Lievita Bertolini - Giro dell'Appennino suo a 36 anni
Il Giro dell'Appennino è una delle corse più dure del calendario italiano con la mitica salita del Passo della Bocchetta a fare da giudice inflessibile a circa 40 km dall'arrivo: è una corsa durissima che non lascia scampo a chi non ha una condizione più che buona.
Oggi Alessandro Bertolini, 36enne trentino che corre con la Serramenti Diquigiovanni – Selle Italia, ha fatto davvero un bel numero arrivando da solo sul traguardo di Pontedecimo con circa un minuto di vantaggio sul secondo dopo una fuga di circa 60 km. Per Alessandro è il secondo successo stagionale (dopo la prima semitappa alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali) e il quindicesimo in carriera e, senza dubbio, questo è uno dei più importanti: con lui festeggia anche il suo Team Manager Gianni Savio che dopo tante edizioni i cui i suoi ragazzi correvano da protagonisti riesci finalmente a cogliere il successo finale.
Il via è stato dato alle ore 11 a Novi Ligure davanti al celeberrimo Museo dei Campionissimi con 109 corridori in rappresentanza di 15 squadre: tante assenze importanti segno che forse il cambiamento di data per evitare la concomitanza con la Liegi non è stato poi così fruttoso. Gruppo abbastanza nervoso nella prima parte anche se al passaggio nel centro di Genova al km 130 di gara è ancora compatto. Una decina di km dopo si avvantaggiano 24 uomini tra cui uomini pericolosi come Pidgornyy, Anzà, Missaglia e Niemec: da questo gruppetto provano ad uscire Celli, Siutsou e proprio Bertolini e riescono subito a guadagnare un centinaio di metri.
Il tentativo è buono e ai piedi della Bocchetta il vantaggio sul gruppo (che intanto sii è ricompattato) è di circa 50”.
Il primo a cedere è Luca Celli del Team LPR e poco dopo, nel primo tratto duro di salita Siutsou attacca e rimane da solo al comando: in gruppo intanto c'è bagarre e il ritardo dalla testa della corsa è di soli 40”. A metà salita Siutsou ha 12” di vantaggio su Bertolini che sta cercando di salire del proprio passo mentre dal gruppo sono scattati Quagliarello, Sobal e il colombiano Soler, attesissimo dopo le grandi prestazioni del Tour de France, che sono segnalati a 26”; a 44” insegue da solo Pidgornyy mentre a un minuto c'è il gruppo con Sella, Niemec, Mazzanti e Bailetti a fare il ritmo.
Nel tratto più duro della salita della Bocchetta Siutsou si pianta e viene ripreso e staccanto da un intelligente Bertolini mentre da dietro nessuno riesce a recuperare. Al passaggio in vetta Bertolini ha 26” di vantaggio su Soler, Sobal, Quagliarello e Siutsou e un minuto su Mazzanti, Bailetti e Pidgornyy: a questo punto mancano 39 km all'arrivo e altre due salita.
In discesa Bertolini prende il volo a porta in suo vantaggio sui sei inseguitori (che nel frattempo si sono ricompattati) a 1' quando inizia la salita del Passo della Castagnola. Qui vanno in crisi Soler e Quagliarello che si staccano irrimediabilmente. Nonostante la salita e la fuga che si protrae ormai da diverso tempo Bertolini riesce ancora ad incrementare i suo vantaggio portandolo a 1'08” allo scollinamento.
Ormai rimane da affrontare solo la facile ascesa dei Giovi (posta a 16 km dall'arrivo) e la situazione non cambia con il trentino che raggiunge addirittura il minuto e mezzo di vantaggio a 10 dall'arrivo. Sul traguardo la gioia è tanta e subito dopo l'arrivo c'è l'abbraccio con il suo Team Manager Gianni Savio. Dietro intanto si fraziona il gruppetto degli inseguitori e un bravissimo Siutsou (nonostante un problema al nervo sciatico dopo una caduta al Tour) riesce ad anticipare Pidgornyy in seconda posizione mentre Bailetti supera Luca Mazzanti e Sobal nella volata per il quarto posto.
“E dire che ero scattato per cercare di anticipare la Bocchetta, visto che sapevo è una salita dura e che fa grande selezione” racconta Bertolini dopo le premiazioni. “Già al Brixia avevo avuto buoni segnali in salita quindi sapevo di stare bene. Questa vittoria è una dimostrazione della mia professionalità, mi alleno sempre e mi faccio sempre trovare pronto. Quando passa il treno giusti bisogna essere pronto a salirci e oggi è riuscito tutto al meglio”.
Dopo una vittoria così a poco meno di due mesi dalla corsa iridata viene quasi spontanea una domanda sul prossimo futuro e su una possibile maglia azzurra: il trentino tiene i piedi per terra però “la maglia azzurra è un sogno fin da quando ero ragazzino; in più sono uno che se c'è da lavorare non mi tiro mai indietro e riesco anche a vedere bene la corsa. Ora mi piacerebbe fare bene al Melinda e al Veneto, per la convocazione chissà...”.
Si chiude così la 68a edizione del Giro dell'Appennino, un'edizione baciata da sole ma privata di troppi possibili protagonisti segno che va rivisto qualcosa nei calendari perché il Pro-Tour porta via tanti corridori a corse storiche che meriterebbero molto di più solo per la gente che organizza con tanta passione e sacrifici.