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Li ha messi tutti in fila - Lo show di Riccò (e quello di Popo)

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Che facciamo, iniziamo a chiamarlo Richie Rich? Richie Rich, come quel ragazzino ricchissimo dei fumetti americani. Perché possiamo stare tranquilli che Riccardo Riccò, in un futuro non troppo lontano, sarà uno dei ragazzi d'oro del ciclismo italiano. Ha 23 anni, e ha iniziato a sgomitare tra i prof un anno fa, battendo in una volata ristretta un certo Paolo Bettini, alla Settimana Coppi e Bartali.
E sempre un anno fa, proprio nella terza tappa della Tirreno, a Paglieta, su un traguardo simile a quello di oggi, fu battuto solo da un grande spunto di Freire negli ultimi 50 metri e dall'esperto Astarloa.
Stavolta, a Macerata, tutta un'altra storia: Riccò, modenese che correrà il Giro in appoggio a Gilberto Simoni (e più d'uno vede già in filigrana ciò che avvenne nel 2004 tra Gibo e il giovane Cunego, compagno di squadra che lo beffò in rosa), ha vinto con una sparata negli ultimi 2 km che ha cancellato le possibilità di recupero del gruppo sulla rampa che portava al traguardo.
Il primo a partire era stato Michelino Scarponi, dopo che il gruppo aveva annullato la lunga fuga del francese Dimitri Champion e dopo che la Astana - previo forcing di Kessler - aveva dimostrato di voler mettere più pepe del previsto in questa pietanza pre-primaverile (diciamo la verità: un Vinokourov o un Klöden non te li aspetti propriamente sugli scudi alla Tirreno-Adriatico; e invece faranno secondo e terzo). Scarponi, ipse, che ci teneva particolarmente a far qualcosa di buono a un passo da casa (domani si transiterà dal borgo che Michele porta sempre con sé, nel suo soprannome: l'Aquila di Filottrano).
Riccò in quel momento era in seconda ruota dietro a Kessler, quando ha visto che Scarponi scartava sulla destra e attaccava. "Mancano 2 km al traguardo, anche meno... che faccio, vado? Ma sì, vado e vedo che succede". Questi i pensieri di Richie Rich, che abbiamo intercettato grazie alle sofisticate tecnologie che Q ci mette a disposizione.
Stare alla ruota di Scarponi poteva anche essere comodo, per qualche centinaio di metri. Ma oggi il modenese di Formigine aveva proprio una voglia matta di fare, e allora dopo poche pedalate si è messo in testa a forzare, col gruppo che - smarrita la verve del palazzinaro Kessler - stava di suo già perdendo terreno.






Rimbalzato indietro Scarponi, Riccò ha visto il suo margine dilatarsi, ma era questione di tempo, perché dopo un attimo di incertezza in gruppo aveva preso il potere la Rabobank, e nello specifico Boogerd e Dekker, che avevano l'incarico di riportare sotto Freire. Già, proprio Oscarito, perché bisogna dire che il traguardo di Macerata portava stampato sin sul certificato di nascita il nome del triiridato di Torrelavega: chi più di lui poteva ambire a vincere in cima a quella rampa, lui che su arrivi simili ha già fatto sconquassi, spesso anche alla stessa Tirreno?
E invece proprio sul più bello, a 300 metri dal traguardo, quando ci si aspettava la sparata del cantabro, Freire si è eclissato. E con Bettini frenato nel finale dalla caduta di un collega e dalla di lui bicicletta volante (parata da Paolino con la mano, infatti ora gli dolgono due dita), con Pozzato a cui manca ancora qualcosina per essere mordace su traguardi simili, e con tutti gli altri privi della sparata necessaria, Riccò ha potuto danzare con la felicità sotto lo striscione.
Chi ci ha provato fino all'ultimo è stato Vinokourov, che è un sublime corridore, ma che - anche lui - non ha le caratteristiche per sprintare come un velocista. Riccò ha vinto la tappa ma non ha preso la maglia giallorossa da leader, perché Arekeev, sicuramente affaticato dalla grande impresa di ieri, ha comunque limitato i danni a 36", e conserva il primo posto in classifica con 21" sullo stesso Riccò.
Ma domani a Offagna il russo potrebbe saltare, visto che c'è un altro arrivo carogna, con salitella fino al traguardo. Vedremo se riuscirà a salvarsi; e vedremo anche se Ivan Basso sarà della partita: purtroppo il varesino non vuol saperne di uscire dal cono di sfiga che da 9 mesi lo tartassa, e anche oggi - come già al Tour de California - è caduto; in America aveva picchiato il ginocchio, stavolta se la deve vedere con un polso dolorante, anche se non fratturato. Domattina deciderà se prendere la via per Offagna o quella per Cassano Magnago: fare chilometri va bene, ma rischiare no, visto che il Giro è ancora lontano, e quindi sarebbe comprensibile se Ivan lasciasse perdere, non sentendosi al meglio. Certo che, uno spizzico qua e un mozzico là, la preparazione di Basso non sta procedendo esattamente nel migliore dei modi.





Quel che procede nel migliore dei modi è invece la Parigi-Nizza dei compagni di Ivan: dopo la bella affermazione di Contador a Mende, in casa Discovery Channel si festeggia la grande fuga di Popovych a Manosque. Già attardato in classifica, Yaro ha avuto il via libera per provare l'attacco da lontano, e si è ritrovato in fuga in un gruppetto di 13, da lui stesso vivisezionato sul Col de Murs e scremato a 7 unità: gli hanno fatto compagnia per un centinaio di chilometri Zabriskie, Moerenhout, Van Summeren, Bert Grabsch, Van de Walle e Murilo Fischer. Una composizione ricca ed eterogenea, che ha fatto sì che dietro non fossero poi troppe le grosse squadre interessate a ricucire: su tutte, ovviamente, la Gerolsteiner della maglia gialla Rebellin, che però, da sola o con la non trascendentale collaborazione della Lampre (interessata ad un eventuale ritorno di fuoco di Bennati), non è riuscita a far altro che tenere il ritardo sui 4'.
Ci si è dovuta mettere la Predictor per limare qualcosina, ma non ancora abbastanza; nel frattempo, un Popovych incontenibile, visto e considerato che Zabriskie e Fischer (che avevano in gruppo Schleck e Pellizotti, e quindi non troppo interesse a scortare l'ucraino fino alla vetta della classifica) avevano smesso di collaborare, e che i due Van faticavano (infatti saranno i primi a staccarsi sulla Côte de Montfuron), ha deciso di fare da solo, e ha preso la via del traguardo senza più indugi.
Mancavano 40 chilometri alla conclusione, e faremmo un torto all'azione di Popovych se la definissimo solo spettacolare. In alcuni momenti dell'interminabile saliscendi rappresentato dalla quinta tappa di questa Course au Soleil, l'ucraino guadagnava sia sui vecchi compagni di fuga che sul gruppo, non ancora organizzatosi intorno alla Predictor e alla Caisse d'Epargne. Fino a 15 km dalla fine, l'azione di Popo è stata impressionante; poi, sull'ennesima salitella di giornata, l'affanno ha iniziato a farsi sentire, e il ragazzo ha perso due minuti in poco tempo, anche perché l'impulso dato dal gruppo all'inseguimento (e che permetteva di riprendere gli altri 6 fuggitivi) era ben più ritmato rispetto a prima.
Ma a 10 km dal traguardo si scollinava, e da lì in poi era discesa fino ai 2 km. Quindi il minuto tenuto da Yaroslav in vetta è sopravvissuto fino a valle, e pazienza se il patimento di quei 2000 metri finali gli ha riportato il plotone proprio alle calcagna (alla fine solo 14" il margine). Da segnalare che - secondo recente tradizione, imposta da Boonen qui alla Parigi-Nizza e rilanciata da Eisel alla Tirreno - lo spagnolo Ventoso s'è affannato per vincere la volatina, e poi ha esultato per un secondo posto che probabilmente credeva fosse primo. Indagheremo. Certo che il premio "Il più fesso della settimana" rischia di arricchirsi di un nuovo candidato.
Rebellin, che era stato a lungo virtualmente scalzato dalla prima posizione in classifica, conserva la maglia e la difenderà con la sua consueta sagacia nelle due tappe conclusive, molto insidiose. Certo che avere Contador a soli 6" non dev'essere una sensazione vieppiù tranquillizzante, ma il veneto ha l'esperienza e la forza d'animo per arrivare a Nizza con le insegne del primato. Sarebbe il terzo italiano a riuscirci, dopo Camellini '46 e Frigo '01, e dopo che lui stesso ha collezionato un terzo (2003) e un secondo posto (2004).

Marco Grassi    



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