Sei pronto, Davide? - Le Ardenne reclamano TRebellin
Versione stampabileÈ il corridore italiano attualmente piazzato meglio nella classifica Pro Tour; non che la cosa sia sensazionale, soprattutto per il criterio di assegnazione dei punteggi del ranking Uci, ma anche perché, in fondo, siamo abituati a vedere Davide Rebellin davanti in quasi tutte le corse che disputa. Nel 2007, però, manca ancora la vittoria, nonostante i quattro secondi posti, di cui due – il GP Chiasso perso al fotofinish contro Brutt e la Parigi-Nizza persa all'ultima tappa contro Contador – delle vere e proprie disdette, malgrado i suoi obiettivi fossero – e sono – altri. Ad esempio, quel trittico delle Ardenne che ormai tre anni fa fece fare un filotto meraviglioso al vicentino trapiantato a Montecarlo che, nonostante l'agguerrita concorrenza, punterà in particolar modo al bis nella Liegi-Bastogne-Liegi.
Con quale condizioni arrivi nelle Ardenne?
«La condizione è buona, la gamba gira a dovere. E poi le Ardenne presentano tre corse che sono adattissime alle mie caratteristiche, quindi è naturale che io mi prepari a puntino per questi appuntamenti».
Ti abbiamo letto un po' contrariato per l'eccessiva durezza della Vuelta al País Vasco. Confermi?
«Il Giro dei Paesi Baschi è ottimo per un corridore che vuole preparare le Ardenne nella giusta maniera. Ovviamente parlo a titolo personale, mi sono sempre trovato molto bene nel correre in Spagna prima di trasferirmi in Olanda prima e in Belgio poi. Effettivamente quest'anno l'hanno fatto un po' duretto, se l'avessi corso sempre a tutta avrei rischiato di uscire da quella corsa con tanta stanchezza».
Pensi che le differenze tra chi l'ha finito, come te, chi non l'ha finito, come Di Luca, e chi non è proprio venuto, come Boogerd, poi emergeranno?
«Sì, è possibile, anche se qui entriamo in discorsi troppo soggettivi. Evidentemente Danilo s'è ritenuto soddisfatto del lavoro sin lì effettuato ed ha preferito tornare a casa per allenarsi più serenamente; lo stesso vale per Boogerd, che comunque ha corso il Fiandre. Io ho preferito finirlo per affinare la condizione, si corre su percorsi duri che lasciano una buona condizione; anche se, come già detto, l'edizione di quest'anno si prestava al rischio di esagerare. Penso anche a chi punta al Giro; non so se aver forzato nei Paesi Baschi gli gioverà».
Magari l'hai finito anche per qualche punticino Pro Tour, no?
«È innegabile che stando tra i primi 10 si provi a restarci. In fondo una classificazione c'è, e se non comporta troppi sacrifici concorrere per vincerla è anche giusto provarci».
Nei Paesi Baschi abbiamo visto una Gerolsteiner molto più vicina a Rebellin rispetto alla Parigi-Nizza, corsa praticamente in maniera "romantica". Come mai?
«Corridori come Kohl e Schumacher si sentono, quando ce li hai accanto. Alla Parigi-Nizza invece ho dovuto far tutto da solo, o quasi, e alla lunga l'ho anche pagata. Però diciamo anche che nei Paesi Baschi non ho mai avuto la maglia, in Francia sì, e quindi il paragone è un pochino forzato».
Ma qualche scusa t'è stata porta dai vertici Gerolsteiner, visto che un mese fa portarono tutti alla Tirreno?
«(ride) In parte sì, la Gerolsteiner s'è scusata, ma insieme, quando si trattò di stilare i programmi, fummo concordi nel dividere le punte: Schumacher, anche per via di una crono adatta a lui, avrebbe corso la Tirreno, io avrei fatto la Parigi-Nizza. Va anche detto che io prima di quella corsa non avevo molti km nelle gambe e quindi andare così bene è stata una sorpresa anche per me. Sicuramente, a saperlo prima, le cose sarebbero potute andare diversamente, anche perché con uno Schumacher accanto, in Francia, le cose potevano andare meglio».
Lo prendiamo come "destino" delle squadre Pro Tour, che son costrette a dividersi?
«Sì, assolutamente, come ho già spiegato la distribuzione delle "punte" era stata pensata proprio perché si dovevano fare entrambe le corse. Però in fondo sia Schumacher sia io abbiamo vestito la maglia di leader, è mancato solo il successo finale».
Tornando a guardare il futuro, quanto peserà l'assenza di Moletta in questo trittico? L'hai sentito? Ci aggiorni sulle sue condizioni?
«L'assenza di Moletta si farà sentire, perché lui è un corridore importante, adatto a questo tipo di percorsi, e soprattutto perché stava andando forte prima della caduta. L'ho sentito ultimamente, sta facendo riabilitazione ed è già a un buon punto; difatti il 10 maggio dovrebbe tornare in bici e credo, e spero, che per la fine di maggio o gli inizi di giugno possa tornare ad attaccare il numero dietro la schiena».
Tra le tre classiche possiamo dire che la Liegi, anche vista la lunghezza, è quella che più si confà alle tue caratteristiche?
«Direi di sì, anche perché è quella che mi piace di più, in quanto più prestigiosa e più "dura". L'Amstel è una bella corsa, ma lì si arriva comunque dall'allenamento e tanto dipende da come la si approccia; la Freccia è più breve e le difficoltà sono tutte sul Muro di Huy; la Liegi invece è completa, dura sin dall'inizio, lunga, si hanno le altre due corse nelle gambe; per me è meglio».
Quindi l'obiettivo primario è la Liegi?
«Sì, la Liegi-Bastogne-Liegi è il mio obiettivo principale, anche se punto a far benissimo anche all'Amstel ed alla Freccia».
Potremmo dire che l'unico neo della Liegi è che viene dopo le altre due e non prima.
«(ride) Da una parte sì, ma forse è anche meglio, così le si affronta tutte con lo stesso mordente».
Gli avversari che temi di più quali sono? I "soliti noti" o vedi qualche novità?
«Bè, un avversario pericoloso ce l'ho in squadra ed è Schumacher, che va fortissimo; poi vedo bene anche Riccò, ma su tutti dico Samuel Sánchez, che al Giro dei Paesi Baschi ho visto molto tonico. Uno sempre pericoloso è Valverde, che è anche furbo perché prima tende a nascondersi. Mi desta qualche preoccupazione anche la Saunier Duval, con Marchante e Cobo che, se va forte come nei Paesi Baschi, rischia seriamente di vincere almeno una delle tre corse. E poi gli italiani, vabbè, con Bettini e Cunego su tutti».