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Oh', Grady, sorpresona! - Vince la Roubaix. Immenso Petito | Cicloweb

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Oh', Grady, sorpresona! - Vince la Roubaix. Immenso Petito

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Forse in Australia domani qualche giornale titolerà "Tutto vero!", con caratteri cubitali sopra la faccia sorridente e a sua volta un po' incredula di Stuart O'Grady. Perché, non in assoluto, visto il valore del corridore della Csc, ma in relazione a come stava andando la corsa fino a un certo punto, pensare che lui e proprio lui potesse andare a vincerla, poteva sembrare un azzardo più grosso di Soldatino vincente in Febbre da Cavallo. Solo che poi Soldatino vinse. E vinse Stuart O'Grady.
Il quale, ad onta del suo passato da campione olimpico e mondiale, e di plurivincitore di tante corse (non ultima una classica di Amburgo, non ultime le tappe al Tour de France), per tacere dei tanti piazzamenti importanti (Fiandre 2003 e Sanremo 2004, per restare in zona Monumento), era stato mosso per tre quarti di gara proprio come un soldatino agli ordini del generalissimo Riis e del suo delfino, Fabian Cancellara.
Ma la Roubaix è una corsa straordinaria, che sovverte tutto il sovvertibile, e spesso rimette al loro posto i galletti (o quelli troppo pronosticati) e rilancia corridori che sembravano destinati al tramonto. In questo magnifico Cimitero degli Elefanti del ciclismo, in cui amano avviarsi all'addio al professionismo quelli che il pavè ce l'hanno avuto nel sangue, e in cui non è raro che uomini di spessore colgano l'ultimo risultato importante della carriera, in questo posto magico, quasi esoterico, sia esso una traversata del deserto, con la polvere nelle narici a riempire i polmoni, o sia esso un punitivo passaggio per le paludi di fango, pioggia e sabbie mobili, in questo luogo che non può esistere nella realtà (esiste? è proprio così?), qui e solo qui può capitare di vedere quello che abbiamo visto oggi.
Abbiamo visto 30 uomini, anzi 34, andare in fuga dopo appena 30 km di gara. Quando il pavè non è che uno spauracchio lontano, e quando il classico alieno caduto sulla strada potrebbe pensare di essere capitato nel mezzo di una normale gara ciclistica. Niente di normale, non nella Parigi-Roubaix.

 

Per dire della sventatezza dei ciclisti moderni (o dei loro diesse): domenica scorsa, al Fiandre, lasciarono troppo spazio a un gruppetto di corridori interessanti; oggi, nella Regina delle classiche, ne hanno lasciato non tantissimo, ma a troppi, troppi, troppi corridori. Non era una questione di tecnica, o di tattica, o di altre variabili. Era una semplice questione di matematica: come si voleva che, tra 34 corridori (e parliamo della Roubaix, ovvero una gara in cui la presenza di specialisti ha un'incidenza molto maggiore rispetto a tutte le altre corse del calendario; come dire: essendo molti degli uomini al via degli specialisti del pavè, il rischio che qualche potenziale vincitore sfugga al controllo è più alto che in una normale corsa), come si voleva - dicevamo - che, tra 34 corridori in fuga, qualcuno di loro, foss'anche uno solo, non presentasse le caratteristiche di colui che prende e ti va al traguardo?
Facendovi grazia dell'interminabile elenco degli attaccanti, basti dire che tra gli altri c'erano Breschel, O'Grady, Petito, Tosatto, Franzoi, Van Impe, Hammond, i fratelli Grabsch, Steels, Pollack e Kopp. E uno dei due Grabsch (il milramiano Ralf) ha capito a un certo punto che aveva per le mani l'occasione dell'anno: presentarsi da solo all'ingresso di Arenberg e attraversare quell'interminabile foresta per primo, senza nessuno alla ruota, senza nient'altro a cui badare che non la soddisfazione dell'ego. Ti capiamo, Ralf, ti capiamo.
Il gruppo aveva, all'ingresso della Foresta, 4'35" dal solitario avventuriero, e 3'00" dagli altri attaccanti. All'uscita (appena 2,4 km!) Grabsch conservava 1' sugli ex compagni di fuga e 2'50" sul plotone. Su quell'infame tratto di pavè i frazionamenti sarebbero stati mille, lo sapevamo; e infatti si fraziona il drappello dei fuggitivi (benissimo Franzoi), e si fraziona il gruppone, anche a causa di una caduta che divide nettamente in due la carovana, con quelli davanti che rischiano di diventare irraggiungibili.
E in effetti dopo Arenberg - a parte i fuggitivi - la tête de la course non constava di più di 30 unità, con Boonen tra i più attivi, con Wesemann scatenato, e con Cancellara (il più atteso dei favoriti) a controllare e ad allungare la sua ombra minacciosa su chiunque solo pensasse di far qualcosa di rivoluzionario.
I nostri: Ballan inizia proprio qui la sua sfida alle leggi dell'equilibrio. Purtroppo la perderà, portando a casa tre cadute (senza conseguenze, va già bene così), e un 61esimo posto finale che non è nemmeno lontano parente della sua fresca vittoria al Fiandre. Ma si sa che nel ciclismo si sale e si scende con facilità irrisoria. Lo sa Bennati, che scende di sella perché non ne ha proprio, e pensare che 4 giorni fa lo aspettavamo a spaccare il mondo a Wevelgem, e invece lo stomaco si ribella, brontola, ti rovina tutti i piani. E lo sa Pozzato, che dopo la sua bellissima Het Volk non ha più raccolto niente, e vanno bene le semiclassiche, ma le classiche sono più saporite, figurarsi quelle a cui è appiccicata la locuzione "Monumento".
Ma anche stavolta, così come al Fiandre (e anche alla Sanremo, diciamolo pure) il vicentino non è in giornata, anzi, stavolta si vede meno che una settimana fa (quando almeno tentò un interessante allungo solitario), fondamentalmente si vede solo quando si stacca, e non è un bel vedere.

Però abbiamo davanti Franzoi e Petito (Tosatto a un certo punto getta la spugna), e quindi non possiamo del tutto lamentarci.
Dopo Arenberg, dicevamo. Boonen rallenta, praticamente si fermano, e da dietro rientrano in tanti, anche Ballan (Pozzato fin qui dà l'idea di essere competitivo). Tra i fuggitivi, Grabsch si rialza, O'Grady fora e si fa raggiungere da Cancellara e soci: da qui in poi lavori per lui!, gli dice Riis nella radiolina. Amen.
Fino a Sars-et-Rosières (tratto di pavè numero 14, nel senso che ne mancano 13 alla fine: qui funziona come a Cape Canaveral, va di moda il countdown), Ballan pare aver recuperato bene: è nelle prime posizioni del gruppo, e a 70 km dal traguardo è normale che la situazione si infiammi. Attacca Hoste, secondo al Fiandre e desideroso di riscatto, ma i Csc sono svegli, e Michaelsen fa le veci di Cancellara e bracca Leif. Boonen reagisce bene, ma è proprio il nostro Ale a sparire a un certo punto dalla vista. Non va, Ale? Macché, il problema è che si cade: ruzzolone numero 2, porca di quella miseria.
Nel giro di 5 km, però, il veneto si rimette in sesto, e with a little help from my friends (leggasi: Fornaciari e Baldato a tirare) riprende il controllo della situazione; tra i fuggitivi Petito è animato da un particolare spirito guerresco, ma gli sfugge un bel contrattacco, quello che a meno 60 (sul tratto in pavè di Orchies) vede Kopp, Van Impe e Pollack avvantaggiarsi su tutti. È qui che Pozzato tira i remi in barca, ma soprattutto è qui che capiamo che forse il gruppo se la sta prendendo un po' troppo comoda, sta lasciando troppo agio a chi è davanti.
Subito prima del tratto numero 11, a 54 km da Roubaix, Flecha prende la scia di Leukemans e Rosseler e rompe gli indugi: è il primo dei favoriti a muoversi, ma siccome lui è un tipo fatto così, che fa sempre più di quel che dovrebbe, forse non tutti gli danno il peso che meriterebbe. Che se ne vada Flecha, noialtri stiamo qui a controllarci. E fanno male, perché Flecha (sulle cui orme nel frattempo Cancellara si limita a lanciare Michaelsen) si porta sul secondo gruppetto (in testa ci sono sempre Kopp-Pollack-Van Impe) nel giro di 5 km, e in uno dei tratti più duri, a Mons-en-Pévèle, -48, proprio lo spagnolo dà una serie di stoccate che frantumano il drappello inseguitore: gioia delle gioie, gli resistono (oltre ai tre appena giunti con lui dal plotone) i nostri Petito e Franzoi, e tengono le ruote pure Breschel (altro Csc) e Ralf Grabsch.
La giornata fin qui non proprio magica di O'Grady si sostanzia in una mezza caduta, a Mons-en-Pévèle. L'australiano mette il piede a terra, ma non si fa male, quello è l'importante; Cancellara decide che è il momento di saggiare le forze in campo, e dà una strappata. Boonen risponde presente, Wesemann e Burghardt, Van Petegem e Ballan reagiscono come ci si aspetta da loro, ovvero in maniera pronta. Ma di pronto, per l'italiano, c'è più che altro il terzo scivolone di giornata. Il quale si materializza al tratto numero 9, Méringnies, a 43 km dal traguardo. Ale cade, e stavolta non ci sono santi che gli possano fare la grazia di un rientro: insieme a Bernucci, Ballan va via di conserva, e rinvia i sogni di Roubaix all'anno bisestile.

Cronaca, cronaca battente, e bando ai sentimentalismi: a Pont-Thibaut, tratto numero 8, meno 40 km a Roubaix, Pollack perde le ruote di Kopp e Van Impe, Flecha forza ancora ma un grande Franzoi gli risponde per le rime: Enrico dimostra di non avere alcun timore reverenziale (ha solo 24 anni e nessuno lo impalerebbe se fosse più titubante), e conferma che da qui a qualche anno rischiamo di ritrovarlo spesso sul podio di questa Roubaix. Non dimentichiamo che era già stato all'attacco al Fiandre, sette giorni fa: evidentemente il pavè è proprio pane per i suoi denti.
Sul tratto 7, Templeuve (meno 34 a Roubaix), l'attacco di Wesemann frantuma quel che rimaneva del gruppo. Lo svizzero se ne va, raccattando per strada Hammond e portandosi appresso anche O'Grady: proprio lui, l'australiano, gregario dichiarato di Cancellara; ma il fatto è che Fabian, vincitore uscente, ha forato proprio sul più bello, e qui è finita la sua Roubaix, ma qui inizia il rompete le righe per gli altri Csc, che possono andare a cercar gloria per conto proprio; e Stuart non se lo fa ripetere. Wesemann è un bel treno a cui agganciarsi, e infatti dopo il successivo tratto in pavè (Cysoing, meno 27) ecco il ricongiungimento con il gruppetto di Flecha, Franzoi, Petito, Michaelsen, Breschel, Leukemans, Grabsch, Pollack, Kopp e Van Impe (questi ultimi due vengono ripresi nell'occasione).
Dietro, Boonen si danna l'anima (Baldato resiste in maniera gloriosa, e con loro ci sono solo Hoste, Scheirlinckx e Burghardt, mentre Devolder prova un velleitario affondo solitario), ma non c'è verso di limare i 40" che lo separano da quelli che si accingono a giocarsi la Roubaix 2007: si profila per Tornado Tom una campagna del Nord povera di risultati (sì, ha vinto Kuurne e Harelbeke, ma per uno come lui sono poca cosa in confronto alle classiche Monumento).
Il momento topico è a meno 26 km. O'Grady, appena rientrato su Flecha e soci, sente nel cuore un qualcosa come "ora o mai più". Fa uno scattino, si volta per vedere se qualcuno l'ha preso sul serio, ma non trova reazione, e allora chiude gli occhi e tira dritto. Lì c'è l'ingresso sul tratto di Bourghelles, ma per lui quello resterà per sempre l'ingresso nel mondo magico di chi ha saputo inventarsi vincitore della più difficile delle classiche.
O'Grady pedala e pedala, macina tutto solo quei 25 km che lo separano dal velodromo, e forse nemmeno sente i sobbalzi della sua bici sulle pietre di Camphin-en-Pévèle (tratto 5), o del terribile Carrefour-de-l'Arbre (tratto 4), se è vero che guadagna, guadagna sempre, sia su quelli che subito gli sono dietro, sia su Boonen e tutto il resto della comitiva. Non ce lo aspettavamo, ma è così: O'Grady tiene in scacco tutta l'alta società del pavè, nessuno riesce ad avvicinarglisi.
Boonen prova a forzare a Camphin, ma l'unico risultato è che si stacca Baldato; sul Carrefour molla la presa (da Flecha) Franzoi: alle spalle di O'Grady restano lo spagnolo con Leukemans, Michaelsen e uno stupendo Petito.

Pavè di Gruson, 15 km al traguardo: il volo di O'Grady non conosce soste, al limite qualche piccola defaillance, Flecha si avvicina, Michaelsen fora e cambia bici, ma ci mette troppa foga: capiamolo, è alla sua ultima corsa, vuole un congedo da campione, e allora si sculacchia per terra quando salta giù dal mezzo, ma questo è niente, perché una volta ripartito, alla prima curva va giù davvero, e il gruppetto che può significare podio va via inesorabilmente. Quel gruppetto in cui Petito mostra tutta la sua sofferenza, tra un crampo e una smorfia di dolore, e che per Boonen rappresenta l'obiettivo più immediato, o forse l'unico tangibile: Tom attacca da solo, raggiunge Franzoi e Hammond, poi in tre prendono Van Impe, compagno di squadra di Boonen, che si sacrifica per riportare sotto il suo capitano. Ma sarà uno sforzo vano, perché il podio resta irraggiungibile.
Non ci sono treni stavolta a frenare la corsa, non ci sono passaggi a livello. C'è solo un australiano, il primo della storia, a volare fin dentro al velodromo, andando a conquistare una vittoria che vale forse più di tutte quelle fin qui raggiunte (anche quelle olimpiche, sì).
E c'è un immenso Roberto Petito che resiste sulle ultime asperità, che malgrado i problemi alla tiroide chiude coi più forti, e a cui solo l'esaurimento totale di ogni energia impedisce di sprintare per agguantare un podio storico. Il laziale è quinto, poi confesserà anche di averlo accarezzato, per un po', quel sogno proibito. Il secondo è Flecha, che rimpiange di aver sottovalutato O'Grady, e si rende conto di quanto questa possa essere considerata un'occasione sprecata. Il terzo è Wesemann, gran tempra di lottatore; il quarto è Leukemans, che corre da gregario e fa meglio dei capitani (Hoste su tutti). Poi Petito, come detto; poi Boonen, che arriva lì a ridosso ma è deluso più che mai, e non gli serve a niente battere Hammond e Franzoi (ottavo, bravissimo!) per curare il languore. Nono Van Impe. Decimo, in volata su Michaelsen, un altro splendido vecchietto, Baldato, 39 anni e non sentirli.
L'Italia è questa: non ha mosso le pedine più pregiate, per un motivo o per l'altro. Ma piazza tre uomini nei primi dieci: e anche nei giorni in cui succedono cose non banali, noi sappiamo sempre trovare qualcuno che ci dia una ragione per sorridere. A pensarci bene, non è poco.

Marco Grassi    

Le pagelle della Roubaix

O'Grady - 10
Cosa si può volere di più da un corridore che è arrivato 10° al Fiandre e che si piazza, sin dal km 30, nella fuga decisiva della corsa, poi si stacca per andare ad aiutare capitan Cancellara, poi segue Wesemann, si riporta nuovamente sui suoi vecchi compagni di fuga e li lascia sul posto prima del settore in pavè di Camphin en Pévèle, appena prima del decisivo passaggio sul Carrefour de l'Arbre, domato in maniera incredibile. Giù il cappello all'olimpionico Stuart, primo aussie ad aggiudicarsi la Regina delle Classiche.

Petito - 9,5
Avevamo il 10 che ci prudeva sulle dita, ma l'avremmo utilizzato in caso di podio. Ma che grande corridore Roberto Petito da Civitavecchia! In fuga dal mattino insieme a Willems per favorire Pozzato e Backstedt, coppia di capitani Liquigas, poi spesso in testa nei settori più difficili di pavè per far vedere ai suoi compagni di fuga come preservare le energie pur facendo grandi velocità. Il 5° posto finale è un risultato immenso per il laziale, unico dei fuggitivi del mattino ad essere sempre rimasto in testa. Monumentale.

Flecha - 8,5
Ha il grande pregio di capire che la fuga del mattino è davvero molto ben assortita e che il vantaggio tra quei corridori ed il gruppo dei favoriti della vigilia, in cui era anche lo spagnolo, rimaneva sempre lo stesso nonostante il passare dei km. Ed allora Flecha ha avuto buon istinto nel seguire Michaelsen, Leukemans e Rosseler (poi staccato). Ha però sottovalutato (o comunque è rimasto sorpreso) l'attacco di O'Grady, ma forse sperava in maggiori energie da parte di Wesemann, su tutti.

Wesemann - 9
Mezzo voto in più di Flecha soltanto perché milita in una Professional come la Wiesenhof-Felt, ennesima dimostrazione - tra Vicioso ai Paesi Baschi e Petito-Baldato praticamente "riesumati" (con il massimissimo rispetto, eh!) dalla Tenax - che l'Uci può fare tutte le distinzioni di "serie" (o "caste") che vuole, ma i buoni corridori devono correre le corse importanti, qualsiasi sia la loro squadra di appartenenza. Lo svizzero è generosissimo sin dalla Foresta di Arenberg, quando aveva provato a portare via un gruppetto con Boonen e Cancellara, tra gli altri, e poi è lestissimo a salutare tutti nei pressi di Cysoing per riportarsi sui battistrada. Poi anche lui, anche per via della presenza di Michaelsen nello stesso gruppo, è rimasto un po' al gancio nel momento dell'attacco di O'Grady, ma comunque bravissimo.

Boonen - 7
Oggi la gamba c'era, e se al Fiandre aveva peccato di arroganza, oggi è stato - quasi incredibilmente - lasciato solo da una tattica di gara assolutamente scriteriata da parte della Quick Step, che pure nella fuga del mattino aveva due passisti di livello come Tosatto e Van Impe. TornadoTom ha fatto ciò che ha potuto, che non è neanche poco, se consideriamo che sul Carrefour de l'Arbre ha dato una menata al grupetto che annoverava anche Burghardt, Hoste, Devolder e Scheirlinckx che ne ha messo uno per angolo (e il mitico Cribiori ci perdonerà la citazione). Poi però, una volta raggiunti Franzoi ed Hammond, ha pagato lo sforzo ed è riuscito soltanto a sfiorare la ruota di Petito. Il tutto gli vale un 6° posto, che sa però di grande occasione (almeno di podio) sprecata.

Predictor e Quick Step - 4
Va benissimo perdere le corse quando il vincitore, come O'Grady oggi, è assolutamente meritevole. Anche giustamente, nelle battute iniziali, le squadre belghe erano quelle che, con la Csc, lavoravano maggiormente: e difatti oltre al favoritissimo Cancellara, Boonen ed Hoste erano due tra i maggiori pretendenti al successo. Nella fuga del mattino piazzano rispettivamente Steels, Van Avermaet, Tosatto e Van Impe. Perfetto: uno d'esperienza (Steels e Tosatto) e un giovane anche abbastanza veloce (Van Avermaet e Van Impe) ognuno. Però poi le due squadre sono state troppo in balia degli eventi. Hoste, con Cancellara a ruota, ha provato a Tilloy a smuovere le acque, mentre Boonen ha rotto gli indugi forse un po' tardi, ma comunque andava supportato meglio. Certo, il 4° posto di Leukemans ed il 6° e il 9° posto di Boonen e Van Impe non sono da "4", ma la condotta di gara, soprattutto per aver lasciato così tanto spazio ad una fuga così corposa, con corridori in forma come O'Grady ed Hammond, tanto per dirne due, non è stata assolutamente da "grandi squadre".

Gusev - 5
Era atteso sicuramente a grandi cose, ed invece è stato molto più propositivo Devolder, che pure gli è finito dietro. La grande sparata nel finale del Fiandre ci aveva forse illuso, così come il 4° posto (poi revocato dalla squalifica) dello scorso anno. Le qualità le ha, ma forse è arrivato con troppe poche corse nelle gambe a queste difficilissime classiche. O forse chissà, gli è mancato "semplicemente" un grande capitano come George Hincapie.

Franzoi - 9
Ci sbilanciamo volentieri: nel giro di cinque anni Enrico Franzoi, veneto del trevigiano, vincerà una classica tra Fiandre e Roubaix. Già lo scorso anno qui fece benissimo, restando attaccato ai migliori nella Foresta di Arenberg prima di pagare lo scotto della fatica. Quest'anno, dopo il grande Fiandre, s'è gettato tutto solo nella fuga del mattino ed è rimasto coi migliori finché ha potuto. Poi s'è affidato ad Hammond (altra grossa prestazione del britannico, a cui diamo volentieri un bel 7) per gestire il finale, e quando è arrivato Boonen gli ha anche dato una piccola - per quanto possibile - mano nel tentativo di riacciuffare i quattro che inseguivano O'Grady. L'8° posto finale è un risultato splendido per quello che, lo ricordiamo, è medaglia di bronzo in carica del ciclocross mondiale.

Michaelsen - 6,5
Che sfortuna Lars, che sfortuna e che dramma avrai vissuto lì su quella curva a sinistra dopo la fine del Carrefour de l'Arbre quando, speriamo per una noia meccanica (altrimenti il tuo voto scenderebbe sotto la sufficienza) sei stato costretto a cambiare bici, praticamente cadendo già in quel momento. Poi il tentativo di riaccodarti a Wesemann & Co. per preservare O'Grady, senz'altro, ma anche per giocarti un podio nella tua ultima corsa da pro', nella tua ultima corsa prima dell'abbandono. Lasci con un 11esimo posto che applaudiamo comunque, soprattutto perché sei stato il miglior gregario sia per Cancellara sia per O'Grady, ed essere un gregario di lusso è sempre stato il tuo mestiere preferito. Buona fortuna.

Van Impe - 4/7
Te lo chiederemo prima o poi, aitante Kevin, nipote di quel Lucien ultimo belga a vincere il Tour de France e che le pietre le scansava, andando forte in salita, come Superman fa con la kriptonite. Ti chiederemo cosa t'hanno detto in ammiraglia quando Boonen ha attaccato il gruppo dei favoriti della vigilia sul Carrefour de l'Arbre. Ti chiederemo se t'han detto di restare passivo davanti, oppure se t'han detto di staccarti per aiutare Tom e tu hai voluto fare orecchie da mercante per provare a prenderti un bel risultato personale. Perché la buona prestazione individuale rimane, soprattutto perché con Kopp e Pollack hai provato anche a menare il gruppo dei battistrada del mattino, ma questo interrogativo che sa tanto di macchia sulla tua condotta tattica pesa un bel po' sulla tua Roubaix, giovane Kevin; che sei comunque giovane ed hai le qualità per migliorare.

Ballan - n.g.
Ecco, magari il prossimo anno si può anche restare in Belgio, eh Ale?! La sfortuna è tanta, tre cadute alla Roubaix si fanno sempre sentire, l'appagamento, soprattutto psicologico, post-Fiandre sarà stato tanto. E non è tanto il 61esimo posto o i quasi 10' patiti da O'Grady, ma forse lo "stacco" verso casa, verso i festeggiamenti con la famiglia, ti han tolto quel clima di concentrazione verso una classica così dura che niente lascia all'improvvisazione. Certo, Ale, ci metteremo la firma per avere ogni anno, tra Fiandre e Roubaix, un primo ed un sessantunesimo posto in luogo di un quinto e un terzo come un anno fa. Però, se si può far meglio, perché non provarci? Arrivederci all'Amstel.

Baldato - 8,5
Eccolo qui l'altro "vecchietto terribile" di questa Roubaix, corsa che dopo due anni di controtendenza, con Boonen e Cancellara, torna a premiare l'esperienza e la longevità degli atleti più "anziani" del gruppo. Con Fornaciari (6, c'è sempre il toscano) si piazza a scorta di Ballan, poi quando Ale si rende conto che la gamba non può girare perché è spesso in terra, Baldato si prende la briga di vestire - di nuovo, dopo anni - i panni del capitano, ed il suo 10° posto finale, anche se il passo di Boonen a Camphin-en-Pévèle gli ha fatto male, è il premio migliore per lui e per chi, come Fabio Bordonali (tm Tenax, a cui va un 10 grande come una casa per aver avuto il coraggio di puntare sull'orgoglio di due - anzi tre, con Codol - grossi corridori d'esperienza come lui e Petito), crede ancora nelle sue qualità.

Cancellara - 6
È stato bravo soprattutto a ridimensionarsi in maniera autonoma; in pianura, vedi lo scatto con Hoste, non riusciva a far la differenza come fatto tra Fiandre e Gand. Forse s'è anche gestito maluccio in quelle due corse, non solo tatticamente, dunque, ma anche come energie spese. Non uno sveltissimo, dunque, ma uno assolutamente umile, che resta a fare lo specchio per le allodole, fingendosi spavaldo in testa al gruppo, lasciando strada libera a quasi tutti i suoi compagni, da Breschel a O'Grady, da Michaelsen ad ancora uno scatenato O'Grady. Bravo Riis a capirlo, ma bravo Fabian a correre con modestia.

Ralf Grabsch e Kopp - 6,5
Scegliamo loro come gli "altri" rappresentanti tra i fuggitivi del mattino perché entrambi hanno provato, da solo l'uomo Milram, prima da solo e poi con Van Impe e Pollack l'uomo Gerolsteiner, a sorprendere i migliori giocando le loro cartucce da lontano. Al traguardo saranno 15esimo e 12esimo, segno che la gamba c'era ed han fatto bene a prevenire la serrata battaglia tra i big, che in realtà non c'è mai stata veramente, ma col senno di poi è troppo facile pensarci su. Bravi e coraggiosi.

Pozzato - 4,5
Sarà un bravissimo tecnico, quando scenderà dalla bici, perché è sempre molto lucido e puntuale nell'analizzare la corsa, le tattiche e fare le fotografie ai tratti decisivi della gara. Però di mestiere fa il ciclista, ancora, non il ds né l'opinionista in tv, e quindi la sua scarsa condizione tra Fiandre e Roubaix è un segnale sconfortante, soprattutto per chi ha le sue qualità in bici, per chi pedala stupendamente sul pavè e soprattutto per chi ha vinto un'Het Volk come quella vinta dal vicentino quest'anno. Evidentemente la forma è arrivata troppo presto (ha vinto già a fine febbraio in Francia) e se n'è andata con lo stesso anticipo.

Leukemans - 7
È una sopresa, non assoluta forse, perché in varie corse come il Paesi Baschi o le Ardenne nel 2005 era stato davanti e si era fatto notare dagli appassionati, ma per le gare in pavè era considerato forse un po' gracilino. Invece il buon Björn ha saputo fare una grande corsa e cogliere un bellissimo 4° posto finale.

I belgi - 4
Era dal 2001, Bortolami al Fiandre, Hincapie alla Gand e Knaven alla Roubaix, che non chiudevano senza vincere almeno una delle "loro" corse per eccellenza, e va anche detto che mai come quest'anno ci sono andati lontani se è vero che il solo Hoste, col 2° posto del Fiandre, s'è piazzato sul podio. Poi tante altre nazionalità, dall'Italia di Ballan e Paolini, alla Spagna di Flecha e Freire, alla Germania di Burghardt, alla Svizzera di Wesemann per finire con la Gran Bretagna di Hammond; ma poco, pochissimo, Belgio.

Mario Casaldi    

La chiave tattica

Oggi la corsa è stata resa stranissima da quella fuga di 30 corridori, con quasi tutte le squadre rappresentate, andata via fin dal mattino. Il numero così cospicuo di corridori ha fatto sì che gli uomini in testa non spendessero poi molto più degli uomini che restavano coperti all'ombra dei propri gregari nella pancia del plotone "principale". Poi la Csc del vincitore O'Grady è stata brava a lasciare il bravo Breschel davanti, anche se ha rischiato - richiamando agli ordini di capitan Cancellara quello che poi ha vinto la corsa - di sprecare una carta così importante. Anche se va detto che senza quella disgraziata scivolata sarebbe rimasto davanti anche Michaelsen, che forse in un ipotetico sprint se la sarebbe giocata con Flecha e Wesemann.
L'errore
Già abbiamo detto della particolarità della corsa di oggi, ma la Predictor e la Quick Step non si fidavano evidentemente dei due uomini che ognuna delle due squadre belghe aveva piazzato davanti. Difatti il loro lavoro dietro è stato molto intesto, e se Hoste - non a livelli eccelsi - è stato ben sostituito da Leukemans, la Quick Step s'è trovata con un pugno di mosche, nonostante due uomini nella top-10. Serviva più cattiveria, e più decisione.

M.C.

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