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La rivincita degli umili - S.Sebastián: Bertagnolli su Gárate | Cicloweb

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La rivincita degli umili - S.Sebastián: Bertagnolli su Gárate

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Il primo esulta con un braccio solo, e nelle dichiarazioni del dopo corsa ammette che ha vinto perché è stato l'altro a sbagliare; l'altro, appunto, che neanche s'incazza, manco due colpi sul manubrio, di quelli che fanno tanto diretta televisiva e che fan capire agli sponsor che il ciclista è veramente triste di esser stato battuto.
Il primo è un trentino di pochissime parole, uno che quando si sente anche mezzo faro puntato contro quasi si eclissa, sicuramente si intimidisce, altrettanto sicuramente sente in maniera incredibile il peso delle responsabilità: dopo il Giro vinto con Cunego alla Saeco, e i successi alla Placci ed all'Agostoni, collimati con la convocazione azzurra per Verona nel 2004, ecco la chiamata della Cofidis, visto il ProTour e la volontà di avere un uomo che sapesse difendersi in salita per il Giro d'Italia. I risultati, soprattutto al Giro, non sono quelli che ci si aspetta, e che evidentemente pensava di potersi aspettare lo stesso Leonardo che, dopo belle prestazioni (una vittoria di tappa alla Vuelta, un successo alla Tirreno-Adriatico, l'Haut Var), se ne torna in Italia, alla Liquigas, visto che Di Luca punta con decisione al Giro d'Italia e per lui può esserci spazio sia nelle brevi corse a tappe sia nelle classiche più dure, senza disdegnare il gregariato per i capitani più in forma.
L'altro è uno spagnolo di quasi meno parole dell'italiano, in grado di piazzarsi tra i primissimi in classifica al Giro d'Italia, vincere una Maglia verde sempre al Giro, un Campionato nazionale spagnolo, eppure essere quasi sempre snobbato da tutti gli addetti ai lavori, forse anche per il carattere un po' dimesso dell'iberico.
E in comune i due non hanno solo i km conclusivi della Clasica di San Sebastián odierna, ma anche un percorso agonistico, nel 2007, di pari sfortuna: al trentino è stato imposto uno stop cautelativo per via di un'artimia cardiovascolare che poteva compromettergli anche la carriera, se non si fossero capiti i motivi. E invece un dottore è riuscito a risalire al virus che determinava gli scompensi cardiaci del trentino, che dopo aver saltato il Giro d'Italia è tornato in corsa ai Campionati italiani in linea di Genova e, dopo aver saltato anche il Tour de France, s'è ripresentato al Brixia Tour proprio per trovare la condizione ottimale in vista del finale di stagione.
Lo spagnolo, invece, ha corso pochissimo per via di un infortunio capitatogli ad inizio stagione e che ha compromesso il rendimento al Tour de France di Juanma (è il soprannome di Gárate), desideroso di poter correre una Grande Boucle da uomo di classifica.

 

E oggi, a 8 km dal rettilineo finale di San Sebastián, Bertagnolli e Gárate hanno approfittato del momento di rilassamento del gruppo, e se ne sono andati, in pianura, a giocarsi il successo di questa classica che probabilmente, dopo la cancellazione della World Cup e la creazione del ProTour, ha perso qualche punto sia nel fascino sia nella lotta per aggiudicarsela.
Per carità, bravissimi Zaballa due anni fa, Florencio (9° quest'anno) nel 2006 e Bertagnolli quest'oggi, ma la sensazione è che lotta tra i big, o presunti tali, non sia così serrata. Lo Jaizkibel, che di solito scremava di molto il gruppo dei migliori, adesso non fa quasi più paura a nessuno, tant'è che in cima al Gpm ci passano i tre fuggitivi (rimasti davanti dopo una fuga di una ventina di corridori che comprendeva anche i nostri Bossoni e Bellotti, con Gerolsteiner e Caisse d'Epargne costrette a lavorare affinché i battistrada non raggiungessero un vantaggio poi incolmabile) e che dal gruppetto di Valverde e Rebellin ci provino soltanto Gómez Marchante, subito rintuzzato dallo stesso Rebellin, Matteo Carrara, con una progressione che ha fatto male a pochi, e poi di nuovo l'iberico della Saunier Duval, ripreso da un bell'allungo di Bertagnolli, con Rebellin e Valverde a ruota. Però, in cima al Gpm, i tre davanti hanno mantenuto comunque 58" di vantaggio.
La discesa permette a qualche corridore, Visconti su tutti, di rientrare sui migliori e, poco più avanti, di avvicinarsi in maniera sensibile ai fuggitivi. È sempre la Caisse d'Epargne a condurre i giochi, con l'Euskaltel in seconda battuta: noi siam messi abbastanza bene, con Rebellin, Carrara, Ballan, Bertagnolli e Visconti, anche se quest'ultimo sembra un tantinello provato dalla fatica dello Jaizkibel.
Sull'Alto de Gurutze è Alejandro Valverde a dare un primo colpetto, ma Sastre e Ballan non gli lasciano spazio né speranze. Non c'è molto accordo nel gruppetto dei migliori, anche se qualche squadra, presente in blocchi più o meno numerosi davanti, poteva e doveva prendere in mano la situazione con maggior vigore: poteva farlo l'Euskaltel, la Unibet.com, forse la Saunier Duval, ma forse tutte hanno avuto paura di lavorare per poi portare Alejandro Valverde a vincere in carrozza la volata.
Fatto sta che ancora il murciano, evidentemente preoccupato a sua volta dalla presenza di tanti compagni di squadra in un gruppo che stava perdendo Rojas Gil, Rodríguez Oliver e Pérez Arrieta ed aveva già perso López García, è ripartito, stavolta in maniera molto più decisa, sullo stesso strappo di Gurutze, andando a riprendere Van de Walle, Arrieta ed Albasini, gli ultimi tre superstiti della fuga del mattino, e superarli di slancio, seppur da dietro Sastre, Rebellin, Bertagnolli, Zubeldia, e poi un po' più indietro un gruppetto trainato da Alessandro Ballan, non avevano proprio voglia di lasciar andar via il capitano della Caisse d'Epargne in solitudine.
Quando finisce la discesa, di km all'arrivo ne mancano 12, e la situazione in corsa rappresenta lo stesso stallo di qualche km fa, seppur non ci sono più i tre fuggitivi davanti. Il più veloce è Valverde, si sa, che però adesso è solo. Di corridori in grado di impensierirlo con un colpo di mano ce ne sono, da Frank Schleck allo stesso Ballan, dai cinque Quick Step ai quattro Euskaltel, da Rebellin al vincitore uscente Florencio.
E invece, proprio in vista del traguardo volante posto a 12 km dall'arrivo, allungano leggermente Gárate e Bertagnolli. L'Euskaltel sembra controllare, ma non riesce (o non vuole? in questo caso, decisa tirata d'orecchi al team basco) ad inserire un uomo accanto alla coppia Quick Step-Liquigas, né riesce ad organizzarsi per ridurre da subito il gap.
E dopo qualche km di vantaggio esiguo, ad 8 km dall'arrivo si capisce, vista la collaborazione tra i due davanti e la confusione nel drappello degli immediati inseguitori (con Visconti ed Albasini a rompere i cambi come i gregari degli anni d'oro), che saranno proprio Bertagnolli e Gárate a giocarsi il successo della 27esima Clasica di San Sebastián.
Da dietro si muove Astarloza, ma troppo tardivamente e, soprattutto, con un bravissimo Barredo (compagno di squadra di Juanma) alle calcagna. Ballan, su uno degli ultimi strappetti/cavalcavia, attua una progressione decisa e si riporta sui due, ma un po' si finisce, e non riesce a dare continuità al suo tentativo di ricongiungimento.
Leo e Juanma son lontani, collaborano, eccome se lo fanno, mentre da dietro Valverde, con Sastre, riesce ad agganciarsi al gruppetto di Ballan, ma anche lui - in maniera stavolta incomprensibile, visto lo spunto veloce del murciano - non dà grande verve al tentativo di riaggancio ai due davanti, al contrario di Astarloza, tremendamente generoso.
All'ultimo km Gárate si mette in scia a Bertagnolli, che cerca di farsi passare con dei surplace. Lo spagnolo non passa, anzi, dà anche qualche bottarella con la mano al compagno di fuga. Sembra quasi il Fiandre di aprile: un italiano e un autoctono. Ballan ed Hoste in Belgio, Bertagnolli e Gárate in Spagna: sempre gli italiani in testa sul rettilineo finale.
Ed anche l'epilogo è pressoché identico. Gárate parte ai 250 metri, prima della "S" finale che lanciò Martin Perdiguero nel 2004 e Florencio dodici mesi fa. Bertagnolli è duro di rapporto, ma riesce con una scodata a prendere la ruota dell'uomo Quick Step, affiancandolo ai 100 metri dalla linea del traguardo e saltandolo poco dopo, rifilandogli anche una bici (almeno) di distacco.
In effetti, forse al Fiandre soffrimmo di più, mentre qui è parso un po' più semplice. Ma la soddisfazione, in fondo, è la stessa.

Mario Casaldi



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