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Hai voluto la bicicletta? - Scopriamo il mondo di Davide Bragazzi

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La Kio-Ene Tonazzo, formazione Continental italiana, si è costituita nel novembre 2006, quando il team manager Marino Basso ha voluto con sé alcuni ragazzi rimasti disoccupati per formare una nuova squadra. Questa neonata società ha già ottenuto una quindicina di successi nel corso della stagione 2007 (nel bottino sono incluse due corse a tappe, la Vuelta Ciclista a Navarra con Maurizio Biondo e la Flèche du Sud con Boris Shpilevsky). Nonostante questo ricco medagliere, e nonostante sia affiliata alla Federazione Ciclistica Italiana, la squadra ha avuto qualche difficoltà a farsi invitare alle gare del calendario italiano. Noi vogliamo farvi conoscere meglio un atleta di questo piccolo e brillante team, il ventiseienne Davide Bragazzi, ciclista professionista al secondo anno nella massima categoria. Bragazzi fa parte del lungo elenco di atleti rimasti senza squadra al termine della stagione passata. È stato Alberto Elli, che dirigeva il corridore nel 2006 alla Endeka, a volerlo nuovamente con sé nel team di Marino Basso.
Davide, a che età hai iniziato a correre in bicicletta?
«Ho cominciato a dieci anni per gioco nelle fila dell'UC Velletri; il ciclismo per me è rimasto un divertimento fino alla categoria Juniores quando, al secondo anno, mi sono trasferito in Toscana per correre nella Vangi. Da dilettante inizialmente ho vestito la maglia del team di Montegranaro, meglio conosciuto come Granatelli, per concludere con la Podenzano Italfine».
Perché hai deciso di continuare a praticare agonisticamente questo sport, quando non ha più rappresentato solo un gioco?
«Ho proseguito perché sono sempre andato abbastanza bene e quindi pensavo e speravo che il ciclismo potesse rappresentare il mio futuro».
Prima della bicicletta hai praticato qualche altra attività sportiva?
«No, il ciclismo è stato il mio primo sport».
Qual è stato il tuo percorso di studi?
«Ho ottenuto il diploma di perito meccanico».
Come è avvenuto il tuo passaggio al professionismo?
«Sono passato con l'Endeka lo scorso anno tramite il mio direttore sportivo della Podenzano Italfine, Cesare Biondi».
Che risultati hai ottenuto al tuo primo anno fra i pro'?
«Nel 2006 ho vinto una corsa in Spagna e ho ottenuto qualche piazzamento».
Hai trovato un gruppo affiatato all'interno della nuova squadra, la Kio-Ene?
«Sì, siamo un bel gruppo unito. I direttori sportivi sono in gamba, non stressano molto noi giovani e infine i risultati ci stanno dando ragione».
A proposito di risultati, c'è un periodo particolare dell'anno in cui riesci ad esprimerti al meglio?
«Con il caldo, quindi in estate, vado particolarmente bene. Purtroppo però il calendario ci penalizza, perché non ci stanno invitando alle corse, e questo è un bel problema».
Non ci hai ancora detto le tue caratteristiche atletiche.
«Sono un corridore abbastanza completo, che se la cava nelle corse di un giorno, ma anche nelle gare a tappe».
Un aspetto negativo che si nasconde fra le tue qualità atletiche c'è?
«Forse la mancanza di continuità: nel periodo in cui sono in condizione non riesco a mantenermi costante come vorrei».
Mentre una peculiarità assai positiva quale potrebbe essere?
«Fra le migliori sicuramente il fatto che nei momenti difficili non mi butto giù e riesco a reagire».
La tua miglior gara, o comunque quella di cui conservi il ricordo più vivo?
«Forse quella che ha anche rappresentato la mia ultima vittoria nel mondo dei dilettanti: una corsa in Toscana, la Coppa Penna in Valdarno. Perché è quella che amo di più? Perché insieme a me c'erano la mia famiglia, mio figlio».
Parlaci ora della tua stagione agonistica: come procede?
«Non tanto bene, per via di qualche problema fisico. Ho avuto una prostatite, ma ne sono accorto troppo tardi: soltanto dopo due mesi. Così ci sono voluti altri sessanta giorni per guarire. Alla Settimana Lombarda in aprile ho cominciato ad avere alti e bassi: evidentemente già stavo male. Ora sto bene, ho esordito al Brixia Tour, ma perdendo quasi quattro mesi di corse potete ben capire che il mio stato di forma non è dei migliori».
Nel tempo libero – se ne hai - a cosa ti dedichi?
«Gioco molto con mio figlio, Gabriele, di quattro anni. Faccio il papà a tempo pieno. Se mi piacerebbe che mio figlio diventasse un ciclista? Mah... sì... ma senza pressioni: solo se lo scegliesse lui. Sapete, dimostra già una certa passione: vede sempre biciclette, anche perché in famiglia, dalla parte della mia ragazza, ci sono altri appassionati di ciclismo oltre a me».
Non ci hai ancora detto di dove sei...
«Sono di Latina e vivo con la mia famiglia a Borgo Podgora. È una buona zona per allenarmi, ma ci sono davvero pochi compagni d'allenamento. Spesso faccio le mie uscite in compagnia di Simeoni».
Nel gruppo hai stretto qualche bella amicizia?
«Devis Miorin, Maurizio Bellin, Massimiliano Maisto e Andrea Pagoto sono miei grandi amici».
In che modo ti tieni informato su tutto ciò che riguarda il tuo sport?
«Guardo molto internet e poi in tv seguo le rubriche sportive giornaliere».
Come ti vedi un domani giù dalla bicicletta?
«Sono pro' da così poco che non ho mai pensato cosa fare dopo, e spero che questo dopo sia fra molto tempo!».


Enula Bassanelli

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