Oscar: «Non temevo nessuno» - Richie Rich sereno: «Ci riproverò»
Versione stampabileÈ stata da pochi istanti tagliata la linea del traguardo della 98esima Classicissima ed è già il momento dei sorrisi e dei musi lunghi, dell'esultanza e del rammarico.
Ha un sorriso smagliante Oscar Freire, quasi come se per lui i 294 km percorsi fossero stati più brevi che per tutti i suoi avversari. Parla poco, come sempre, lo braccano i suoi, lo abbracciano. Quasi lo soffocano. Vincere una Sanremo è sempre una gioia indescrivibile, anche dopo tre mondiali e un'altra classica di primavera nel 2004. Scappa verso il podio per riscuotere i meritati applausi del grandissimo pubblico di via Roma.
Tra chi può fermarsi un po' di più dopo quella linea che stabilisce il confine tra vittoria e sconfitta, c'è il sempre generoso e disponibile Paolo Bettini. Ha lavorato fortissimo per Boonen, eppure sembra sereno. È sereno. La prende con filosofia il Grillo. È un campione anche in questo. Conosce benissimo la bellezza, ma altrettanto bene sa quale sia la "crudeltà" del ciclismo: alla fine ad alzare le braccia è solo un corridore (e oggi Freire è riuscito a farlo a differenza della precedente affermazione sanremese!), agli altri non resta molto. E oggi è andata così. Fa spallucce: «Pazienza», e volta le spalle a quel traguardo che già una volta gli ha sorriso.
Petacchi non si vede, né tantomeno si sente sul rettilineo di via Roma. Si rifugia in fretta e furia sul pullman Milram. È Marco Velo che prova a interpretare l'opaca prestazione dello spezzino e a riferire l'unica certezza che ora sappiamo (e pertanto riportiamo) sul conto di AleJet: «Gli sono mancate le gambe in volata».
Vicino al bresciano in maglia bianco-blu, c'è un Riccardo Riccò a metà tra lo sconforto per la mancata impresa e la serenità per la raggiunta consapevolezza di poter essere in un futuro molto prossimo, grande protagonista anche in questa corsa. Ci ha creduto fino all'ultimo, riferisce sereno, ma ammette che mantenere negli ultimi tre km di pianura il poco vantaggio conquistato faticosamente sulla salita, non è per nulla facile. Nonostante il peso dell'azione sia stato maggiormente sulle spalle del modenese, non rimprovera nulla al compagno di fuga, il belga Philippe Gilbert. Sa benissimo Richie Rich che dare anche solo un cambio in situazioni come quella è una fatica enorme, e non mostra alcun rancore verso il giovane della Française Des Jeux. «Se fossimo stati un paio in più, sarebbe stato più facile arrivare, ma in due... Rimane comunque maggiore la felicità per essere stato protagonista e avere ora la consapevolezza di poter tornare e fare la voce grossa, rispetto alla delusione per essere stato ripreso a così pochi metri dalla fine». Sorride, fa un piccolo sbuffo, simile a quello che gli è uscito prima di scattare sul Poggio, e si capisce che ora "sparerà" la sua sentenza lapidaria e un po' sfrontata. «Sarà per il prossimo anno!», e gira la bicicletta lasciandoci ancora una volta stupefatti per la freddezza e la sicurezza dimostrata, nonostante i suoi soli 23 anni.
Via Roma, seppure siano passati appena cinque o sei minuti dalla volata vincente di Freire, appare già semideserta. Solo più i ritardatari, che ancora tagliano la linea del traguardo, e i primi tre che compongono il podio rimangono a popolare questo "altare" del ciclismo mondiale. Dopo lo spumante schizzato sulla folla, Oscar si concede alle domande nella sala stampa allestita all'interno del Teatro Ariston. Abbiamo detto qualche riga più in su che lo spagnolo è solito parlare con i fatti piuttosto che con le parole: ebbene, Freire smentisce le aspettative e si produce in una press conference divertente e decisamente loquace.
Inizia a parlare degli infortuni che hanno costellato la propria (già gloriosa, aggiungiamo noi) carriera. Sostiene che in situazioni come quelle che ha dovuto più volte affontare, la mentalità forte e vincente che lo contraddistingue, è componente fondamentale per tornare ad allenarsi, correre e soprattutto vincere, cosa che l'iberico ha dimostrato di apprezzare in modo particolare. «Cerco sempre di pensare positivo, conosco a fondo il mio corpo e ciò mi aiuta enormemente nel recupero dopo gli infortuni. In questa stagione poi ho voluto iniziare la preparazione in anticipo rispetto alle annate passate e la salute mi ha assistito».
Sapeva di poter vincere oggi, non lo nasconde, stava bene, benissimo alla Tirreno-Adriatico, nonostante non ci fossero tappe adatte a lui, a differenza della scorsa edizione. Ha scelto la ruota di Petacchi dopo aver capito che il treno allestito dalla formazione italo-tedesca poteva essere un ottimo trampolino di lancio per piazzare la sua ruota davanti a tutte le altre. «Erano in quattro davanti al triangolo rosso e hanno mantenuto una velocità sostenuta. Quando la volata è stata lanciata ero nella posizione ideale. Non temevo né Boonen, né Petacchi. Li ho già battuti; proprio per questo ero sicuro di poterlo fare anche oggi e avendo visto che il gruppo sul Poggio era molto nutrito non ho voluto attaccare, ma aspettare lo sprint. Dopo aver saltato la ruota del Peta, ho trovato tutto lo spazio libero per sfogare la grinta sui pedali e nessuno mi ha ostacolato». Cercava una vittoria importante, dopo il forfait agli ultimi due mondiali. Aveva vinto ad Amburgo, a Mallorca e al Tour nel frattempo, ma la Sanremo è un'altra co(r)sa. L'ha trovata oggi, sulla riviera ligure, sotto un cielo plumbeo e minaccioso. Ma Oscar Sanremo la ama anche così. Specialmente oggi. Non si cura più di tanto del centesimo anniversario. «Quello è buono per la storia, a me interessa la vittoria, qualunque sia l'anno o la ricorrenza».
Per quanto riguarda il percorso della gara è categorico: «La Milano-Sanremo è questa. Se cambia il percorso, se aggiungono un'altra salita, non è più la stessa corsa. Diventa una Classicissima diversa, anzi, non sarà più la Classicissima».
Il futuro prossimo è più incerto. Farà il Fiandre, ma sa che è una corsa che difficilmente potrà dominare. La conosce troppo poco. Improvvisare è proibitivo sui muri fiamminghi. Darà invece tutto all'Amstel Gold Race, la gara di casa della Rabobank, alla quale la formazione olandese tiene in modo particolare.
In quello più remoto invece Oscar Freire spera di poter conquistare ancora una volta l'iride, il quarto per la precisione.
Le ultime parole sono una dedica allo zio Antonio, da un mese in ospedale, il quale gli regalò la prima bicicletta. «Era verde. Di che marca? Ah, proprio non lo so, ma per me era bellissima!».