Proni, via: fuga magica - Memorabile vittoria di Alessandro
Benvenuto tra i grandi, Alessandro. Che poi è un saluto che dovremmo fare a tutti i neoprofessionisti che conoscono la gioia della prima vittoria nella categoria maggiore, ma il problema è che non tutti riescono a centrare l'impresa alla maniera di Proni. Ovvero in una corsa dell'importanza del Giro di Svizzera, e con un'azione da pazzi, andando in fuga col traguardo lontano oltre 200 km, e scattando poi ancora nel finale, per disfarsi degli ormai spremuti compagni d'avventura e per tenere in scacco il gruppo dei più forti, in pesante rimonta.
La tappa era quella dello sconfinamento austriaco del Tour de Suisse: attraverso il Flüelapass, hors catégorie su cui ci si attendeva quel che poi non è stato (ovvero una parvenza di lotta tra i big della classifica), la corsa elvetica espatriava alla volta di Nauders, traguardo posto subito dopo un'altra salita, anche se non paragonabile alla precedente. E comunque 5 chilometri di trampolino (seguiti da 2 di discesa) che in teoria avrebbero potuto accendere un po' di polveri nelle zone alte della generale.
Ci siamo invece ritrovati a palpitare per l'azione di Proni, che era all'attacco da un'era geologica in compagnia di Navarro e Pasamontes. Anche 11' di margine per i tre, strada facendo, ma chiaramente i conti si dovevano fare alla fine, e alla fine la situazione prospettata era il classico ritorno del gruppo, coi più freschi e veloci a giocarsi poi il successo di giornata (visto che la selezione, come detto, non c'è stata).
È lì, a poco più di cinque chilometri dalla conclusione, ha avuto buon gioco il coraggio dell'italiano: coraggio, perché ce ne vuole per mollare gli altri due fuggitivi e provare a far da soli: e se poi i colleghi spagnoli si rifanno sotto, e la grande fuga si conclude tra bestemmie e rimbrotti? Ma non era questo il caso: perché la fucilata con cui Proni ha dato gas è stata appunto quello: una fucilata. Partito fortissimo, il ragazzo della Quick Step si è scrollato di dosso Pasamontes e Navarro, e a quel punto non c'erano più alibi, a quel punto si era a lui contro il resto del mondo.
E la salita di Norbertshöhe, cinque km di terza categoria, di colpo sembrava un Mortirolo, interminabile per le gambe sempre più ingolfate del non ancora 25enne romano. E con il gruppo che pareva essersi dato una mossa, sotto l'impulso dell'azione insistita di Kirchen in testa (con Cunego brillantemente in seconda ruota e Carrara ancor più brillantemente in terza), e poi anche di Cancellara, che in teoria oggi avrebbe dovuto cedere il simbolo del primato, e che invece si è difeso benissimo e ha piantato un altro mattoncino (piccolo piccolo, ma mattoncino) sulla costruzione della teoria che prevede che un domani Fabian possa dire qualcosa di clamoroso al Tour de France.
E davanti, Proni, ad arrancare ma a vedere sempre più vicino quello scollinamento che a un certo punto gli sarà sembrato avere il sapore di una chimera. Il Gpm ha però visto Alessandro ancora in testa da solo, e poco importava che i secondi di margine sugli inseguitori fossero meno di 10: dopo 200 km di fuga, che cosa volete che siano 2 km di discesa? Niente di particolarmente doloroso. E infatti Proni quella picchiata l'ha volata via a rotta di collo, approfittando anche di un attimo di rilassamento del gruppo, che, una volta appurato il no contest in vetta, ha tirato il fiato prima di puntare la volatina finale.
Sì che c'è stata, quella volatina, ma a poco è servita, visto che il bottino grosso l'aveva già intascato Proni, tra un bacio alla maglia e uno al cielo, e un segno della croce e finalmente un'esultanza liberatoria. E poi i ringraziamenti, mille e mille, con la paura di dimenticare qualcuno di importante in questo che della sua giovane carriera è senza dubbio il momento più importante.
E, se non fosse in realtà già ben scafato, Proni potrebbe addirittura mettersi a coltivare rimpianti: perché, che cosa vuoi fare quando ti fermi ad appena 2" dalla vetta della classifica? Bastava un niente e la giornata sarebbe stata più che perfetta. Poco male, però, perché la vittoria di tappa riempie di suo già tutto l'hard disk del sognabile (allo stato attuale delle cose), e la maglia, da rimettere in palio domani, sarebbe stato niente più che un interregno troppo rapido per essere gustato appieno.
Bene così, quindi, e spazio agli altri per le questioni di classifica: perché se oggi grossi stravolgimenti non ce ne sono stati (a meno di non considerare tali i 7 e passa minuti pagati da Pellizotti o i pochi secondi che hanno distanziato alcuni dei big da altri (Sastre e Gutiérrez a 14" dai migliori, Dekker a 42", Simoni a 45"), domani la musica potrebbe essere diversa, con l'arrivo in quota senza appelli (ovvero discese) di Triesenberg in Liechtenstein: una salita più lunga e difficile di quella di oggi, su cui Cancellara dovrà mettere tutto se stesso per conservare ancora il primato; anche se ormai non ci stupiamo più dei progressi fatti da Fabian in salita, e quindi possiamo senza grosse crisi d'identità pensare che lo svizzero sarà in giallo anche domani sera.
A noialtri ci consola vedere Cunego là davanti, sempre in pole position e mai un passo indietro nelle cose che contano in gara. La sua unica vittoria in una gara Pro Tour, due anni fa, fu proprio in Svizzera al Giro di Romandia 2005. In quel momento, prima della mononucleosi, parlavamo ancora di un piccolo fenomeno destinato a sovvertire ogni ordine precostituito del ciclismo. 25 mesi sono stati invece assai pesanti per tutti, e per lui in primis, che si è trovato ad aver perso l'aura del vincente sbarazzino e ha dovuto fare i conti con mille avversità, con rivali sempre più forti e con una qualche carenza personale. Che possa ripartire dalla Svizzera e ritrovare il filo con qualche vittoria di peso, è l'augurio che tutti quelli che vogliono il bene del ciclismo non possono non fargli. Coraggio Damiano, i cavalieri si vedono nella tempesta. (op. cit.)