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Pozzato re del Matteotti - In Germania vince Zabel su Rojas

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Dite un po' la verità: volevate che vi rispondesse di nuovo? Eccovi accontentati. Proprio come lo scolaro diligente che si rivolge educatamente al professore durante l’appello, Filippo Pozzato si alza in piedi e ribatte: “Presente!”. Possiamo immaginare che questa volta, più che dare una risposta semplice e scontata, il biondo di Sandrigo volesse urlarlo al mondo intero, e dimostrare che il percorso di avvicinamento verso il Mondiale di Stoccarda procede per il verso giusto, senza alcun tipo di intoppo. Eppure basta tornare indietro di ventiquattr'ore, quando il gran lavoro della Liquigas non è stato sufficiente per chiudere sui fuggitivi e permettere a Pippo di giocarsi le sue chanche sul traguardo di Rocca Priora del Giro del Lazio, oppure al Gp di Camaiore di giovedì scorso, dove lui in prima persona aveva peccato un po' d’attendismo nel momento in cui si poteva sperare di agganciare i battistrada, per capire che mancava ancora qualcosa.
Oggi però è tutto diverso: la gamba che gira alla grande, la squadra che prima inserisce due uomini in fuga (il giovane Capecchi ed il generosissimo Quinziato) e poi lavora per far selezione nei tratti di salita una volta ricompattato il gruppo, senza che neppure Di Luca si sottragga al compito, prima di arrendersi ai crampi a 25 km dal traguardo, ed ecco che va in scena il remake dell’edizione 2003: allora i battuti si chiamavano Spezialetti e Claudio Bartoli, oggi si chiamano Alessandro Bertolini e Mazzanti.
La gara prende il via poco prima delle 11:15, e vede 138 atleti pronti a sfidarsi sui 14,5 km del circuito da ripetere 13 volte, per 188,5 km complessivi. Dopo qualche schermaglia iniziale la corsa si anima al km 40, con il tentativo di sei corridori: oltre ai già citati Capecchi e Quinziato, troviamo Vila (Lampre), Perez Arango (Universal Caffè) ed anche Baliani (Ceramica Panaria) e Sobal (Cinelli), che li raggiungono dopo pochi chilometri.
L’avventura di Capecchi dura poco più di una tornata, mentre gli altri procedono di comune accordo fino a toccare i 2'00" di vantaggio massimo al km 76. Dietro, la Tenax sembra orientata a cercare un buon risultato anche nella giornata odierna e si incarica in prima persona dell’inseguimento, coronato con successo quando i battistrada hanno percorso quasi 100 km in avanscoperta, col colombiano Perez Arango, sempre in evidenza in salita, ultimo ad arrendersi.
Tutto da rifare, le due tornate successive regalano un po' di gloria a Fukushima (Nippo) e Dotti (Cinelli) prima, e all’alfiere della Otc Doors, nonché campione ucraino, Zagorodny poi, ma ancora nulla.
Succede così che, in prossimità del suono della campanella, la Serramenti Diquigiovanni prende decisamente in mano la situazione, ed approfittando di un buco con la testa del gruppo trascina con sé altri dieci atleti, tra cui la coppia Tenax formata da Bertuola e Pietropolli, il beniamino di casa Andrea Masciarelli, l’interessante russo Klimov, Luca Mazzanti e Filippo Pozzato, abile a non farsi sorprendere.
Lungo gli ultimi passaggi sulle colline che sovrastano Pescara e Montesilvano, Bertolini le tenta tutte pur di staccare Pozzato, mettendo alla frusta i vari Axelsson, Missaglia ed un convincente Leonardo Moser, prima di provarci in prima persona. L’effetto più evidente però è il distacco della coppia Tenax, ed accade così che al culmine della discesa rimangono in cinque davanti a giocarsi la corsa, visto che il gruppo, incapace di organizzare in maniera convinta l’inseguimento, vede il proprio ritardo superare la soglia del minuto.
La volata è prevedibile e consente a Pozzato di esultare per la quarta volta in stagione.
Bertolini, in rimonta negli ultimi metri ammette: «Ci avevo già provato in precedenza senza troppa convinzione, poi - continua il trentino - sono scattato di nuovo, ma nulla da fare. Pozzato è stato superiore, ma d’altronde è un campione. La nostra squadra è in crescita ed io voglio far bene ancora”.
Un po' di rammarico per Mazzanti, già 3° nel 2000 e 2° nel 2001: «Ci ho provato, ma è arrivato l’ennesimo piazzamento. Sono sempre lì a giocarmela, ma è dura con questi avversari». (Vivian Ghianni)

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, se è vero che a 36 anni suonati, Erik Zabel è ancora lì a lottare per ogni successo di tappa, su ogni salitella, su ogni strappo duro, sgomitando contro corridori che potrebbero essere se non suoi figli, almeno suoi nipoti, e se nella prima tappa il percorso totalmente pianeggiante lo sfavoriva al cospetto di Förster e Napolitano, l'altimetria odierna lo preoccupava soltanto per eventuali tentativi di fuga che potessero andare in porto, o da qualche attacco dei "big" che poteva far accelerare tutto il gruppo, perché era ovvio che oggi Förster e Napolitano non sarebbero restati davanti.
E allora, per tagliare la testa al toro, la fuga da lontano è stata promossa da un gregario di Zabel, il giovane olandese Terpstra che, prima con Leben, e poi da solo, s'è sfacchinato praticamente tre quarti di corsa davanti a tutti, ovviamente non preoccupando nessuno (ma come parziale consolazione indosserà domani la maglia di leader della classifica dei Gpm).
La Csc se n'è stata buona buona in testa al gruppo, garantendo un passo discreto con Gustov, Sørensen e Cancellara, senza strappare troppo i ritmi, sempre garantendo a Voigt ed Andy Schleck, rispettivamente Maglia gialla e Maglia bianca del Giro di Germania, la massima copertura.
Sull'ultimo Gpm, posto ad una cinquantina di km dall'arrivo, ci hanno provato Weissinger, Meschenmoser e Rohregger, ma senza troppa convinzione. Un po' più di convinzione, invece, per il gruppetto composto da Russ, Bru e Moinard, che prima s'è riportato su Terpstra (Leben aveva mollato molto prima, lasciando l'olandese da solo), e poi ha anche staccato l'ex attaccante solitario, evidentemente provato dallo sforzo profuso sino a quel momento.
La T-Mobile, con Pinotti sugli scudi, dà una mano alla Csc, ma davanti Russ attacca gli altri compagni di fuga, e se Moinard è abile nel resistergli, lo stesso non si può dire di Bru, che si sfalda quando mancano 10 km all'arrivo.
A 8 km dall'arrivo, su uno strappo relativamente corto, s'accende invece la miccia in gruppo. Prova Uran, ma viene stoppato, poi parte Pellizotti, con a ruota Carrara, e sembrano poter andarsene. Rebellin capisce il pericolo e s'accoda. Voigt, non appena vede muoversi il capitano della Gerolsteiner, rompe gli indugi e termina il gruppetto dei quattro contrattaccanti. Si forma dunque un drappello di una dozzina di unità, comprendente anche Cunego e Leipheimer, che prova a ricompattarsi coi due superstiti rimasti ancora davanti, mentre dietro la Quick Step e la T-Mobile, con un Guerini maiuscolo, faticano moltissimo per riportarsi sul gruppo della Maglia gialla.
Dopo il ricongiungimento tra il gruppo di Voigt e quello di Ciolek, rimangono ancora i due davanti, che vengono ripresi a 2000 metri dalla linea d'arrivo. Da quel momento, alcuni tentativi solitari di anticipare la volata (ancora Uran in bella evidenza) vengono stoppati dagli uomini T-Mobile, che evidentemente si fidano molto del giovane Ciolek.
Fiducia mal ripagata, però, perché se due giorni fa l'ex campione nazionale tedesco è uscito troppo presto dalla ruota di Greipel, anche oggi la tempistica del giovane ex Wiesenhof non è sembrata esente da pecche: parte sempre un po' presto, e per coprirsi dal vento va a "nascondersi" sulla parte destra della sede stradale, ma la bici è lanciata, sbanda, e lui con la spalla va a toccare una di quelle manone tanto care al Tour de France (Hushovd ci cadde in Maglia gialla, un anno fa) ed inizia a sbandare più della bicicletta. Con un numero balistico d'altri tempi, il velocista della T-Mobile riesce nella difficilissima impresa di rimanere in piedi, evitandosi parecchio dolore, ed evitandolo anche ai velocisti che lo seguivano su quel lato della strada.
Fatto che sta che al centro della strada esce, imperioso, Erik Zabel, che si beve il bravissimo Rojas Gil e va a conquistare questo bellissimo successo di tappa, soprattutto perché ottenuto in una tappa che, sulla carta, non avrebbe dovuto sorridere alle ruote veloci.

Mario Casaldi



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