hanno già dato assicurazioni sui prossimi anni, o anche nel 2008 non si saprà fino all'ultimo se si correrà o meno?
«Ci hanno detto che la Federazione ha stretto un accordo con Rivolta per tre anni, quindi fino al 2009 dovremo essere coperte. La speranza è che l'anno prossimo si presenti il Giro almeno un paio di mesi prima, in modo tale da poter visionare le tappe e rifinire gli allenamenti».
Piccolo excurus: stai seguendo il Tour de France maschile?
«Sì, lo guardo, ma sono contentissima dello spazio che il vostro sito ci ha concesso. È la prima volta che si approfondisce in maniera così tecnica sul Giro Donne, commentando le tappe fuori dalla cronaca, o dando pagelle a fine corsa. È un segnale importante per il movimento, e può essere anche un motivo per migliorarsi. Purtroppo tra gli uomini succedono un sacco di cose, di notizie, di chiacchiere, e diventa problematico appassionarsi, in effetti. Anche perché poi i ciclisti si fanno mettere spesso e volentieri i piedi in testa da tutti, e fanno un danno non soltanto a loro stessi, ma anche a noi, che viviamo in parte di luce riflessa».
Avessi vinto il Giro maschile avresti avuto paura di qualche chiacchiera di anni precedenti che t'avrebbe condotto da Torri alla Procura antidoping del Coni?
«No, anche se capisco cosa intendete. I giochi di potere sono sempre un guaio, ma comunque rimane un fatto ottimo che si continui a vigilare e che si continuino a fare controlli. Noi durante il Giro Donne abbiamo effettuato due controlli a sorpresa fatti dall'Uci, io in Maglia rosa ho fatto controlli quasi ogni giorno, così come le vincitrici di tappa».
Almeno possiamo esser certi che tra un anno sull'Albo d'Oro del Giro Donne ci sarà scritto Edita Pucinskaite. In campo maschile questa certezza è decaduta da un bel pezzo.
«Non siamo un mondo di verginelle, il doping c'è anche qui come c'è in tutti gli altri sport, sia maschili sia femminili. Vi ricordo che il Giro d'Italia 2001 è stato assegnato a Nicole Brändli in un secondo momento, visto che la bielorussa Zinaida Stahurskaia fu squalificata a dicembre, quindi quattro mesi dopo la conclusione della corsa, per una positività. E nello stesso Giro fu squalificata anche Elena Tchalykh, che vinse la 12a tappa e poi fu beccata positiva all'antidoping. Certo, qui girano meno soldi, quindi magari prima di barare ci si pensa non una, né due, ma dieci volte».
Per curiosità, quanti soldi t'ha portato la vittoria del Giro d'Italia femminile 2007?
«Dopo aver diviso con squadra, personale e compagne, mi sono rimaste 460 euro. Come vedete, se qualcuna volesse andare dai "Fuentes", avrebbe difficoltà persino ad andarci con l'aereo...».